FASTLIFE 4: il ritorno al rap di GUE

GUE è tornato (forse) ad essere se stesso. In ogni caso è tornato a farsi valere nell’ambito del rap. Dopo la decadenza iper-commerciale finto-giovanilistica e i recenti trascorsi di stile più modaiolo come il deplorevole album Mr. Fini (vedi la recensione disgustata qui), finalmente un segnale positivo: Fastlife 4, prodotto da DJ Harsh e uscito per Island Records.

Uno dei massimi esponenti della disciplina del microfono, Gué Pequeno (o forse sarebbe meglio dire Il Guercio, il nome che aveva quando era una persona seria, quando militava nei Club Dogo ed era ancora uno dei più validi rapper italiani) sembra aver rimesso le lancette indietro di un po’, realizzando un mixtape di tutto rispetto, in quanto rispecchia abbastanza il valore del rap vero, non annacquato da penose manie dell’oro.

Anche se, ovviamente, continua a parlare principalmente di quello: soldi, successo, fama, sesso, belle donne, il tutto con sempre meno inventiva e sempre più spocchia insensata. Ma con una differenza: almeno in Fastlife 4, dal punto di vista musicale, non c’è ammiccamento ai più giovani e non ci sono sbiascicamenti vari per essere alla moda.

Invece c’è un suono pulito, sostanzioso, potente, grezzo ma paradossalmente ben curato, senza eccessivi lustrini, che ha suscitato reazioni positive tra i fan e la critica e addirittura ha portato qualcuno a scomodare la vecchia parola “hip hop”.

Grazie anche al produttore DJ Harsh con il quale Gué ha iniziato quest’avventura addirittura nel 2006, serie di mixtape di successo arrivata al quarto capitolo, decisamente il più esilarante, è merito suo se le sonorità questa volta non sono sporcate dalla trap.

E non per pregiudizio contro quest’ultima ma perché la ripetitività stanca e ok, frasi del tipo “siam passati dai sassi al Sassicaia”, ok, si, abbiamo capito… Ma anche basta! In questo mixtape invece il risultato complessivo è molto più semplice e puro, rendendo più fruibile ed accessibile la zarritudine di Gué che, nonostante la ormai spiazzante assenza totale di contenuti di rilievo, di certo non è uno che non sappia scrivere essendo un veterano nell’arte del flow.

Il ritorno al rap di Gué e il quarto episodio della saga Fastlife, concepita con l’idea della velocità come tema di base, coincide con un momento in cui la trap stessa sta perdendo la sua spinta e così il Cosimo nazionale idealmente, usando una frase cara ai fan del rap old school, “riavvolge il nastro”, riportando il suo stile al 2015 quando con Squalo il rapper diceva “riportiamo questa roba in strada dove è nata”. E non a caso chi scrive ritiene che quello sia stato l’ultimo suo brano di valore prima della goffa immedesimazione nel “ragazzo d’oro” della trap italiana. Diciamo che forse quello di Squalo era il limite del catchy che si riusciva a sopportare.

Ora, questo non significa che sia un album consigliato e da ascoltare al di fuori dei cultori del genere: è chiaro che anche in Fastlife 4 troverete fondamentalmente lo stesso concetto “io sono figo” e “io scopo” ripetuto per 35 minuti, ma con delle varianti a tratti meno banali della media e con qualche impennata di stile. 

In particolare spiccano Denim Giappo con Luché, CO$¥MON€¥” con Vettosi, Champagne 4 the pain con Gemitaiz e Noyz Narcos, Fast life con la produzione elettropop di Bassi Maestro qui firmatosi con lo pseudonimo North of Loreto, e soprattutto Smith & Wesson freestyle con Marracash che ricorda come si fa, veramente, ad essere “king del rap” ultraquarantenni rimanendo credibili e potenti, ad esempio parlando di “variante baronese” e dichiarando: “se fai rap e vieni dalle strade / ho fatto più io per te, fratè, che il tuo vero padre”.

E anche la riappacificazione con Salmo dopo gli screzi via Social porta i suoi frutti, visto che in Alex riesce a rianimare anche il suddetto crossover-rapper sardo, anche lui un po’ vittima della vita da star degli ultimi tempi con un evidente perdita di densità di significato nelle parole, seppure sempre piazzate in modi impeccabili e indiscutibilmente fighi (vedi “se non fosse per il rap, sarei il plug, sopra il cup, da rehab, chiuso dentro SanPa a vita”).

La sua strofa è veramente travolgente e alza l’asticella con il suo flow cantilenante e urlato, qui insieme a Lazza nel brano più interessante come ispirazione, visto che è un pezzo sul tema del film culto Arancia Meccanica: “nella vita ho più di una passione, le droghe, l’ultraviolenza e Beethoven / Bevo Lattepiù seduto su un Range Rover / dico quello che voglio e su ‘sto foglio… / Killo tutti come Alex”.

Insomma, si tratta di un mixtape quindi un’opera leggera fatta per divertimento, ma piena di sostanza (almeno rispetto alla media della roba che sentiamo oggigiorno), di giochi di parole molto acuti, di citazioni e riferimenti culturali. Finalmente c’è dello stile per gli amanti del genere, e nonostante tutto ben venga Gué quando ritorna a fare quello che sa fare meglio: il rap vero. Forse dovrebbe essere sempre così.