Gli ANDEAD e la loro “bomba”: intervista a Andrea Rock

In occasione dell’anniversario della strage di Piazza Fontana, la band degli ANDEAD ha pubblicato il brano The first bomb, ispirato proprio a quei tragici fatti, con un lyric video realizzato con le immagini di La prima bomba, graphic novel riguardante lo stesso argomento, scritta da Marco Rizzo illustrata da La Tram, edita da Feltrinelli Comics. E noi, a nostra volta, in occasione di ciò, abbiamo fatto qualche domanda al “capobanda”, il dj di Virgin Radio, ANDREA ROCK.

Ciao e grazie per averci concesso questa intervista!

Grazie a voi per lo spazio concessomi.

Partiamo dalla biografia e discografia degli Andead. Voi avete una storia ormai piuttosto lunga e piena di esperienza: cosa si prova a condividere il palco con grandi band del rock internazionale?

Significa ogni volta imparare qualcosa: se non viene vissuta con questo spirito, l’esperienza rimane fine a se stessa. Molte band hanno frainteso cosa significhi aprire per una band internazionale: chi negli anni ha ceduto al ricatto del “pay to play” ha solo danneggiato la propria economia e non ha beneficiato di nessun tipo di avanzamento professionale.

Ogni volta che abbiamo condiviso un palco importante, è stato perché la band headliner aveva ascoltato la nostra proposta e l’aveva giudicata idonea alla situazione. In occasione del nostro palco più importante, quello del Mediolanum Forum in apertura ai Sum 41, è stato il gruppo ad invitarci e questa è stata una soddisfazione ancora più grande rispetto al concerto in sé.

Il vostro ultimo singolo The first bomb è frutto di un periodo creativo e produttivo per voi, che vi ha visto realizzare un bel lavoro come Old but gold, il vostro EP uscito durante questo ultimo anno, che contiene messaggi di critica sociale che cercano in qualche modo di rendere evidenti varie criticità della nostra modernità; allo stesso modo il singolo The first bomb non è una narrazione di quanto avvenuto nel ’69 con la strage di Piazza Fontana ma una più ampia e intelligente considerazione generale sulla falsità sulla quale la nostra società si è costruita nel tempo.

Nel testo infatti colpiscono frasi come “We can’t pretend forever to preserve a better life / this bittersweet response’s a compromise”. Cosa pensate della società e della finzione in cui viviamo e come se ne può uscire? E credete che tutto ciò sia connesso in qualche modo con la “strategia della tensione” e con gli avvenimenti di quegli anni che hanno contribuito a creare un’atmosfera e una situazione generale di distorsione della verità e della realtà?

Grazie per la premessa ben strutturata. Le due domande che mi poni ci portano a considerazioni abbastanza differenti, ma voglio provare a risponderti senza dilungarmi. Quando parli di “società della finzione” è chiaro che il riferimento è il concetto di status sociale che negli anni post piombo, si concretizzava, per lo meno a Milano dove vivo e sono cresciuto, nel concetto dell’apparire, del mostrare e del farsi vedere: il boom economico degli anni ’80 portò quella generazione a perdersi, inseguendo dei modelli forniti dai mass media.

Per rispondere alla seconda domanda, credo che esistano dei forti parallelismi tra la “strategia della tensione” degli anni ’70 e la condizione di paura, la necessità di mantenere un controllo sulla popolazione e l’informazione filtrata che stiamo vivendo in questo 2020.

In definitiva, per renderlo più chiaro a chi legge, a chi fosse interessato ad approfondire o magari a chi masticasse poco i testi in inglese, che messaggio vorreste mandare relativamente a questa vicenda storica della strage di Piazza Fontana?

