Intervista ai Bludaze: cerchiamo la profondità in modo leggero

Il 10 aprile è uscito Hodad il nuovo singolo dei varesini Bluedaze, brano che anticipa l’uscita di Skysurfers il loro album d’esordio previsto per l’autunno.

Abbiamo quindi fatto una chiacchierata con loro per saperne di più sul brano e avere qualche anticipazione sui loro progetti.

A proposito del titolo del vostro singolo Hodad avete spiegato che è “quello che sta in spiaggia con i surfisti, che si veste e si comporta come loro, ma che non fa surf. Anche noi siamo Hodad. Lo siamo un po’ tutti, forse. Ci raccontiamo in un modo e poi siamo in un altro. Sogniamo l’oceano ma viviamo al lago e, in fondo, ci va bene così”.
Per voi riflette qualcosa di questo periodo in cui viviamo?
Titolo scelto per diversi motivi, rimanda alla tradizione surfista senza essere una band da surfisti, e ci piaceva questa differenza. Ma abbiamo associato  anche una motivazione più esistenziale ovvero che spesso ci si racconta in un modo ma siamo in un altro: non è questione di essere bugiardi ma spesso è insicurezza.
Molte persone si raccontano sicuri senza macchia, senza paure ma poi nella realtà sono totalmente il contrario, sono deluse, si fanno ferire e molte volte è dovuto da sofferenze, si raccontano in modo diverso, non incriminabile ma umano, lecito, da ascoltare perché doloroso per le persone che lo vivono.
Rispetto al periodo nel quale ci troviamo, che è stato totalmente imprevedibile, probabilmente mette a nudo e smaschera molte di queste coperture, non pubblicamente, ma da soli molti si possono rendere conto di essere meno forti di quello che sono e viceversa.

Mare, estate, surf… come immaginate l’estate?
La cosa comica è che il brano sembra spensierato ma non lo è per nulla, abbiamo notato però che insieme stavano molto bene e questa cosa ci rappresenta molto, siamo persone che fanno pensieroni ma ci piace molto divertirci.
Le nostre estati vivendo al lago hanno spesso un sapore agrodolce e questa che verrà sarà molto più agrodolce di altre.
Se penso all’estate davvero non so cosa pensare, il passato lo vedo lontano, sembra quasi impossibile quello che era, il presente è qui molto “presente”, infinito dove ogni giorno sembra sempre oggi e il futuro lo vedo molto lontano che non so nemmeno immaginarlo.

Musicalmente parlando questi giorni vi stanno aiutando creativamente?
Ognuno di noi ha visioni diverse sul tempo impiegato musicalmente, io personalmente (Elisa Begni, voce e chitarra n.d.r.) ho pensato molto, molti pensieri che farò diventare qualcosa, non ho finalizzato tanto di quello che mi ero immaginata ma non mi sento improduttiva.
E visto la crisi nell’ambito proprio musicale ci sarà da prendere in considerazione diverse cose nuove.

Se il vostro album fosse un libro?
Se fosse un autore penserei a Stefano Benni per il nostro disco, proprio per profonde riflessioni ma in modo leggero.
Mentre se penso al titolo di un libro mi viene in mente La grammatica di Dio, sempre di Benni, che è più una raccolta di brani molto diversi tra loro più che un romanzo.

Cosa vi aspettate all’uscita del disco?
Il nostro obiettivo, detto al momento, fa quasi ridere in quanto ci eravamo posti che qualsiasi cosa fosse successa a noi interessava solo suonare, avevamo live programmati e ora dovremmo rivedere questa cosa, valutando altri mezzi nel caso.