Arctic Monkeys – Tranquility Base Hotel & Casino

Se avete scoperto gli Arctic Monkeys con When the sun goes down e ve ne siete innamorati con Brianstorm per poi continuare a seguirli negli anni successivi mettetevi il cuore in pace, Alex Turner l’aveva detto ed è stato di parola: Tranquility Base Hotel & Casino ha sonorità completamente diverse dai dischi precedenti della band.

D’altronte il frontman aveva già anticipato che la genesi dell’album, uscito lo scorso venerdì, era avvenuta al pianoforte e da allora i brani erano cambiati poco o nulla. Infatti è proprio lo Steinway di Alex a farla da padrone a dispetto delle chitarre che ci sono, va detto, ma si limitano a “fare il compitino”: poca potenza, nessun assolo o quasi e soprattutto nessun riff ostinato e martellante a dare il ritmo ipnotico che eravamo abituati ad associare alla band di Sheffield.

Pur non essendo il classico stile degli Arctic Monkeys in ogni caso l’ascolto è piuttosto piacevole e suona come una colonna sonora più che come l’album di una delle rock band più forti degli ultimi anni. Ad eccezione del singolo Four out of five, Tranquility Base Hotel & Casino non presenta brani che saltano subito all’orecchio, proprio a sottolineare l’omogeneità di un disco pensato forse più per essere ascoltato nel suo insieme che per essere smembrato e dato in pasto alle radio un singolo alla volta.

Alcuni sostengono che l’album avrebbe giovato della scelta di uscire, come inizialmente ipotizzato, come lavoro solista di Turner ma in realtà il problema a tratti è proprio il cantante stesso che strizza l’occhio a Bowie e Lennon ma, almeno secondo chi scrive, riesce nell’operazione solo a metà non riuscendo a fare del cantato un valore aggiunto capace di coinvolgere l’ascoltatore al di là della musica come avrebbe dovuto fare un disco dalle sonorità molto più vicine al soul e al pop d’autore, con momenti anche lounge, che non al rock.

Il cambiamento rispetto al passato è stato in ogni caso una scelta obbligata a detta dello stesso Turner che si era ritrovato quasi prigioniero del successo degli album precedenti e in difficoltà nel produrre nuovo materiale utilizzando la chitarra senza cadere in qualcosa di già fatto o già sentito. Il risultato è però un album che suona sicuramente nuovo rispetto ai canoni della band, ma non in senso assoluto rimandando ad un mondo, anche musicale, un po’ retrò: elegante e raffinato certo, ma non privo di vanità e anche un po’ di autocompiacimento.

Probabilmente quindi dovremo valutare Tranquility Base Hotel & Casino anche sulla base di quello che sarà il futuro del gruppo dato che di sicuro si tratta di un album che mette un punto fermo prima di voltare pagina e ricominciare a scrivere la storia della band.

Quello che resta da capire è se sia stato un passaggio necessario per permettere ad Alex Tuner di liberarsi da un album che probabilmente covava dentro da tempo ma non aveva mai trovato il modo o il coraggio di far uscire ed era rimasto lì ad “ostruire” la sua vena creativa, in tal caso ci aspettiamo che torni ad essere l’originale mente dietro al successo degli Arctic Monkeys. Oppure potrebbe essere invece il punto di partenza per un cambio deciso di genere e stile: chissà che anche in questo caso non siano semplicemente loro ad essere, come 15 anni fa, in anticipo sui tempi.