Intervista ai Vanarin: ecco il nostro EP 2

È uscito lo scorso 31 gennaio EP2, il nuovo lavoro dei Vanarin, band bergamasca ma di stampo decisamente British.

Li abbiamo incontrati in occasione del loro live all’Ohibò di Milano per parlare del nuovo ep ma anche di tanto altro.

Per prima cosa vi faccio una domanda molto stupida ma alla quale non ho trovato la risposta da nessuna parte…da dove viene il nome Vanarin?
In realtà non ha chissà quale incredibile storia…è nato un po’ per caso giocando con i suoni, poi sono andato a vedere nel “super affidabile” dizionario urbano e ho visto che in effetti gli veniva attribuito un twilight di significati: gelosia ma anche rabbia ma anche felicità…era una parola che poteva sostituire qualunque cosa
Poi abbiamo scoperto che tempo fa c’era una band tributo ai Nirvana (Vanarin ne è un anagramma, nda) che si chiamava così, ma non c’è alcun riferimento.

Chi scrive cosa nella band?
In questo ultimo EP i pezzi sono stati scritti da me (David, nda) e poi riarrangiati tutti assieme. Anche i testi sono i miei.

So che hai origini inglesi quindi sei di fatto madrelingua, quanto la scelta dall’inglese è dovuto a questo e quanto invece al genere musicale?
Per me è proprio una cosa naturale perchè quando scrivo di solito sono a casa ed è l’ambiente dove parlo abitualmente inglese quindi mi viene spontaneo scrivere in questa lingua. Quindi in realtà se fossi nato e cresciuto a Bergamo probabilmente faremmo le stesse cose ma in italiano.
Poi in realtà la lingua fa tanto perchè quando abbiamo scritto e cantato in italiano subito l’ascolto ti rimanda ad un mondo diverso rispetto all’inglese, anche mantenendo la stessa impronta musicale.
Detto questo noi stimiamo molto le band che cantano in italiano perchè sono molto più naturali rispetto a quello che si vedeva soprattutto qualche anno fa ovvero band che si sforzano a cantare in inglese con accenti pessimi che li fanno risultare meno credibili.

Come funziona il processo creativo? immagino ci sia parecchio lavoro sugli arrangiamenti…
Abbiamo cambiato modo di lavorare, anche per ragioni pratiche. Prima avevamo uno spazio, una sorta di capannone, dove ci trovavamo ma per la maggior parte di noi era lontano. Però lì potevamo lavorare tutti assieme anche per sessioni piuttosto lunghe.
Adesso invece abbiamo ridotto tutto a una stanza e quindi ci troviamo ancora tutti per tirare fuori le idee ma poi aggiungiamo una cosa per volta. C’è più lavoro dietro al computer in questo senso.
In alcuni casi poi da un’idea che può essere un giro di chitarra o un beat di uno di noi nasce qualcosa di nuovo e si lavora aggiungendo su quello.

È più difficile da portare live una cosa del genere?
Noi ci siamo un po’ imposti la regola di scrivere il pezzo solo con gli strumenti che poi andremo a utilizzare live quindi fare il massimo con quello che abbiamo. Poi può capitare di aggiungere cose che si vanno a mettere in playback sul palco, ma se non è una cosa fondamentale la eliminiamo anche.

Un EP, poi un Album e ora un altro EP…a parte un discorso di necessità magari legato al cambio di management, c’è una vostra preferenza per una delle due forme?
Non c’è grande differenza, semplicemente un album richiede un tempo e un lavoro maggiore ma non abbiamo preferenze. Poi ad esempio in questo caso uscire con un EP non è stata una scelta voluta ma dettata una serie di situazioni, tra cui la volontà di dare un senso di finito a quei pezzi frutto di un certo periodo di scrittura che legava poco con le cose nuove che stavamo scrivendo. E una forma più ridotta ti permette sempre di fare un prodotto più omogeneo.
Anche perchè spesso scriviamo 3-4 pezzi con un certo stile, poi scopriamo una cosa nuova e allora sperimentiamo in quella direzione quindi su un periodo di lavoro più lungo questo si sente anche perchè viene scritto a più mani.
Poi questo EP è anche un po’ un biglietto da visita dei nuovi Vanarin visto che rispetto al precedente lavoro abbiamo un membro in meno.

Cosa è cambiato rispetto alla vecchia formazione?
Tanto perchè Giuseppe che è andato via suonava un po’ tutto, tra lui e David avevano 32 linee in uscita! Poi scrivevano e cantavano in tre, quindi c’era meno omogeneità. Però uscito lui ci siamo dovuti riassestare e per 6 mesi ogni cosa scrivessimo finiva nel cestino, quindi questo EP è servito anche a noi per capire le nuove dinamiche all’interno del gruppo e mettere le basi su cui nascerà il prossimo album.
Però adesso siamo molto più snelli, anche come attrezzatura, prima avevamo talmente tante cose e strumenti da seguire che quasi non ci divertivamo più, la fine del vecchio tour è stata una sorta di liberazione.

Com’è il nuovo EP?
Per noi è già vecchio visto che stiamo scrivendo le cose nuove. Però come dicevamo è molto più omogeneo: molto più asciutto, meno arrangiamenti e meno stili mischiati.

Come definireste il sound dei Vanarin?
In generale alternative pop. Poi una volta avevamo trovato su wikipedia questa categoria anni 70-80 che era tipo funk qualcosa che abbiamo scoperto essere in realtà di un trash incredibile ma poteva in qualche modo essere affine a quello che facciamo noi.
In realtà l’idea di base è sempre quella di fare qualcosa di pop, poi ci inseriamo dentro del R’n’B, ultimamente tanto funky…per quanto alternative.

Progetti per il futuro? Porterete in tour questo EP?
Siamo da poco entrati nel roster di Radar Concerti quindi non abbiamo ancora definito tutte le date ma saranno sicuramente tante e tutte bellissime.
Andremo anche all’estero, abbiamo tre date a maggio in Germania di cui due a Berlino.

Ho letto da qualche parte che in realtà voi scrivete con l’idea di fare un prodotto esportabile…quindi ci state riuscendo? c’è una differenza a livello recettivo fuori dall’Italia?
Abbiamo già fatto una data in Germania ed è stata una situazione stupenda. Hanno proprio un modo diverso di ascoltare la musica, ballavano tutti anche quando c’era solo la musica di sottofondo in attesa delle band. È un pubblico curioso, ha proprio voglia di sentire cose, si lascia molto più andare.
Poi è chiaro che una singola esperienza non può fare statistica, però l’atteggiamento era proprio di chi è proprio lì per ballare e divertirsi.

Anche il fatto di avere tre date fissate prima ancora dell’uscita dell’EP dimostra comunque una certa fiducia e apertura maggiore…
Si tra l’altro la prima delle tre è al Monarch a Berlino che è un bellissimo locale e quindi abbiamo grandi aspettative, speriamo possa servire per aprirci altre porte in Germania o in Inghilterra anche se ora con la Brexit sarà complicato a livello logistico.

Oltre che a livello logistico credo sarà anche più difficile trovare locali che vogliano band straniere…
Si, quello si è capito (ridono). Ma credo che in Inghilterra ad oggi ci sia proprio un problema a monte nel non volere gente che viene da fuori.