TEICH – Sea Songs

ETICHETTA | Jestrai Records

GENERE | Post rock/Strumentale

ANNO | 2015

L’esperienza che si affronta nel recensire un disco strumentale è simile a quella di quando ci si ritrova a vedere “Blue” di Derek Jarman, film del 1993 la cui parte visiva è composta da un unico fotogramma di colore blu. Dietro a quello sfondo blu si susseguono suoni, dialoghi, rumori, che solo lo spettatore può inquadrare e contestualizzare. Lo stesso principio può essere applicato anche alla musica strumentale. È chiaro che quando questo potere evocativo viene concentrato unicamente sull’aspetto strumentale le cose si complicano: recensire un disco strumentale non è mai un’impresa facile. Il disco di cui stiamo parlando è Sea Songs dei bresciani Teich (si pronuncia Taich, ndr).

Lo schema di questo EP di quattro pezzi è paragonabile a quello della rima alternata in poesia (ABAB), infatti prima e terza traccia, così come seconda e quarta, sono strettamente collegate tra di loro per sonorità ed “ambientazione”, e, allo stesso tempo, è possibile notare un certo distacco rispetto all’altra coppia di pezzi. Facce di una stessa medaglia insomma, tanto vicine e legate quanto distanti.

Still” apre il disco con un’atmosfera psichedelica molto 70’s, condita da chitarre sporche e da un basso trainante che rappresenta il vero e proprio motore del pezzo. Il suo perfetto corrispettivo è “Wrong”, brano a tratti dissonante, che tra i suoi accenni post-rock, le sue tendenze blues e qualche nota acid-rock di fondo ci trascina verso suggestioni visive lontane. “Will Be” apre invece la parte B del disco (servendoci sempre del paragone fatto poco fa) ed è un piccolo gioiellino che ricorda a più tratti alcuni pezzi dei My Morning Jacket. Le chitarre si alleggeriscono rispetto al pezzo precedente, mentre il basso non perde mai la propria intensità e capacità trascinante. Dolce e toccante, ha il suo naturale prosieguo in “On A Carousel”, pezzo a cui è affidata la chiusura del disco.

Ciò che sorprende maggiormente di questo EP, oltre alla compattezza sonora e alla capacità di non risultare mai banali nonostante la durata non propriamente esigua delle canzoni, è la facilità disarmante che i musicisti hanno nel cambiare registro musicale, mantenendo però una sottile linea di fondo che collega il tutto. Una capacità non da poco, che non può che portarci a consigliare di tenere gli occhi puntati su questi ragazzi, la stoffa per fare strada c’è tutta.

Francesco Canalicchio