“La senti questa forza”? È l’EP di BEBO de LO STATO SOCIALE

“Potevamo fare la cosa più strana nel momento più strano…e l’abbiamo fatta!” (Lo Stato Sociale). 

Per i pochi che non lo sapessero, Lo Stato Sociale è il collettivo bolognese composto da Albi, Bebo, Carota, Checco e Lodo. Ve ne abbiamo parlato diverse volte (ad esempio qui e in questa simpatica e originale intervista).

Dopo diversi album, tour seguitissimi, svariati libri e una colonna sonora, sono saliti alla ribalta con la partecipazione al 68° Festival di Sanremo con il brano “Una vita in vacanza”, arrivato secondo, e vincitore del premio della sala stampa “Lucio Dalla”; inoltre hanno partecipato per tre volte al concerto del primo Maggio in Piazza San Giovanni, a conferma del legame con determinati valori.

Tra le ultime cose, il 4 maggio 2020 è uscito il brano AutocertifiCanzone, pezzo scritto e suonato a distanza, durante le settimane di lockdown e poi un film documentario intitolato La piazza della mia città. Da sempre quindi, oltre che per la grande e multiforme capacità espressiva, i regaz si sono distinti per una certa follia che li domina e che sanno abilmente trasmettere al pubblico; ma stavolta si sono superati!

Infatti ora Lo Stato Sociale è tornato con una nuova, incredibile, sfida: 5 dischi da 5 tracce per 5 artisti, uno per ogni componente della band. Un’operazione strana, inusuale (che ha come precedente noto solo quello dei Kiss), all’insegna di un’idea di collettività come somma di individui: «solo noi potevamo farlo e lo abbiamo fatto, era quasi obbligatorio».

Il primo a lanciarsi in questa inedita avventura è stato BEBO, che allo scadere di gennaio ha svelato le sue 5 tracce via Garrincha Dischi/Island Record

Anche se non siamo più nella sua settimana e nel frattempo sono usciti altri due album della serie (l’EP di Checco, ascoltabile qui e quello di Carota, qui), uno come me, amante di spoken word, elettronica, ideologie sinistroidi e bolognesità, non poteva non soffermarsi a parlare dell’EP di Bebo in cui questi tratti distintivi sono radicalizzati.

Un disco sotto la regia di Matteo Romagnoli (storico produttore dello Stato Sociale) e Stefano Maggiore (Immanuel Casto, Romina Falconi, etc.), passando per Francesco Brini, alla batteria nella quarta traccia Prima che tu dica pronto. Un disco scritto “con le mani in tasca”, metaforicamente e no: «come uno che passeggia. mettendo tutto in discussione».

“Dovevo combattere il capitalismo e sto passando l’aspirapolvere… Poi c’era un’altra cosa che dovevo fare ma non mi ricordo più”… L’ironico video presenta bene il progetto con la giusta premessa: tra crisi di governo, crisi economica, crisi delle persone chiuse in casa da un anno e soprattutto crisi di valori, che cosa può fare uno che nella vita è abituato a scrivere parole e comporre suoni?

Ebbene, proprio in un momento in cui tutto sembra spingerci a usare il famoso sfogo della band “Mi sono rotto il cazzo“… Ecco, un’opera piena di contenuti, di stile e di mordente come l’opera “solista” di Bebo è proprio quello che ci voleva!

L’album parte a bomba con il pezzo sicuramente più trascinante e denso di significati, in cui Bebo immagina il suo compagno di band Checco che viene a cercarlo a Roma per dirgli la sua tipica frase La senti questa forza?

Una frase che Bebo prende come slogan del diktat che la società ci impone, quello di essere sempre aggiornati, di trovarsi a essere vecchi ma che si tengono in forma e assumono un atteggiamento giovanile, il necessario aggiornamento, l’essere sempre pronti a piegarsi alle tendenze e alle mode, e ai Social che le diffondono, per non rimanere tagliati fuori.

Ricordando un po’ (come in altri punti dell’album) il conterraneo Max Collini e i suoi Offlaga Disco Pax (scusa Bebo, non volevamo dirlo anche noi ma per forza di cose qualche somiglianza c’è!…), il fluire delle parole però assume qui i connotati quasi di un rap adrenalinico alla vecchia maniera.

