Intervista a Paolo Bardelli: ecco la sua Piccola guida agli anni dieci

Nuovo appuntamento della nostra rubrica Carta canta dedicata questa volta a Piccola guida agli anni dieci: 50 fatti (musicali e non), 50 album e 50 brani dal 2010 al 2019 per ricordarci cosa ci lasciamo alle spalle ma anche per recuperare e approfondire qualcosa che abbiamo perso.

Un’idea interessante e per questo motivo abbiamo deciso di parlarne direttamente con Paolo Bardelli, giornalista e autore di questo libro.

In parte già se ne parla nella prefazione, ma perchè secondo te è importante “studiare” gli anni ’10?
È importante perché c’è stata un’evoluzione grossa nella valutazione della musica rock e indie rock. Sia dal punto di vista della critica, ma anche degli addetti ai lavori che hanno aperto progressivamente i festival musicali anche a generi diversi come il pop e l’hip hop. E casualmente questa cosa ha coinciso con un diverso modo di fruire della musica.

A questo proposito, uno dei primi fatti che tu citi è proprio l’esordio di Spotify che ha cambiato chiaramente il modo di accedere alla musica no?
Totalmente, perché ad oggi il fatto di possedere un disco o un cd sembra una cosa davvero insensata visto che in un attimo posso recuperare lo stesso disco in streaming o anche ritrovarne di più vecchi…

D’altra parte forse questo ha fatto si che ci fosse un ritorno al vinile, anche magari come forma di collezionismo…
Si, nel 2019 c’è stato questo momento storico in cui la percentuale di acquisti di vinili ha superato quella dei download degli mp3, ma anche qui la logica è la stessa: alla fine avere un file comporta il fatto di sapere sempre dove l’ho salvato, andarlo a cercare, pur essendo sempre un qualcosa di digitale.
Almeno avere un supporto fisico è anche appagante visivamente in molti casi.

Anche perché alla fine il supporto richiesto per un mp3 o per lo streaming è lo stesso quindi non c’è neanche un impedimento dal punto di vista tecnologico. Forse anche per quello lo streaming è stato un competitor più fastidioso per il download?
Si esatto. Non va sottovalutato anche un aspetto: in passato c’era una limitatezza delle risorse disponibili, dipendenti comunque dalle possibilità economiche dell’ascoltatore.
Adesso è l’opposto, hai una scelta talmente ampia che tante volte diventa difficile orientarsi, mentre il supporto fisico potrebbe in tal senso diventare un modo per appuntarsi e ricordarsi cosa è veramente valido di tutto il materiale ascoltato.
Sicuramente lo streaming ha ridotto il valore della musica proprio perché proprio per una banale legge economica, minori solo le risorse maggiore è il valore economico.

C’era anche una maggior attenzione credo visto che scegliere di acquistare un disco voleva dire non poterne acquistare un altro mentre oggi si ascolta una cosa e poi se non piace al massimo si è perso un po’ di tempo
Esatto, c’era una sorta di obbligo all’approfondimento. Ma i tempi sono cambiati per tutto, il problema di avere una minore attenzione alle cose riguarda l’informazione, la lettura e la musica non fa eccezione.

Tornando a libro, guardando i fatti selezionati ho avuto l’impressione che alcuni pur sembrando più vicini sono in realtà precedenti ad altri che invece sembrano molto più lontani da noi e viceversa. È un’impressione che hai avuto anche tu quando sei andato a ricercarli? e nel caso che spiegazione ti sei dato?
Domanda interessante, in realtà a ripensarci adesso si è così.
Ad esempio uno dei primi fatti che sono presenti è lo scioglimento dei R.E.M. del 2011 che sono un gruppo così lontano dalla scena attuale che sembra di parlare dei Doors, tanto sono fuori moda oggi.
Così come altre visioni del mondo sono cambiate talmente tanto che oggi anche alcuni film ci sembrano di un’altra epoca.
Ma probabilmente tra 10 anni ci renderemo conto che altri fatti che non sono neanche stati presi in considerazione, o magari lo sono stati solo marginalmente, risulteranno avere un’influenza molto maggiore su quel periodo e quindi li sentiremo più o meno distanti.