La strage di Piazza Fontana fu l’inizio di una serie di episodi e cambiamenti che mutarono per sempre il nostro Paese e credo che questo concetto vada tramandato alle generazioni più giovani; la mia è la generazione di coloro che erano adolescenti negli anni di piombo ed è quindi l’ultima ad avere una sorta di connessione con quel periodo storico. Il messaggio è lo stesso da 50 anni: “non c’è futuro senza memoria”. Dobbiamo ricordarlo a noi stessi, a chi è venuto dopo di noi e forse anche ai nostri genitori, alcuni dei quali hanno dimenticato i loro ideali.

E parlando della vostra musica invece cosa vorreste che rimanesse?

Siamo una punk rock band da 13 anni ormai; per 10 siamo stati stigmatizzati dal mondo underground per il solo fatto che nel gruppo ci fosse “il dj di Virgin Radio”. Nell’ultimo periodo però credo che anche i più strenui detrattori abbiamo compreso che nel nostro percorso, oltre ad una proposta musicale consapevole e di buon livello, ci sia un messaggio coerente, legato a tematiche che riguardano valori condivisibili da tutti gli esseri umani. Vorrei che del nostro progetto venisse ricordata l’autenticità e la trasparenza del nostro approccio creativo, oltre all’intensità delle performance live.

Visto che il video del singolo è associato a “La prima bomba”, graphic novel di Marco Rizzo, disegnata e colorata da La Tram, qual è il vostro rapporto con il mondo del fumetto?

Il mio rapporto con il mondo del fumetto è solido fin da quando ero bambino. Prima della musica e del punk, furono proprio gli eroi di carta a portarmi in una realtà alternativa, per fuggire da una società nella quale non mi riconoscevo e nella quale non trovavo la mia dimensione. Ancora oggi sono un assiduo lettore, un collezionista e un appassionato. Si è parlato in varie occasioni di avvicinare il mio approccio musicale al mondo del fumetto: magari nei prossimi anni la cosa potrà concretizzarsi.

Sempre parlando del libro, le cui immagini sono messe in musica dal vostro lyric video, mi pare che il tratto de La Tram sia molto particolare e minimale, perfettamente contestualizzato graficamente nell’estetica e nello spirito di quegli anni che vuole raccontare. Si può fare un parallelo con la vostra musica? Si può dire che il vostro è in qualche modo uno un rock senza tempo o fuori dal tempo?

E’ un bel parallelismo quello che fai con il tratto di Margherita. Solitamente però quando leggo “fuori dal tempo” ho sempre il retrogusto di un qualcosa di anacronistico. Il punk è un genere che nel tempo si è evoluto e ha incorporato diverse influenze che hanno portato alla nascita di nuove formazioni interessanti; così come ha fatto il fumetto. Se vogliamo trovare un’implicazione sociologica, potremmo dire che visto e considerato la breve soglia dell’attenzione dell’utente medio, serve qualcosa che colpisca subito e che faccia arrivare il messaggio chiaramente e senza fraintendimenti.

Quali sono le vostre influenze e quali artisti attuali seguite?

Noi cinque abbiamo ascolti molto differenti che coprono uno spettro molto ampio: ascoltiamo dal black metal al cantautorato, dall’elettronica al folk, dall’elettroswing all’hardcore old school. Ci piacciono gli artisti che hanno un messaggio, quelli con una forte personalità…ma amiamo anche quei “trusty chords” che hanno reso celebri le punk rock band con le quali siamo cresciuti.

Nell’ovvia precarietà della situazione e nell’impossibilità di fare programmi, avete altri progetti in ballo o previsti per il futuro?

Nel 2019 abbiamo registrato materiale per un intero album, ma avevamo scelto di rilasciare il materiale in diversi momenti, dei quali la pubblicazione dell’EP Old But Gold è stato solo il primo episodio. Questo significa che abbiamo ancora in serbo un sacco di sorprese…

Sarà però la situazione globale a dettare le tempistiche per le diverse uscite. Noi dobbiamo solo farci trovare pronti e non mancare di entusiasmo perché siamo convinti che il livello di songwriting al quale siamo arrivati sia davvero convincente.