Il divario di genere, un fenomeno insediatosi nella musica e non solo…

La settimana scorsa, dal 16 al 22 novembre, si è tenuta la quinta edizione della Milano music week, un festival dedicato alla musica in ogni sua dimensione, che quest’anno è stato organizzato online. Fra i tanti spazi messi a disposizione sul web per conoscere meglio tale ambiente vorrei spendere due parole sulla live stream intitolata “Scavalcare il gender gap nell’industria discografica: i pilastri di una rivoluzione in corso”, affinché si parli il più possibile di questi argomenti, evitando che ci si abitui silenziosamente a quanto accade fin troppo spesso nella nostra quotidianità. Nel panel sono intervenuti; Sara Potente (A&R Manager, Sony Music Italy / Italian Ambassador Keychange), Anna Rampinelli (A&R Manager, Warner Music Italy), Antonella Marra (Legal and Business Affairs Senior Manager, Universal Music Italy), Martina Giannitrapani (A&R, BMG Italy), Carla Armogida (Artist & Label Partnerships Manager, Spotify), Levante (Artista), Emiliano Colasanti (Founder 42 Records).

Il tema della chiacchierata è stato il rapporto che c’è fra il mondo femminile e il lavoro nell’ambito musicale. Fin dall’inizio della conversazione si evince che le donne nella Music Industry sono meno rispetto agli uomini, e non di certo perché non ce ne siano che vogliano mettersi in gioco in progetti simili, ma piuttosto in quanto spesso vengono scelte come figure di supporto, quindi secondarie, data la loro empatia, caratteristica caratteriale alla quale le si associa senza la presa in considerazione di tutte le altre doti, quando poi l’indole del genere femminile può essere ben differente. Come se questo non fosse già abbastanza amaro, bisogna anche dire che tuttavia a parità di mansioni e capacità si riscontra che i compensi siano ineguali, ancora una volta più bassi per le donne. Purtroppo però basta fare altre semplici ricerche, sempre se prima non lo si è vissuto direttamente sulla propria pelle, per renderci conto che le disparità di poteri siano un fenomeno presente in ogni campo.

Ecco alcuni numeri tanto eloquenti quanto scoraggianti sulla realtà musicale riportateci dalla moderatrice Marta Cagnola di Radio 24; fra il 2012 e il 2019 su 800 canzoni popolari, meno di un terzo di tutti gli interpreti, il 12,5 % degli autori e il 2,6% dei produttori sono donne, questo il risultato della ricerca “Inclusion in the Recording studio”, finanziata da Spotify. Per quanto riguarda gli stipendi, nel Regno Unito, le donne che guadagnano sotto le 15.000 sterline sono 59,4% mentre sopra le 100.000 solo il 28%. Dalla ricerca “NUOVOIMAIE” basata sul repertorio completo di opere pubblicate dal ’47 a oggi, emerge che su 765.789 registrazioni musicali in 116 paesi, i ruoli da artisti comprimari femminili sono il 9,6%, i primari il 7%, mentre le parti maschili il restante 91,85%. 

Successivamente si è parlato delle quote rosa e di come siano tendenzialmente inaccettabili, non perché vogliano offrirci lo stesso numero di posti degli uomini ma in quanto questo verrebbe fatto per principio, senza il soffermarsi in partenza sulla presenza di una vera e propria bravura di fondo, che essendo donne non ci portiamo dietro a prescindere, insomma rappresenterebbero una sorta di contentino a cui tutte dovrebbero aspirare invece che conquistarsi una carriera grazie a sacrifici e competenze reali.

Seppur mi fa strano dirlo per quanto io lo ritenga normale, bisognerebbe dare a entrambi i generi le possibilità di poter arrivare a occupare tutte le cariche esistenti senza stroncare sul nascere le ambizioni di nessuno sulla base di effimeri stereotipi, i quali rappresentano le vere motivazioni per cui raramente ci troviamo in prima linea assieme agli uomini. Indiscutibilmente poi a guadagnarsele saranno i migliori o le migliori, e a tal proposito non mi sembra essersi palesata una profezia divina secondo la quale sia plausibile pensare che il numero delle teste migliori si equivalga in assoluto fra i due sessi. Ottenere in regalo la stessa percentuale di sedie vuote in quanto femmine, non è ciò che desideriamo, ma bensì sarebbe gradita un’eguale considerazione del livello intellettivo. Vorremmo essere scelte perché brave non perché nate in un corpo invece che in un altro e che al di là del nostro apparire venga apprezzato il nostro produrre.

Questa bellissima occasione ci ha invitato a riflettere, ma soprattutto incoraggiato a diffondere il verbo il più possibile, per far si che ciascuno di noi, uomo o donna che sia, non ignori l’esistenza di un problema del “genere”. Finita la discussione sono rimasta contenta dell’unione femminile che ho percepito esserne parte fondante, una sensibilità che ormai si è ben radicata fra molte di noi per cercare di fare da scudo a questo impetuoso vortice di pregiudizi che ci si scaglia contro. Allo stesso tempo però è stato inevitabile chiedermi perché la maggior parte delle volte a parlare di tali argomenti siano principalmente le donne, come se ci spettasse farlo unicamente a noi in quanto oggetto della questione. 

Quanti di quegli uomini che ci sostengono moralmente in questa battaglia, abbiamo sentito o visto discutere per la difesa dei nostri diritti in circostanze simili, a partire da una loro iniziativa? E magari anche senza la presenza di donne?… Beh decisamente pochi, stavolta loro in minor numero rispetto a noi, e ciò dovrebbe cambiare il prima possibile, perché se si esponessero sempre di più mettendoci la faccia, le cose potrebbero migliorare. E questo non deve sembrare un paradosso per cui allora solo grazie al contributo maschile possiamo sperare di raggiungere parità, ma dal momento in cui in determinate situazioni ci troviamo un passo indietro rispetto a loro, non è pensabile che questi ultimi se schieratosi dalla nostra parte, avendo in determinate circostanze qualche voce in capitolo in più, non manifestino dissenso verso gli individui che li considerano più idonei per portare avanti determinati ruoli. Mi chiedo se una volta fatto gli si venga storto il naso e continuino col tempo a venire ignorati completamente.

E’ evidente che al giorno d’oggi ancora non siamo riusciti a combattere del tutto queste disuguaglianze, ma una delle tante cose che si possono e si devono fare per indebolirle alla radice, seppur lentamente, è sicuramente stabilire una maggiore coesione fra entrambe le parti prediligendo il dialogo e il confronto, solo così forse riusciremo finalmente a prendere la rincorsa per allinearci definitivamente con l’altro sesso acquisendo pari opportunità.

 Per rendere più chiara la posizione infelice in cui sembrino trovarsi le donne, pensiamole come se fossero tutte insieme un unico attore di un film che chiaramente da solo, in mancanza degli altri personaggi, con grosse probabilità non potrà dar vita a una trama compiuta e efficace a livello narrativo e di conseguenza non ci sarà nessuna pellicola cinematografica. Allo stesso modo anch’esse necessitano della collaborazione di tutti gli altri “attori” del caso, ossia di quel sostegno partecipativo delle figure maschili. 

Con questa immagine di speranza mi auguro in futuro di assistere sempre più spesso alla difesa di valori fondati sul rispetto dei vissuti altrui, il primo dei punti fondamentali per il raggiungimento di una congiunzione netta fra i due generi e una società onesta.