Intervista a Postino: quando chitarra e voce incontrano sincerità e malinconia

Postino, aka Samuele, ha 25 anni, un marcato accento toscano e molte storie nel suo repertorio da raccontare. Da poco è uscito il suo primo album “Latte di soia” anticipato dall’uscita di singoli come “Ambra era nuda”, “Come le balene” e “Blu”. Proprio quest’ultima, uscita a marzo 2018, è stato un caso mediatico: in pochissimo tempo ha scalato le classifiche di Spotify raggiungendo il milione di ascolti e portando Postino a guadagnarsi una buona posizione nella scena musicale indie italiana. Dopo l’uscita del disco è seguito un tour nelle principali città italiane: noi lo abbiamo incontrato al Circolo Arci Ohibò di Milano e ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda!

 

 

Come mai hai scelto di chiamarti Postino? 

La storia di questo nome è molto vecchia e in realtà non l’ho mai raccontata a nessuno, quindi preferisco continuare a mantenere il segreto. La storia è molto banale e tutti ci stanno fantasticando più del dovuto e quello che si inventa la gente è anche più bello dell’originale! Per esempio c’è chi ci vede nel Postino il testimone che porta un messaggio o trasmette emozioni alle persone, proprio come il postino porta le lettere.

Sappiamo che hai una laurea in medicina. Se dovessi immaginarti tra 10 anni, ti vedresti di più tra i corridoi di un ospedale o sul palco di qualche festival?

Spero entrambi: magari durante la settimana lavorare in un ospedale o in un ambulatorio medico e il fine settimana suonare da qualche parte in giro per l’Italia. Sarebbe un ottimo passatempo da intervallare con il lavoro, al quale ho dedicato moltissimi anni di studio ed è la mia grande passione. Già attualmente sto lavorando e portando avanti il tour, vediamo come si evolve la situazione, ma sicuramente mi piacerebbe far coincidere le due cose.

L’intero album “Latte di Soia” è un insieme di 8 canzoni che seguono una linea comune. Qual è il messaggio che vuoi comunicare?

Se vogliamo cercare un messaggio unico è soltanto il racconto della quotidianità, che spesso sottovalutiamo. Pensiamo che le cose che ci accadono non siano troppo rilevanti e che non ci sia da parlare di cose tutti i giorni, quando in realtà le piccole cose sono quelle che si rivelano più importanti, come i piccoli dettagli del nostro quotidiano. Nelle mie canzoni mi piace parlar di storie, di rapporti in crisi, di rapporti che finiscono, di crisi esistenziali vissute dai giovani, del passaggio da un’età a un altra…semplicemente racconto quello che ho vissuto e che vedo con i miei occhi, non ho mai inventato una canzone di sana pianta, non mi riesce. Quindi quando c’è qualcosa che mi turba, sento l’esigenza di scriverci qualcosa su, e “Latte di Soia” racchiude 8 storie collezionate nel corso di 8 anni.

Tre aggettivi per descrivere l’album

Questa è complicata! (Ride, ndr). Sincero, sicuramente un album sincero, dal momento che parla di cose realmente accadute. Malinconico, e poco speranzoso, ossia con poca speranza verso il futuro, verso il cambiamento positivo della vita…sono abbastanza pessimista in questo.

Cosa ti ha fatto scattare la valvola da portarti a dire “Voglio pubblicare un disco”? 

Inizialmente facevo sentire le mie canzoni fatte di chitarra e voce ai miei amici e loro, fin da quando avevo vent’anni, mi dicevano di andare da qualcuno perché erano belle. Io però stavo studiando medicina e il tempo era poco, quindi quando mi sono laureato ho detto ai miei genitori :“E se per la laurea facessi un disco?”. Così sono andato alla Labella, l’etichetta discografica vicino a Empoli, per far sentire i miei brani e spiegar loro che volevo comporre questo disco da regalare poi ai miei amici. Loro hanno ascoltato le canzoni, mi hanno richiamato e mi hanno fatto la proposta: mettere in piedi un bel progetto e comporre un disco con i miei brani arrangiati. All’inizio ero un po’ titubante, avevo paura di prendermi questo impegno, anche a livello lavorativo…poi mi sono fatto convincere e è partito tutto mettendo online Blu a marzo, che ha ottenuto una risposta del pubblico impressionante. Da li ho capito che bisognava continuare in quella direzione, ed eccoci qua oggi.

