Con Jovanotti ognuno può dire “Non voglio cambiare pianeta”

Anche se odiate gli amici e i parenti che vi costringono a vedere le diapositive o il filmino della vacanza, potreste trovare simpatica questa escursione “dagli Appennini alle Ande” di Lorenzo Cherubini in arte JOVANOTTI, intitolata “Non voglio cambiare pianeta“.

In effetti si tratta di una versione “televisiva” di un filmino personale, andata in onda in streaming su Rai Play, dove potete trovare ancora tutte le puntate del suo viaggio spericolato in bicicletta tra Cile e Argentina.

E se a molti ciò potrebbe sembrare stomachevole o pesante, Lorenzo, esattamente come la sua musica, sa essere estremamente pop, al limite del disturbante, ma senza mai escludere né celare sprazzi di profondità, di verve intellettuale, di profonda saggezza e, in definitiva, di poesia.

Perché è questo che cerca: la poesia nella vita. E chi cerca la poesia nella vita e la sa mostrare agli altri, affrontando lunghi viaggi per questo scopo, anche se ci guadagna sopra, anche se lo fa in modo goffo, anche se lo fa riprendendosi mentre strilla come uno scemo, vestito con tute da ciclista personalizzate, colorate, imbarazzanti e con tanto di autografo, sta comunque offrendo un servizio all’umanità. In un momento storico in cui ne ha bisogno più che mai.

Insomma, tante considerazioni si possono fare: certo, quanto a paesaggi e luoghi c’è decisamente di meglio, ma il format della serie non ha aspirazioni da documentario, quanto piuttosto quella di mettere in mostra il lato sentimentale e profondo di un qualsiasi viaggio in una terra sconosciuta e nel completo isolamento, nel quale trovare stimoli per riflessioni ed emozioni, un po’ come quello che abbiamo appena vissuto tutti. Il viaggio come metafora della vita.

A chi piace la musica di Jovanotti o il Sudamerica o anche solo lo spirito da viaggiatori, elemento fondamentale su cui il programma fa leva, non può non piacere questo “trip”, in tutti i sensi, come più volte lo ha definito il cantautore.

Ed effettivamente ha qualcosa di psichedelico, ma ancora di più emerge il senso di un viaggio iniziatico con tanto di animali-guida come gli onnipresenti e iconici lama, simbolo del programma, un viaggio per scoprire noi stessi sotto la guida di un moderno sciamano su cambio shimano, che pedala in condizioni estreme, bruciandosi la pelle, poi rischiando l’assideramento, e tutto questo per (ri)trovare se stesso, a sua volta. Un viaggio che ci porta a ricercare quella condizione dell’emozione che avvolti nel quotidiano rischiamo di perdere.

Continui i riferimenti all’esperienza precedente del Jova Beach Party, le puntate sono brevi e agevolissime, scorrono veloci come la bici sull’asfalto, macinando chilometri e chilometri velocissimi, con un buon montaggio a evidenziare i momenti giusti, senza annoiare, come qualcosa da guardare tranquillamente anche in una serata.

Tra momenti di cazzeggio e citazioni culturali, tra riflessioni filosofiche, poesie recitate che spaziano da Neruda a Bukowski, a Erri De Luca, a Giuseppe Conte (ma non quello dei decreti e delle dirette) e profondi approfondimenti sul tema ecologico, le immagini sono suggestive e abbinate a una musica trascinante a fare da colonna sonora.

Le canzoni con emozionanti effetti di echi, accompagnano perfettamente l’atmosfera rarefatta del deserto andino.

Come quando, solo dopo un po’, Jova, in uno dei suoi scapestrati e distratti soliloqui, si accorge che «fa anche rima ‘poeta’ con ‘pianeta’», considerazione che riassume poeticamente tutto il programma, oltre che tutto il suo atteggiamento nei confronti della vita e quanto tale atteggiamento, nella sua ingenuità, abbia da insegnarci.

Non voglio cambiare pianeta” è un filmino leggero e piacevole che, attivando la molla della curiosità e del gusto della conoscenza e del mettersi in moto, fa venire voglia di viaggiare e assaporare i pasti abbondanti per rifocillarsi, le partenze in notturna, il dormire in tenda, incontrare persone per strada che sembrano matti esattamente come te o più di te e, pur parlando un’altra lingua e venendo da un’altra cultura, abbracciarle e provare una forte empatia, sentendosi profondamente accomunati dal profondo amore per la terra (in senso soprattutto antropologico), per il pianeta che ci ospita.

“Si parte, si parte… Il dito sulle carte…”