Se dovessi scegliere un fatto, un album e una canzone di 50 selezionati, quale sceglieresti?
Per mio gusto personale negli album sicuramente Lonerism dei Tame Impala perchè è ancora un album che ha tutte le caratteristiche della tradizione rock ma già suonava moderno, come poi hanno ulteriormente fatto i lavori successivi dei Tame Impala.
Come canzone, sempre per il mio gusto, Wallowa Lake Monster di Sufjan Stevens perchè parla di una situazione umana toccante come quella della perdita di una madre mentre tra i fatti ce ne sarebbero tanti ma scelgo l’idea evolutiva dietro al The New Normal del Primavera Sound di Barcelona perché riassume in un tag tantissimi significati di uguaglianza, sia tra le persone sia a livello musicale.

C’è stato qualcosa che invece è stato particolarmente difficile lasciare fuori dai 50?
Non essendo onnisciente devo ammettere che ci sono un paio di artisti che purtroppo ho scoperto tardi perché il libro è stato scritto a metà 2019 e ad esempio verso la fine dell’anno ho recuperato un disco secondo me fondamentale di Tamino. Anche Moses Sumney è stato colpevolmente dimenticato e forse altri artisti avrebbero meritato più spazio…ma lo scopriremo solo vivendo!

Soprattutto sulla scelta dei brani, quello che colpisce è che a parte forse Get Lucky dei Daft Punk, manchino delle vere e proprie hit…è una stata una scelta di campo o non c’era davvero nulla di qualitativamente all’altezza?
È un’annotazione corretta, in primo luogo diciamo che sulle canzoni a differenza degli album, dove il criterio è stato abbastanza oggettivo, la scelta è totalmente personale quindi alcuni artisti non erano proprio nelle mie corde e ho cercato di scrivere di qualcosa che mi piacesse per essere più convincente e vero possibile.
Negli album infatti seguendo un criterio legato alle classifiche non nascondo che ho dovuto anche trattare, e quindi studiare, album che non amavo particolarmente.
In più ritenevo non avesse senso citare canzoni troppo conosciute perché il bello del libro dovrebbe essere anche quello di far scoprire qualcosa quindi la speranza è che qualcuno possa così ascoltare ed appassionarsi ad artisti che non conosceva.

Essendo un libro con un’impostazione globale lo spazio per l’Italia è abbastanza minimo, quasi nullo. In un altro periodo storico sarebbe stato diverso? E qual è la prospettiva per il futuro?
Secondo me si, in altri decenni ci sarebbe stato più spazio per l’Italia anche se l’idea era appunto quella di non avere una visione italiocentrica ma globale. Però in altri periodi c’erano artisti che cercavano di suonare più internazionali, come i Jennifer Gentle dei primi 2000 che sono arrivati a pubblicare con la Sub Pop…ma in generale c’era più la ricerca dell’utilizzo dell’inglese.
Negli anni ’10 invece c’è stata una riscoperta dell’italiano con quella che è la scena cosiddetta indie ma che di indie ha ben poco: è un cantautorato assolutamente legittimo, che magari tra qualche anno sarà paragonato a quello degli anni ’70, però come non si può far giocare nello stesso campionato i Pink Floyd e Lucio Dalla, pur riconoscendo il valore del secondo, allo stesso modo non possono gareggiare assieme un Calcutta e Beyoncè.
Mentre invece in passato si sarebbe potuto mettere assieme i Marlene Kuntz e i Sonic Youth, anche per una volontà di suonare simili.

Dovendo invece scegliere un fatto, un album e una canzone italiana di questo decennio?
Beh come album ci sono i Verdena che secondo me entrerebbero anche in altri decenni.
Più che una canzone segnalerei un artista ovvero i King of the Opera, il progetto di Samuel Katarro che secondo me è un piccolo Syd Barrrett italiano ed è l’esempio di come possa fare un artista italiano per essere considerato globalmente.

Ultima domanda, abbiamo avuto 5 anni a prevalenza indie rock, poi 5 anni dove ha dominato l’hip-hop…qual è la previsione per questo decennio?
Io ho buttato lì l’idea che secondo me dovremmo abituarci un po’ alla morte delle case discografiche e alla nascita di poche etichette che saranno Deezer, Spotify, Apple Music e via dicendo.
Un po’ come avviene per Netflix e Amazon Prime con la TV, con queste piattaforme che dopo la fase iniziale oggi si basano sui dati che hanno delle visualizzazioni e del gradimento della gente anche per indirizzare la produzione verso prodotti preconfezionati per piacere ai propri utenti.
Stessa cosa ho paura possa avvenire con la musica.
D’altra parte per un principio di azione-reazione potrebbe formarsi un sottobosco veramente indipendente, fuori dalle logiche di queste nuove major, dove poter davvero sperimentare e grazie alla rete arrivare a tutti un po’ come è stato con Soundcloud per Billie Eilish.