Sanremo 2019: una prima serata piatta, per intrattenimento e musica

Abbiamo assistito ieri sera alla prima lunghissima serata della 69° edizione del Festival di Sanremo, resa ancor più interminabile dalla generale piattezza dell’insieme come dei singoli.

Peccato perchè le premesse per fare bene c’erano tutte: diversi artisti non prettamente sanremesi, due conduttori dalla battuta pronta…e invece no.

Partiamo proprio dall’aspetto dell’intrattenimento: Bisio e la Raffaele sono sembrati contratti, bloccati. I siparietti tra una canzone e l’altra molto simili a quelli, stucchevoli, della coppia Favino-Hunziker, ma con un anno di ritardo.

La scenetta del parlo io, parli tu l’avevano già fatta in conferenza stampa: era stata simpatica, riproporla l’ha resa noiosa e banale.

Senza contare il monologo di Bisio che doveva essere di satira sulla polemica Baglioni/migranti e si è invece ridotto ad una sorta di ridiamoci su e pensiamo alle canzoni

Anche gli ospiti dal punto di vista dell’intrattenimento non hanno aggiunto particolari emozioni: giusto da Favino non aspettarsi un nuovo toccante monologo come quello dello scorso anno, ma tra quello e la canzone dell’Arca di Noè ci passa tutto il mondo.

Ancora peggio se possibile Santamaria, in una riedizione del Quartetto Cetra infarcita di battute banali, continui scherzi sulla presenza di tre Claudio sul palco ma senza nulla di veramente divertente.

Meglio decisamente gli ospiti musicali, con l’esibizione di Bocelli padre e figlio decisamente interessante, ma forse caricata di troppe aspettative per essere davvero sorprendente. Solita grande professionalità invece per Giorgia, ma poca emozione da una voce del suo spessore.

Ma è la musica, quella che dovrebbe essere la vera protagonista del Festival, la vera delusione: pochi squilli, canzoni piuttosto piatte e che al primo ascolto non rimangono in testa.

Intendiamoci, non che lo scorso anno ci fossero brani destinati a diventare dei classici, ma tra Lo Stato Sociale, Meta e Moro, Annalisa, Nina Zilli…qualcosa di orecchiabile c’era. Oltre ai motivi di interesse per ritorni di band (Le Vibrazioni, Decibel) o per addii (Elio e Le Storie Tese).

Sia chiaro che le riflessioni in questo caso sono sulla mera esibizione di ieri sera e non su ulteriori ascolti di registrazioni in studio o analisi approfondite dei testi, ma le novità sono state più di genere che di reale innovazione.

Per questo che volendo usare il metodo del Festival, nella nostra ipotetica “zona rossa” finiscono Anna Tatangelo ed Arisa, più uscite da una colonna sonora della Disney che da un Festival di musica popolare. Con loro Francesco Renga, Patty Pravo con Briga, Ultimo ed Einar: tutti brani troppo sanremesi con l’aggravante di non entrare in testa subito e di non avere un cantato da pelle d’oca, che pure alcuni potrebbero permettersi, indispensabile quando si fanno cose già viste e riviste.

Doti canore che avrebbero messo in mostra i ragazzi de Il Volo, se non si limitassero continuamente ad un puro esercizio di stile ed armonizzazione. In fondo anche loro come Nino D’Angelo e Livio Cori, entrambi sembrati spaesati chi dalla canzone chi dall’ambiente.

Nel limbo della zona gialla invece Federica Carta e Shade, i Negrita, gli Ex -Otago, Nek e Simone Cristicchi: per loro un secondo ascolto potrebbe fare la differenza.

Seconda fascia anche per Achille Lauro, Mahmood e i Boomdabash: fedeli a loro stessi per quanto poco a fuoco in una manifestazione che preveda l’orchestra in tutti i brani.

In prima fascia, zona verde gli altri, anche se in alcuni casi più per demeriti altrui come nel caso di Paola Turci, Motta, Ghemon e gli Zen Circus, tutti convincenti a metà ma con l’impressione di avere del potenziale nascosto nei loro brani.

Chi invece non ha deluso le attese è il solito Daniele Silvestri, che potrebbe portarsi a casa l’ennesimo premio della critica, stavolta in condivisione con Rancore.

Buone sensazioni anche da Irama ed Enrico Nigiotti, entrambi capaci di tenere svegli il pubblico nonostante la tarda ora, soprattutto il secondo è sembrato davvero sè stesso e non l’ennesima copia di qualcosa.

Infine un po’ a sorpresa, ma neanche troppa, mettiamo tra i migliori anche Loredana Bertè che a parte il solito look discutibile, nonostante le gambe lo permettano, è sembrata uno dei pochi artisti veri in gara con una canzone cucitale addosso, quella si perfettamente, da Gaetano Curreri e dagli altri autori.

Se la prima serata doveva essere una sorta di anteprima per presentare tutti i cantanti in gara ci può stare, ma ci aspettiamo decisamente di più da un Festival che, sulla carta, ha tutti gli ingredienti per lasciare il segno.