Officine Bukowski – Esce oggi “Il primo giorno d’inverno”

Di pari passo con l’arrivo della stagione fredda, le Officine Bukowski lanciano oggi il loro primo disco “Il primo giorno d’inverno”, un viaggio di andata e ritorno dentro amore, rabbia e ancora amore in dieci canzoni istintive e sincere, tanta quanta è la dose di verità che si può sopportare.

La band bergamasca è nata alla fine del 2016 ed è composta da Walter Viola al basso, Debora Chieri voce, Paolo De Feudis alle chitarre e Carlo M. Fabbrini al basso. La volontà è quella di sperimentare e fondere diversi stili: partendo da una base che si può inserire nel panorama indie ampliandola con le sonorità dell’hard rock europee degli Skunk Anansie e dei Placebo.

Il primo giorno d’inverno è un viaggio lungo dieci canzoni tra rabbia e amore, una sorta di mare mosso, di tempesta, in cui tutto alla fine si ricongiunge, trasmettendo un forte messaggio di speranza. I suoni che accompagnano tutti i brani sono quelli di un alternative rock mescolati ad ambientazioni elettro rock anni ’90, cantati dalla voce potente e profonda di Debora Chieri.

Il disco si apre con Anime (Intro), che sebbene sia molto corta già ci cala nel mood dell’intero album. La canzone altro non è che un omaggio a Charles Bukowski, dal momento che si tratta di una ripetizione delle sue frasi più celebri con l’accompagnamento di un mandolino. Una scelta curiosa e interessante, che invoglia l’ascoltatore a scoprire e addentrarsi in questo cammino.

Segue Chi era Viola, canzone dal testo profondo che racconta di una donna che è come una fenice che risorge, che brucia di passione e che ama senza limiti. Una canzone potente che acquista ancora più potenza se cantata da una voce femminile forte e accompagnata da chitarre ruggenti e batteria aggressiva.

Giardino di tulipani è la quarta traccia: qui la tensione si inizia a far sentire, tra un misto di gotico e elettronica che creano un mix davvero curioso. è probabilmente questo il brano più aspro del disco, che, come dice la canzone,  lascia un sapore amaro sulla pelle.

A tranquillizzare il disco arriva Parlami Ora, una sorta di esortazione esausta di una donna che incalza il suo uomo a confessare e a parlare. La canzone sembra un vero e proprio interrogatorio che la cantante sottopone agli ascoltatori, buttando fuori tutta la sua rabbia, il suo rimorso e il suo odio.

La canzone cuore dell’album è Neve. Neve è una grande e lunga metafora di un amore finito e andato, ormai gelido, che, come la neve, è caduto lento e ora sta scomparendo. La cantante accantona la sua voce pungente e adotta melodie più nostalgiche e malinconiche trasmettendo un forte senso di malessere e solitudine, proprio come la Neve che si scioglie al sole.

Il prossimo brano, Il primo giorno d’inverno, è quello che da il nome all’intero disco. Rispetto agli altri 9 brani, questo è forse quello più maturo: la band accantona i concetti più concreti per concentrarsi su un brano più astratto e pensato, ricco di allusioni, similitudini e rimandi ad altre parti dell’album. Il brano intero, inoltre, al contrario degli altri più malinconici e rabbiosi, riesce a trasmettere un forte senso di ripresa e di speranza, pur mantenendo un tono rock e tagliente. è forse questo il punto di svolta del cd, il punto in cui, cioè, si ha il passaggio da rabbia a accettazione, da perdita a vincita, da abbandono a ripresa, da odio a amore.

Segue Renée, un brano che si può raccontare con tre aggettivi: descrittivo, dal momento che narra la vita di Renée, un personaggio estremo che ha vissuto la sua vita di vizi e di eccessi; sincero, ma anche personale e introspettivo, giacché Renée altri non è che il padre della cantante Debora, e diretto, senza mezzi termini e che mira dritto dritto al bersaglio senza troppi giri di parole.

Sabbie mobili è un pezzo totalmente dedicato all’amore, alla fine di un amore, a un amore troncato e alle conseguenze che questo comporta, che meglio non può essere descritto se non con l’immagine delle sabbie mobili.

Penultima canzone è Solo te: anche in questo caso il tema principale è l’amore, ma visto in un’ottica totalmente diversa rispetto a Sabbie mobili o Parlami Ora. L’amore che si canta qui è un amore vero, autentico, un Amore con la A maiuscola, senza paura, rabbia o risentimento. Banalmente, qui con l’addolcimento del tema anche i toni si smussano, il rock è sempre presente, così come l’elettronica e il soul heavy, ma in maniera quasi più fragile, come lo è anche l’amore di cui si parla.

A chiudere il disco è Zingara, probabilmente il brano più sperimentale dell’intero album. Un brano arricchito da un tentativo di rap che, accostato a sonorità rock, stona con l’intero disco. Forse il tentativo della band era proprio quello di creare uno scompiglio, un anello mancante, uno squarcio sulla tela, e se così fosse ci sono riusciti appieno.

Nel complesso l’album si presenta come un’organica composizione, una sorta di cerchio che, come il cane che tenta all’infinito di mordersi la coda, non ha un inizio e non ha una fine, ma solo punti di picco e di down, restando sempre fedele all’hard rock anni ’90 e ai tre temi cardini che gravitano attorno all’album: amore, rabbia e speranza.

A primo acchito il disco da un’impressione rude e rabbiosa, date le sonorità hard rock e i testi. Solo dopo un attento e ripetuto ascolto ci si rende conto che il vero messaggio non è di odio, quanto più di speranza. Un grido forte e potente che, in antitesi con i suoni gutturali e ruvidi di chitarra, basso e percussioni, stona leggermente con il messaggio che vuole comunicare, ma che si differenzia per la sua particolarità.

Un interessante e curioso esperimento, quello delle Officine Bukowski, che sicuramente trova le sue radici sia nel panorama rock e hard rock italiano ma che (purtroppo) non troppo spesso riesce ad emergere. Noi di Rock and More vi consigliamo dunque l’ascolto di questo cd, che esce proprio oggi per Alka Records Label..e un grosso in bocca al lupo!