Infatti Blu è stata letteralmente una rivelazione: in pochissimo hai scalato le classifiche di Spotify raggiungendo il milione di ascolti. Qual è il segreto del tuo successo?

Il segreto è fare le cose a caso. Cioè non avere grosse aspettative o grossi piani su quello che vuoi fare…o per lo meno così è stato per me, tutt’ora faccio le cose molto a caso. Quello che voglio dire è che non voglio per forza arrivare a diventare chissà chi, anzi… se domani smetto di scrivere perché non sono più ispirato non mi metto di forza a voler scrivere pur di rimanere sulla cresta dell’onda. Penso che la gente si accorga quando una persona è vera e sincera e quando invece è costruita: nel mio caso, faccio le canzoni perché mi vengono. Non c’è un segreto, semplicemente essere veri.

In un’intervista hai dichiarato che le tue canzoni sono il frutto del dopo sbronza e che sono composte principalmente nel bagno di casa tua. Oltre a questo, quali sono stati i tuoi modelli e cosa ti ha ispirato?

Per quanto riguarda l’ispirazione, cerco di sfruttare il “Down“dei sintomi negativi dell’alcool, che crea un calo di dopamina e ti senti giù di morale. In quei casi mi viene voglia di scrivere e raccontare cose che mi sono successe la sera prima o anche un anno prima, ho la spinta per farlo, anche perché quando sono felice non mi viene da scrivere canzoni…forse anche per questo che le mie canzoni sono tutte malinconiche.

Per quanto riguarda invece cantautori a cui mi ispiro, mi piacciono molto artisti anni ’60 e ’70, beh io sono fissato con Dalla, e Fuori dalla disco è un omaggio alla sua Disperato Erotico Stomp, che racconta più o meno lo stesso episodio – che mi è accaduta davvero! – . Invece per le sonorità mi rifaccio molto alla scena attuale, ho giocato con l’elettronica, arrangiando i brani con Renato D’Amico, che lavora all’interno di Labella, rifacendoci molto a Camerini, che è stato l’inventore dell’elettronica in Italia negli anni ’80. Infatti quelle sonorità elettro vintage sono quelle che si incontrano in brani come Miope o Fuori dalla disco. 

Parli di Ambra (Ambra era nuda) e di Anna (Anna ha vent’anni). Sono due figure fittizie o che fanno/hanno fatto parte della tua vita?

Sono figure fittizie, i nomi non sono reali. In realtà Anna è il nome di mia nonna, Anna rappresenta un po’ tutti noi, è la personificazione di una generazione. Mente Ambra è semplicemente un nome musicale per raccontare una storia passata e finita con una ragazza che ovviamente non si chiamava Ambra.

Al giorno d’oggi ci sono moltissimi artisti che provano a sfondare nel mondo musicale. Quale consiglio daresti a chi vorrebbe emergere? 

Non credo di essere il tipo adatto per dare consigli del genere, visto che per chi fa musica da parecchio tempo potrebbe dar fastidio il mio percorso. Insomma io non ho mai rincorso il successo, ho fatto un disco e subito ho avuto un pubblico che mi ascolta… Come dicevo prima, io penso che la cosa più importante sia essere sinceri e veri, perché così trasmetti quello che hai dentro e raggiungi le persone. Se cerchi di sfondare in tutti i modi costruendo un personaggio che forse non è neanche il tuo alla fine risulti essere di plastica, io la vedo un po’ così.