Suona come uno scioglilingua il nuovo album dei Pentothal

“Sopra la panca la capra campa… sotto la panca la capra crepa”. Già dal titolo si capisce la bizzarria e la scanzonata originalità di una band come i PENTOTHAL.

È uscito il 10 Gennaio 2020 per MiaCameretta Records ed è il terzo lavoro dei frusinate Pentothal, giunto alle stampe dopo dieci anni dall’ultimo Nell’anno del Signore (Welcome Home, 2010).

I Pentothal sono una band nata nel 2004 composta da Toso (Alessandro Toto), Jean Paul (Gianluca Materiale) e Ciavarro (Massimo Di Palma).

Con all’attivo un EP (Toys del 2007) e due album (Buongiorno/Goodnight del 2009 e Nell’anno del Signore del 2010), i Pentothal hanno suonato un po’ in tutta Italia aprendo anche i concerti di vari gruppi tra i quali Bugo, P.G.R., Almamegretta, 24 Grana, A Toys Orchestra, Gino Fastidio e diventando uno dei gruppi di punta della Cantina Mediterraneo, locale underground storico della provincia di Frosinone.

Dopo lo scioglimento nel 2010 Jean Paul e Toso hanno dato vita ad altri progetti (Il Vicolo del Buonconsiglio, Nohaybanda e Radiocroma), continuando a pubblicare album e a suonare in giro.

Dopo la riunione nel 2016 sono tornati a scrivere nuovi pezzi confluiti nel disco Sopra la panca la capra campa… sotto la panca la capra crepa.

Questo album è composto da sette brani scritti dal cantante e chitarrista Alessandro “Toso” Toto e arrangiati dal gruppo tutti insieme.

L’album si caratterizza per la sonorità particolare che suscita la simpatia di una filastrocca con il delirio e la sensazione di perdersi nei suoni. Insomma ha lo stesso effetto di uno scioglilingua come quello presente nel titolo.

Infatti la title track, è un pezzo rock allegro che usa il suddetto famoso scioglilingua per destabilizzare l’ascoltatore e poi trascinarlo in una melodia quasi da inno. Le soluzioni sonore, farcite di espedienti vari e inserti campionati qua e là, sono fantasiose e ispirano simpatia.

I Pentothal si muovono tra sonorità sincopate e misticheggianti, tra un pop molto ritmato e l’elettronico e soprattutto tra paesaggi, scenari e visioni bucolico-oniriche nel singolo In arte Giumenta.

Elementi di musiche dei videogame anni 80/90 costituiscono i Grilli per la testa che danno il nome al terzo brano, che per struttura e tipologia evocativa ricorda qualcosa di recente dei Tre Allegri Ragazzi Morti.  

E rimangono in testa e anche Sulla testa, citando la canzone successiva, un mid-tempo straniante ma a tratti coinvolgente con il suo retrogusto elettronico.

Puttana Eva, forse la migliore del disco, è una ballata acustico/elettronica un po’ folk un po’ futuristica che trascina l’ascoltatore.

Poi c’è Domenica di Ferragosto, dove aleggia tra gli accordi l’ombra del Tom Waits della trilogia di Frank (Swordfishtrombones, Rain dogs e Frank’s Wild Years). Sembra quasi una colonna sonora di qualche serie televisiva.

Infine Il falò ci scalda con il fuoco del reggae, unico pezzo dal genere classico e ben definito, chiudendo magistralmente il disco con un’atmosfera più rilassante che va a sovrapporsi e unirsi alla vena malinconica presente per tutto l’album, prima di sfociare in una vera fiammata di rock dal sapore estivo di falò sulla spiaggia, arricchita solo con qualche lieve ma incisiva e apprezzabile presenza elettronica.

In generale i testi sono surreali e criptici, decisamente leggeri. Ma la vera forza sta nella varietà e nel collante musicale che tiene insieme i tanti strumenti usati quali chitarre, basso, batteria, piano, ukulele, sintetizzatori vari, percussioni, rumori vari, senza poter essere catalogata in un genere in particolare.

Si tratta insomma di un disco che non si fa portatore di grandi messaggi o esplosioni sonore ma in cui emerge al contrario la tendenza e la preferenza verso la capacità non comune di lasciarsi ascoltare e farsi apprezzare rimanendo in sottofondo, come ambiguo accompagnamento, che piano piano conquista per il mix sonoro e la fluidità d’insieme, per l’atmosfera vagamente ipnotica che sa evocare, mantenendo sprazzi di ritmo propriamente rock.