Motta @ Deposito Pontecorvo

L’8 aprile il Deposito Pontecorvo di Pisa era pieno di gente in trepidante attesa di un concittadino che nell’ultimo mese ha fatto molto parlare di sé con il suo debut album solista: si tratta di Francesco Motta. L’artista ha deciso di far partire proprio dalla sua città natale il tour che lo porterà con la sua band, a calcare alcuni tra i palchi più importanti dello Stivale.

Con Motta il primo impatto sembra non essere mai felice: come dal primo ascolto di “La Fine dei Vent’Anni” non se ne vede il potenziale e la capacità di radicarsi nella testa e nel cuore, dalla prima impressione sul palco non si comprende la sua grinta e la capacità di incantare senza fronzoli, soltanto con la forza che viene sprigionata da un live di tutto rispetto. È la prova che le apparenze ingannano: dal secondo brano in scaletta, “Roma Stasera” diventa impossibile restare indifferenti.

La band è una forza della natura, il suono è molto più potente che nella versione in studio: una linea di basso che tocca i punti più nascosti delle nostre viscere, un’armonia tra i musicisti che raramente si incontra e che su un palco comunque contenuto come quello del Deposito Pontecorvo diventa la vera attrazione per tutti gli spettatori. Scambiandosi gli strumenti con una nonchalance frutto di prove molto intense per preparare il live, gli artisti eseguono uno di seguito all’altro tutti i pezzi dell’album senza quasi lasciar tempo al pubblico di riprendere il fiato tra una canzone e l’altra.

Motta è schivo e taciturno, sicuramente molto teso, non dice quasi una parola per tutto il concerto, ma ogni parola sarebbe stata superflua perché la sua forza è proprio il non aver bisogno di intrattenere i presenti per instaurare con loro un legame quasi affettivo. Nella semplicità del suo comportamento, tira fuori una grinta tale che è impossibile non guardarlo anche se, inebriato come li altri musicisti dalla profondità di quel suono, lui ci guarda appena. Il pubblico è incantato, non solo dai pezzi più noti che tutti cantano, come “Sei Bella Davvero” o “La Fine Dei Vent’Anni“, ma anche da quelli meno conosciuti che live acquistano una nuova identità.

Verso la fine del concerto vengono eseguiti anche due pezzi dei Criminal Jockers, band in cui Francesco Motta ha militato per lungo tempo e a cui resta ancora molto legato: anche le inattese “Bestie” e “Fango” mandano in visibilio i presenti. Quando gli strumenti vengono posati e tutta quella magia d’un tratto si smorza, con mio grande dispiacere visto che sarei rimasta ad ascoltare ancora a lungo.

La mia amica si gira verso di me e la prima cosa che dice è: “Motta è un come un felino: non ti accorgi che è sul palco quasi, poi esce allo scoperto con gli artigli in mostra e tu non capisci nemmeno da dove sia uscito, e soprattutto come hai fatto a non accorgerti che è sempre stato lì”. Ho annuito, e ho subito capito che era il modo migliore per descrivere un live a dir poco sorprendente: chi ha criticato “La Fine dei Vent’Anni” e si aspettava l’ennesimo cantautore da strapazzo che a mala pena sa tenere in mano uno strumento, dovrà  ricredersi.

Chiara Cappelli