Intervista a Alice and Sons

Scoprire le band e aiutarle nella loro scalata al successo fa parte della nostra missione… Non potevamo quindi esimerci dall’intervistare gli Alice and Sons… Origini perugine e tanto da raccontare.

Come nasce il nome della vostra band?

Eravamo ad una festa, una di quelle in cui si beve troppo e si parla ancora di più. Tranne nella parte finale della serata, quando il cantante si è rivolto verso la batterista e, con voce pestata da ogni sorta di bevanda, ha detto “Mamma lasciami riposare ancora un po’ “. Da allora, Alice è la mamma; gli altri sono i Sons, suoi figli. La cosa scioccante risiede nel fatto che tutto questo è successo davvero.

Come vi siete conosciuti e cosa vi porta a suonare e lottare nel mondo della musica?

Chitarrista e cantante si conoscevano dalle elementari. Una di quelle amicizie pane e burro alla Forrest Gump. Avevano iniziato a far chiasso in una band thrash metal di nome Valkran, ma le idee mancavano. Poi un giorno il cantante vede questa biondona con gli occhi azzurri ad una rassegna teatrale del liceo e, scoperta la sua dote di chiassista tamburiera, la recluta per iniziare un cammino di chaos e poghi. Il nostro attuale bassista lo abbiamo trovato a caso: durante il nostro primo concerto è stato lanciato sul palco dai suoi amici e ha suonato con noi “Master of Puppets”. È un chitarrista molto bravo, ma gli abbiamo dato un basso e adesso fa scintille manco fosse un razzo V2. Ció che ci spinge ad andare avanti è
riuscire a far veramente capire ciò di cui parlano le nostre canzoni e riuscire a trasmettere la stessa voglia di vivere che abbiamo noi quando le suoniamo così da poter rendere migliore, anche se magari per poco, la vita di qualche persona.

A chi vi ispirate?

Ad Andrea “Braccio” Fortebracci e la sua banda di mercenari umbri. Vorremmo conquistare mezza Italia e far sì che tutti si ricordino il nostro nome. Perchè diciamolo, Fortebraccio era un figo

Come scrivete i vostri pezzi?

Scrivere un pezzo è la cosa più bella che ci possa capitare. Il cantante ed il chitarrista si ritrovano a casa dopo lunghe giornate di tediosità scientifiche ed iniziano a vomitare riff, bridges (non l’attore, le strutture) e assoli. Poi le parole vengono fuori da sé. Successivamente gli altri due membri del gruppo vengono al corrente di queste strutture e iniziano a lavorarci su per dargli un senso. Potreste paragonare questa organizzazione del lavoro al Taylorismo, o alla catena di montaggio post Rivoluzione Industriale. (Detto così fa figo).

Descrivetevi in una parola!

Ruggine

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