Rimarrete incollati davanti al “CANALE PAESAGGI” dei Post Nebbia

In questi giorni confusi e stranianti è ancora più facile trovarci incollati a tv e altri schermi in uno stato di semi-dipendenza; perciò immaginiamoci inermi, quasi in uno stato catatonico, in una stanza buia, illuminata solo a tratti dal tenue bagliore di luce bianca del tubo catodico: è un po’ la sensazione che trasmette Canale Paesaggi, secondo album della band padovana POST NEBBIA, nata dalle esplorazioni di home recording di Carlo Corbellini, classe 1999.

Pubblicato il 23 ottobre per Dischi Sotterranei/La Tempesta, il nuovo album esce a poco più di due anni dal disco d’esordio auto-prodotto Prima stagione che già si era guadagnato l’attenzione della critica.

Canale Paesaggi è un concept album che esplora l’esperienza emotiva e sensoriale dello spettatore televisivo (e non solo), prendendo ispirazione dal flusso commerciale della televisione regionale, da alcuni scritti di David Foster Wallace e dalla nuova comicità americana dell’assurdo (Eric Andre, Tim & Eric).

Bassi funkettoni, potenti e roboanti, elementi soul e jazz, ritmi ipnotici, tastierine acide, un pop psichedelico di rara eleganza compositiva, sicuramente influenzato dallo stile internazionale di artisti come Tame Impala, Arctic Monkeys e MGMT ma che affonda le radici in quel territorio fra new wave e art rock di fine anni ’70 – inizi ’80 di gruppi indimenticabili come i Devo. A tutto questo si aggiungono un groove e alcune scelte melodiche di chiara derivazione black, con ispirazioni che vanno dai Thundercat a J Dilla, passando per Madlib.

A parte una certa ripetitività nello stile del cantato, che è comunque funzionale all’effetto straniante e al tema dell’album, Canale Paesaggi è un ottimo lavoro di una band promettente, che ha come forza la sublime capacità di spaziare tra sonorità diverse in una sorta di nebulosa musicale, creando un’atmosfera di sospensione come sanno fare in pochi, muovendosi tra il viaggio acido, l’influenza del cinema di genere degli anni’70 e una scrittura che a volte ha anche un sapore fumettistico, come in alcuni passaggi di La mia bolla

“Sto scegliendo i miei mezzi di informazione per confermare quello che so già, la mia bolla sono io e lei vede solo ciò che vedo io, progettando una piccola frottola per il Me di domani mattina”.

Qui per bolla si intende quella dei social network, una bolla che ci inghiotte e che ci portiamo dietro andando in giro, concetto che viene sottolineato con riferimenti espliciti all’algoritmo che ci governa e manipola, assimilato nel concept alla nascita della TV commerciale, che si regge sullo stesso principio di fondo.

Infatti, tutto si regge sulla metafora televisiva come si evince fin dall’intro, passando per il singolo dall’eloquente titolo Televendite di quadri brano sulla mercificazione uscito anche nella versione con la partecipazione di un rapper/cantautore di alto livello come Dutch Nazari – così come in Streaming, Interlace, Luminosità alta.

Il flusso è continuo ma costellato da intrusioni di dialoghi provenienti da programmi della televisione locale, da audiocassette e video di youtube, quasi con l’intenzione di dare la percezione che cambiare pezzo sia quasi come cambiare canale.

Canale paesaggi è come gli occhiali di John Nada in They live (1988) di John Carpenter, un filtro che ci mette di fronte all’evidenza di una realtà ormai sopraffatta dalla rappresentazione, occultata dalla finzione mediatica, o  il flusso di Blob, o la colonna sonora della Società dello Spettacolo di Guy Debord, o ancora la radiografia dell’esito drammatico di un conflitto che accompagna la storia del pensiero umano, quello fra realtà e rappresentazione, come nelle opere di David Cronenberg, George Orwell o Philip K. Dick.

Canale Paesaggi è dunque un album originale nella forma e nella composizione e molto interessante dal punto di vista del contenuto, che riesce ad essere moderno ma sperimentale alla maniera del progressive anni ’70, riesce ad essere elettronico e retro, funky e divertente ma profondamente riflessivo.

Canale Paesaggi è un canale nel vero senso del termine (e anche in più di uno) che ci trasporta in un altro mondo, nel suo palinsesto delirante, che ci tiene incollati a guardare questo miscuglio di verità e finzione, di percezione distorta e di lucidità a tratti, uno stato allucinatorio che però riflette la realtà della nostra vita, rappresentando benissimo quanto sia confusa.