Energico, carico, come in una corsa veloce, Bebo inserisce discorsi condivisibili tra riflessioni sociali e politiche, distese su una base elettronica futuristica con la quale le parole fanno da contrasto e collante al tempo stesso. Un brano d’impatto e dall’effetto folgorante che lancia domande come “Ma sei sicuro che essere famosi in un paese con la Lega al 40% sia una cosa positiva?” e frasi come “Non sono vecchio, è un’impressione, è la carta da parati dell’anima”.

E ancora, sempre all’insegna del giovanilismo, illustra come si passa ad aggiornare vecchie ideologie e ideologie da “vecchi”, sostituendo vecchi simboli con miti più attuali:

“È il vecchio comunista, che non si dice più / Sono un giovane socialista, sono un marxista / non lo faccio più il pugno alzato, ho i miti giusti: bella per Bernie Sanders, bella per Alexandria Ocasio-Cortez / rileggiamo tutto il Capitale / Sono uno che sperimenta ancora”

E qui si interrompe, lasciando il suono distorto a conferma di quest’ultima dichiarazione. 

Non tutti possono capire quanto questo pezzo sia una vera bomba fatta deflagrare nell’annichilente nulla caotico in cui ci troviamo, uno sfogo e una voce amica nella quale le generazioni pre-nativi digitali possono identificarsi, in un’era confusa e priva di prospettive come quella attuale. Insomma, un brano di cui decisamente sentiamo la forza!

Più personale il secondo pezzo, visto che il titolo Fantastico! non è una semplice esclamazione ma porta il nome della rivista fondata e diretta da Bebo stesso. Ma anche qui, se si conoscono le atmosfere malinconiche come la base in sottofondo, è possibile immedesimarsi nel racconto di una giornata al mare sulla spiaggia di Fiumicino, di fronte a un mare brutto, fuori stagione, prendendo il mare come simbolo di posto felice nell’immaginario collettivo e rovesciandone la valenza.

Un posto che diventa l’occasione per porsi domande e trovarsi a sentirsi smarrito, seduto su una panchina che guarda la strada dando le spalle al mare, quindi seduto “dalla parte sbagliata della vista, dalla parte sbagliata della vita”.

Attenzione, perché qui si sta facendo qualcosa di pesante e di importante: dopo i fantastici cambi di sottofondo musicale, passando per ritmi più aggressivi con le chitarre college rock de I Botanici, siamo già al punto in cui Bebo distrugge e smonta la normalità per esaminarla, come farebbe uno scienziato o un meccanico, per mostrarci come i pezzi siano montati male e come abbiamo tutti bisogno di ritrovare noi stessi, in un mondo che è come quel lungomare desolato, costruito sulla falsità e la bruttezza.

Ed è a questo punto che si inserisce 2020: Fuga dall’aperitivo, che descrive perfettamente il mondo odierno e, riprendendo “Nessun rimpianto” di Max Pezzali, si distacca da qualsiasi forma di nostalgia, perché questa rispecchia aspetti dello stato in cui ci troviamo: la decadenza della Sinistra, della politica, delle istituzioni, l’imbruttimento della società capitalistica in cui viviamo, gli errori del passato che hanno generato un presente alla deriva, il tutto elencato in una centrifuga di citazioni di canzoni italiane, luoghi comuni, frasi e slogan popolari, su variazioni elettro, dance e dubstep.

Segue poi un brano che è invece incentrato sulle relazioni sentimentali, Prima che tu dica pronto, un pezzo d’amore disincantato che incute il senso di canzone commovente, riflettendo su quanto sia veramente possibile essere di sostegno per il proprio partner non potendo sostituirsi ad esso ed entrare nella sua testa, concludendo che a volte forse è meglio fare un passo indietro e limitarsi a delle attenzioni.

Infine, con Sono libero, accompagnato dal piano soft del maestro Remo Anzovino, il parlato di Bebo ci lascia con una riflessiva leggerezza, una visione del mondo che non è certamente il migliore dei mondi possibili, ma che può essere affrontato con l’idea di sentirsi “libero dentro questo carcere” e di poter “volare leggeri sopra le cose, che non è superficialità”, e quindi “volare leggeri sopra un grande ‘Vaffanculo’!”.

TRACKLIST:

01. La senti questa forza?
02. Fantastico! (feat. I Botanici)
03. 2020: Fuga dall’aperitivo
04. Prima che tu dica pronto
05. Sono libero (feat. Remo Anzovino)

Potete ascoltare l’album qui.