Sanremo 2023: il pagellone del Festival

Non contenti dei voti dati agli artisti di questo Festival di Sanremo, abbiamo deciso di stilare un pagellone anche di tutto il resto di quello che abbiamo visto in questi giorni di kermesse:

10 – Fedez: dal dissing dalla Costa Smeralda al bacio con Rosa Chemical in finale, passando per il revival e la richiesta di legalizzazione con gli Articolo 31. Dal rapper messaggi forti mettendoci sempre la faccia e senza mai interferire con la presenza della moglie Chiara Ferragni. Prova di maturità.

9 – Amadeus: ha preso un Festival di Sanremo moribondo e l’ha trasformato in pochi anni in un evento da record per ascolti e partecipazione popolare, permettendo al Festival di entrare nel terzo millennio con solo una ventina d’anni di ritardo. Abilissimo a rispedire al mittente le critiche e le polemiche difendendo le proprie scelte e mettendo in evidenza la superficialità delle accuse, ha saputo gestire ancora una volta egregiamente imprevisti e situazioni scomode.

8 – Ornella Vanoni: non si capisce mai se ci faccia o ci sia, ma la sua presenza è sempre una di una irresistibile spontaneità e simpatia. Poi canta anche, con l’eleganza e la classe che l’hanno sempre contraddistinta musicalmente. Il bouquet di carciofi al posto dei fiori racchiude in una sola immagine tutto questo. Adorabile.

7 – Chiara Francini: la meno attesa forse delle co-conduttrici e l’autrice alla fine del monologo più interessante e meglio messo in scena della manifestazione, relegato in tardissima serata purtroppo. Nel resto del tempo simpatia senza eccessi, da prendere ad esempio per molti colleghi. 

6 –  Le canzoni: diciamocelo, nulla di memorabile nella proposta musicale di quest’anno ma, tranne forse pochissime eccezioni, neanche brani particolarmente noiosi o inascoltabili. Per il resto una vetrina che fornisce una panoramica abbastanza ampia della musica italiana del momento e la classifica finale alla fine lo dimostra.

5 – Fiorello: non presente sul palco ma sempre presente comunque. Si vede che vorrebbe più spazio e nelle gag sull’orario di inizio del suo dopo Festival (o Viva Sanremo che dir si voglia) c’è probabilmente più polemica di quanto non cerchi di dissimulare. Meglio comunque in questa versione che in quella degli anni passati dove risultava davvero ingombrante. Ma si può fare di meglio.

4 – La durata: avanti di questo passo i prossimi Festival potrebbe condurli Mentana, per quanto è esperto di maratone tv. 28 cantanti in gara sono tanti, soprattutto con tutti gli intermezzi e le pubblicità che li intervallano. Se poi ci aggiungiamo la componente televoto, finire dopo la 1 tutte le sere e talvolta dopo le 2 diventa ulteriormente deleterio.

3 – La lettera di Zelensky: tra boicottaggi e polemiche, la presenza del presidente ucraino a Sanremo era stata motivo di un hype straordinario ma alla prova dei fatti assolutamente immotivato ed eccessivo. La lettera presentata in finale, tra l’altro tardissimo, non trasmette nulla di più di quanto già non ampiamente noto. Un’esclusiva che così esclusiva in fin dei conti non è.

2 – Angelo Duro: Amadeus ammonisce i moralisti di cambiare canale prima dell’esibizione del comico siciliano, preannunciando un’esibizione provocatoria e sopra le righe. In realtà il monologo di Duro non punge particolarmente e non strappa grandi risate, risultando piuttosto fiacco, a maggior ragione dopo la premessa iniziale.

1 – Gino Paoli: l’età si fa sentire, sia nel cantare (che è ormai più un recitare) sia nel parlare, dove Amadeus e Morandi faticano non poco a contenere le uscite piuttosto imbarazzanti e fuori luogo. Autore di pagine indimenticabili della musica italiana, con apparizioni come quella della finale rischia di scrivere pagine molto meno edificanti della propria carriera. Meno cameo, più museo.