La Brianza velenosa incontra la perfida Albione: il debut album “Be In” dei No Au, band psych rock di Monza

NO AU, il nome è tutto un programma: scimmiottando la formula inglese “Know How”, in una maccheronica imitazione della sua pronuncia, rende già l’idea della fusione e dell’accostamento improbabile presente nel progetto psych rock cantato in lingua inglese, nato nel 2012 da un’idea di Stefano Guglielmi, cantante e chitarrista.

Una band brianzola ma di ispirazione britannica, da Monza a Londra, dalla Lombardia all’Inghilterra, in bilico tra rock’n’roll classico, psichedelia, wave e shoegaze, suoni elettrici e influenze garage.

Dopo un primo EP autoprodotto (hElP, del 2012) e Breathing Bitter (side a), e dopo diversi cambi di formazione, ad oggi la band è formata da Stefano Guglielmi alla voce e alla chitarra, Francesco Rondinelli alla batteria, Alessio Cirillo al basso, e Be In è il titolo del primo album di inediti dei NO AU.

Registrato tra 2017 e 2018 allo studio Formicaudio di Mariano Comense da Giovanni Garzillo e Luca Vecchi, e masterizzato al Bluescore Studio di Milano da Marco Leo, Be In dei No Au è un’auto-produzione promossa da Costello’s.

I No Au hanno tra le loro influenze, oltre ovviamente ai Beatles, gli Oasis, i Black Rebel Motorcycle Club, i Rolling Stones, i Black Angels, i Dandy Warhols, i Nirvana, e The Brian Jonestown Massacre; si autodefiniscono una miscela sonora di decadi (’60 e ’90) e continenti, un composito di forme diverse dai medesimi colori, una dosata amalgama tra la Union Jack e la Old Glory.

Be In è l’EP di sette tracce che comprendono anche un’originale rilettura di una perla dei quattro scarafaggi di Liverpool.

I brani dal vivace rock’n’roll, contengono sonorità grunge, psichedeliche e shoegaze.

La brevissima prima traccia Red Moth parte con un tappeto di chitarre che si srotola per far eentrare gli ascoltatori nel vivo dell’EP, e poi subito con un’esplosione di suoni psichedelici, echi e distorsioni.

Horses vede entrare in scena la voce e dei riff ritmici marcati che sfogano nel ritornello. Molto interessante l’assolo di chitarra successivo al ritornello.

L’album raggiunge il suo climax con una canzone dal titolo evocativo e significativo: Purple Daze.

Cori di “Uh Uh” che ricordano i Blur e melodie più raffinate, seppure sempre nella distorsione, si mischiano nella ballad London Bridge, che trasmette nostalgia e tristezza, che si riflette anche in Norvegian Wood (This Bird Has Flown) e nella più riflessiva Magic Bus, che però, a differenza delle altre due, ha un ritmo orecchiabile, riconoscibile e dinamico che conquista da subito.

L’ultima traccia, la title track Be In, sta bene in chiusura in quanto, come una sorta di testamento musicale, rende perfettamente l’idea dell’identità di questa band, della profondità sonora e di tutto quello di cui è capace e con una cavalcata potente ricorda che il sottofondo su cui si muovono i No Au è si psichedelico, ma con un forte timbro rock, che trasmette una grande energia.