La Felpa dei DobleCapa: la nuova scommessa vincente di Steve Albini?

È già passato più di un anno da quando i DobleCapa, al secolo Arianne Picón {batteria} e Mario Navajas {cigar-box guitar}, aprirono la seconda giornata del Primavera Sound a Barcelona. In un palco in riva al mare, l’Adidas Originals, con un pubblico sparuto {ma in aumento con il passare dei minuti} e un sole cocente, diedero quell’energia incredibile che forse solo una piccola percentuale dei presenti poteva anche solo immaginare. Un post rock, quasi hardcore, violento, solo strumentale, ma delicato nei momenti piccanti della cigar-box, acido e pungente, nella propria immaturità, sciolta in un commovente messaggio al cielo, per l'”abuelo del rock“, padre di Arianne, prematuramente scomparso poco tempo addietro, e conclusasi con un abbraccio tra i due componenti della band.

Da lì molti presenti, come me, hanno iniziato a seguire questo strano duo di base madrileña, che tanto aveva ben impressionato in un palcoscenico così importante. Un solo disco fatto nell’anno precedente, Suave Con la Canoa, e la “messa in live” in un tour che ha toccato soprattutto piccoli club e feste di piazza, dopo l’apoteosi del Forum. Ed era già un miracolo, se pensate che Arianne la batteria l’aveva provata per la prima volta solo nel 2015.

Molti addetti ai lavori sanno che al Primavera Sound suonano, praticamente tutti gli anni {tanto da diventare quasi uno scherzo}, gli Shellac, gruppo statunitense, in cui leader è sua maestà Steve Albini. Per chi non lo conoscesse, è uno dei produttori ed ingegneri musicali più importanti degli Stati Uniti {e del mondo}, tanto da annoverare tra le collaborazioni nomi come PJ Harvey, Robert Plant, Jimmy Paige, Mogwai, Pixies e addirittura Nirvana {di cui ha curato l’ultimo album in studio, il vero testamento spirituale e artistico, In Utero}. Da qui il contatto: Steve li sente, si parlano, e decidono che il prossimo passo è enorme: il prossimo album si farà a Chicago, a casa sua, all’Electrical Audio.

DobleCapa & Steve Albini

Ecco come nasce La Felpa, sotto le migliori stelle e auspici. E l’abbiamo ascoltato per voi. C’è l’evoluzione sperata? Non solo, c’è anche molto, anzi moltissimo, di più.

La mano di Steve nasce già dal primo brano, Cazador/a recolector/a, con un suono che profuma di Seattle, di grunge, di estetico e di unione di due strumenti non così semplici da congiungere singolarmente. Il post hardcore cambia maschera, racconta una storia cambiata, capace di assaggiare rock e sputare blues, di sognare una deriva indie, ma brutale, un qualcosa che, nella storia contemporanea, non esiste.

Canzone numero due, Carmelo, cobra y rosa, nuovo stile, nuovo genere, ammaestrato in uno stoner quasi delicato {“delicato”, descrivendo i DobleCapa, è un aggettivo che non avrei mai pensato di utilizzare}, che diventa rockeggiante man mano che si susseguono le note, come in un alternarsi di rock duro, ma emergente, ricco di grunge, blues e una reminiscenza post hardcore, fino al capolavoro centrale, titolo del singolo di maggior caratterizzazione dell’intero lavoro, Mass mierder, dove si eleva un muro di suono impossibile da catalogare, ma che non è esistito mai.

La forza di La Felpa è questa: non c’è un genere caratterizzabile, ma l’insieme è clamorosamente piacevole in ogni secondo. Le influenze ci sono in ogni angolo: se da un lato sussurrano Alice in Chains e {ultimi} Nirvana, dall’altro Queens of the Stone Age e Mogwai spingono l’ascolto all’apoteosi verso i Black Sabbath. Non mi credete? Allora definitemi l’ultima traccia, Dama de Elche con cara de Monalisa. C’è tutto questo, con un finale furioso che attraversa le epoche e i dogmi a forma di note.

Missione compiuta per i DobleCapa, insomma. E non sono io a dirlo, lo dicono gli eventi a cui sono invitati: dopo una data a Tolosa, Paesi Baschi, saranno ospiti del sabato del Mad Cool di Madrid, uno dei cinque festival più importanti, almeno come headliner, di tutta Europa. E da lì, in agosto, 6 date in Gran Bretagna {che vedrete qui sotto}. Se siete da quelle parti non vi pentirete nel dar loro una possibilità. Peraltro ho strappato loro una promessa: la prossima destinazione di un tour sarà sicuramente l’Italia. E lì non avrete scuse, sempre che vogliate ascoltare qualcosa che stravolgerà le vostre categorie mentali. E Lo dico per il vostro bene.