Intervista a Lou Mornero con i suoi “Grilli”

Tempo fa abbiamo fatto qualche domanda a Lou Mornero riguardo al suo ultimo lavoro Grilli. Ecco la nostra intervista.

-Ciao e grazie per averci concesso questa intervista. Come è nato e come si è sviluppato il progetto “Grilli”?

Ciao Rock and More e grazie a voi per lo spazio!

Grilli, come ogni tappa di un percorso artistico, è nato da necessità: quella di musicare i propri mondi in primis e successivamente quella di condividere. Il tutto si è sviluppato tra la quiete di chi non ha fretta e la curiosità di chi non smette di cercare.

Dopo l’uscita del precedente EP, si torna nel 2017, mi era chiaro che non sarebbe finita lì e come sempre ho continuato a scrivere e comporre, fino a che ho sentito giungere il momento nel quale avrei dovuto  immaginare un nuovo capitolo discografico e quindi ho pescato alcune canzoni dagli archivi segreti, ne è venuta qualcuna di nuova e le ho buttate in pentola per tirarne fuori un album.

-Questo album è un lavoro realizzato a quattro mani con Andrea Mottadelli, creando un’armonia completa tra voce e musica; quanto c’è dell’uno e quanto dell’altro nel processo lavorativo?

C’è molto, c’è tutto di entrambi. Se da una parte le canzoni nascono in me e rispecchiano una personale sensibilità compositiva, dall’altra non suonerebbero come suonano se Andrea non vi avesse riversato tutto il suo talento nel creare arrangiamenti e suoni che ne definiscono i tratti e le vestono con cura ed eleganza.

Per questo il titolo di lavoro a quattro mani è più che mai azzeccato; tolta, come detto, la fase iniziale, tutto il seguito è frutto di un intenso e fluente scambio di idee e confronti, di ricerca di soluzioni che fossero meno scontate possibile, quindi collaborazione continua ad eccezione delle giornate in cui Andrea si appartava nel suo mondo di frequenze ed equalizzazioni.

-Per quanto riguarda i testi, solitamente da dove arriva l’ispirazione?

Dal vivere, dall’esperire, dal mutare, dal cercare e talvolta trovare. Funziono così e non saprei da dove altro pescare se non dalle esperienze che la vita propone, quasi sempre in autonomia, senza interpellare nessuno. E trovo che sia una peculiarità irrinunciabile.

In quest’ottica ogni tipo d’esperienza meriterebbe un appuntamento musicale ed è per questo che nei miei testi cerco di raccontare sfumature di molteplici stati d’animo, includendo ogni tipo di colore, dal nero al vivace.

-Ci sono artisti che ti hanno influenzato particolarmente e le cui influenze si possono sentire in questo lavoro? E artisti attuali che ti piacciono?

Ce ne sono fin troppi per menzionarne solo alcuni. Sia io che Andrea abbiamo orecchie piene di musica di ogni genere, senza limiti, se non quelli naturali che derivano dal gusto personale, pertanto la lista sarebbe troppo lunga per concentrarla in una risposta.

Posso dirti che nel momento in cui sto scrivendo queste righe in sottofondo sta passando un po’ di tutto: Cold Specks, Flock of Dimes, Lost Girls, Dry Cleaning, Juan Wauters, Drug Store Romeos, YungMorpheus, Cassandra Jenkins, ecc…

-Come si fa a spaziare così tanto dal dub al trip hop, al soul, a folk, rock e sonorità tribali? Che generi ti attraggono di solito?

Sai, credo che spaziare tra i generi sia molto meno complicato da fare che da dire. Torno alla precedente risposta dicendo che quando gli ascolti sono dei più svariati è naturale metabolizzare e rielaborare le differenti atmosfere secondo una propria estetica la quale si manifesta nel momento della creatività.

Che poi se ci pensi molti generi hanno radici comuni che nel tempo hanno preso derive differenti, specie nei suoni, se parliamo di contemporaneo, quindi alla fine sono più etichette che altro.

-Riguardo alla vostra title track, i “Grilli” vanno intesi nel senso di Pinocchio, come voci della coscienza, come semplici personificazioni di figure canterine o come i “grilli per la testa” degli autori, che in questo caso potrebbero anche essere le varie influenze presenti?

In parte hai centrato il punto, c’è sicuramente un riferimento a Pinocchio se si parla di flussi di coscienza e del rumore che fanno certi pensieri; ma i miei “Grilli”, per come li intendo, includono più cose. Alludo in particolare alle chiacchiere vane e di zero sostanza, ma comunque rumorose, che permeano con costanza diversi livelli della nostra società e dentro le quali sembrano essere incastrati in molti, spesso anche compiaciuti e fieri. Il desiderio di silenzio a volte è assordante.

-Il brano finale dell’album, Ouverture, oltre a vari altri elementi sparsi qua e là, sembrano descrivere bene la situazione che stiamo vivendo. C’è un collegamento o un’ispirazione data dalle circostanze?

Direi proprio di sì dal momento che si tratta dell’unico testo scritto durante il lockdown, quando si era tutti realmente chiusi in casa. Essendo la scrittura un riflesso spontaneo di ciò che vivo, come detto, è stato naturale raccontare quel periodo fatto di sensazioni nuove ma anche di vuoti e assenze che si accompagnavano alla facoltà di non fare.

Però Ouverture va intesa come augurio di pronta guarigione al mondo, un guardare avanti agendo di conseguenza, lasciandosi alle spalle l’esperienza che è stata: “Per ciò che fu suoni mite un’ouverture”.

E nonostante questa situazione abbia fermato un po’ tutti nell’ambito musicale, ci sono progetti previsti per il futuro?

Sì certo, di progetti ce ne sono sempre, un po’ come il mare che sta nel mezzo tra il dire e il fare. In musica mi piacerebbe esplorare territori che appartengono al mio gusto; vorrei trovarmi in uno studio con la mia chitarra acustica e pochi suoni di contorno. Così come vorrei immergermi in mondi elettronici e collaborare con un sacco di gente.

Non resta che vedere cosa succederà!