C’è di “Plus”: il secondo capitolo degli Autechre del 2020

A ben vedere, sembra suggerirlo anche la copertina di Plus, nuovo album, secondo del 2020, pubblicato a sorpresa dagli AUTECHRE per Warp Records dopo soli venti giorni dal precedente Sign: c’è una evidente continuità con questo, di cui Plus costituisce l’ideale seguito, un secondo capitolo misterioso e interessante.

Non sappiamo se sia vero e se sia una voce attendibile, ma l’impressione è che sia plausibile quanto viene affermato da alcuni, ovvero che questa sorta di sequel del precedente Sign, che abbiamo cercato di descrivere qui, vada sovrapposto all’altro generando una sorta di ibrido.

Non sapendo se questa fosse la reale intenzione degli autori, sembra però facile vedere come l’album dalla copertina con il simbolo verde abbia qualcosa di uguale e diverso rispetto a quello identico ma con il simbolo arancione e quindi come l’uno costituisca la parte speculare e perfettamente complementare dell’altro, scagionando la prima delle due produzioni dalle critiche circa la mancanza di determinati tipi di suoni.

Infatti, nel secondo capitolo di questa ipotetica saga autechriana del 2020, troviamo tutto quello di cui il precedente album Sign mancava e quindi esattamente quello per cui era stato “accusato” dall’opinione comune, che ne aveva dato un giudizio di tradimento delle sonorità a cui gli Autechre ci avevano abituati.

I suoni più ovattati e al tempo stesso più stramboidi, le parti più glitch e quelle più rotonde, meno appuntite e rigide, quelle più metalliche, le ripetizioni ma anche le incredibili variazioni e i sottofondi tipici della musica elettronica di qualità che prescinde dall’incursione dell’ambient, sono tutti aspetti che sembravano mancare o essere quantomeno deboli in Sign, mentre qui abbondano e la fanno da padroni, dando proprio la sensazione di aver volutamente lasciato questa parte più succosa come post, come seguito del precedente lavoro.

Le atmosfere come quella di marhide, dub riflessivo e al tempo stesso perturbante nella sua regolarità martellante, rendono giustificato il rumore bianco di fondo usato anche nella precedente 7FM ic, mentr esuoni vagamente più metallici e strani sono presenti in DekDre Scap B e ecol4.

Come abbiamo già detto, le parti assimilabili all’ambient sono minori e decisamente più flebili, ridotte ad esempio a semplici evocazioni come nei cinque minuti tondi tondi di lux 106 mod, mentre prevalgono le sonorità tipiche dell’elettronica (vedi X4), seppure sempre di un certo tipo, avvolgente e ipnotica, come si evince dalla pomposa esle0 e dalla liquida TM1 open con il suo finale sperimentale sospeso.

Nel complesso quindi, seppure siamo lontani dalle cose migliori di quest’anno, si tratta di un riconosciuto e riconoscibile secondo capitolo, decisamente godibile, apprezzabile e forse migliore del primo.