Intervista a Il Geometra

Il 20 Novembre 2015 il trio di Foligno Il Geometra ha dato alla luce il suo debut album dal titolo Ultimi: fresco e al contempo velato di malinconia. Li abbiamo intervistati per farci raccontare qualcosa sulla registrazione del disco e non solo. Buona lettura!

Allora ragazzi, iniziamo col dire che fin da subito avete stabilito un rapporto molto intimo con il vostro pubblico, che vi ha sempre sostenuto con grande entusiasmo. L’appoggio di chi vi segue è stato anche fondamentale per la realizzazione del video di ‘Restiamo Nascosti’, primo estratto, uscito il 15 Ottobre. Come avete vissuto la realizzazione del video, e come sta reagendo il pubblico a questo tour?
Il video di ‘Restiamo Nascosti’ è stata una delle esperienze più belle da quando abbiamo iniziato a suonare, proprio perché ci ha fatto capire quante persone sono disposte a dare il loro contributo per aiutarci, per nessuna ragione se non per un puro affetto verso di noi e la nostra musica. Già in passato avevamo cercato il contatto con i fan, ad esempio quando, per festeggiare i 2000 likes su facebook, ci siamo armati di buste, francobolli e santa pazienza e abbiamo spedito gli EP a chi condivideva il nostro video. Ma in quel caso c’era un premio da portare a casa, quindi l’adesione massiccia era giusificata! Questa volta invece noi pensavamo di ritrovarci con una manciata di video, 25 o giù di lì, e invece tantissimi hanno contribuito ed è stata una grande soddisfazione. Il sostegno del pubblico è fondamentale, è quello che di base ti permette di ambire ad una crescita: per quanto ancora siamo una band di portata modesta, non potremmo mai sperare di migliorare senza chi già ora viene ai concerti e canta le canzoni.

Se la popolarità aumenta a volte capita che si dilatino le distanze tra gli artisti e i fan. Cosa ne pensate? Come affronterete un’eventuale futuro per cercare di non interrompere questo legame?
In realtà questo interrogativo non ce lo poniamo momentaneamente, proprio perchè abbiamo il forte desiderio di rimanere in un rapporto quasi personale con ogni persona che ci ascolta. La scena indipendente è una nicchia di mercato che ti permette di non tagliare mai questo filo rosso: basti pensare al fatto che, per raccogliere i video spediti e montarli, abbiamo dovuto scrivere e rispondere singolarmente ad ogni ragazzo o ragazza che l’avesse inviato…più personale di così! Il distacco dai fan è necessario, anche per ragioni logistiche, ragionando su grandissima scala, ovvero quando arrivi a riempire le arene, gli stadi. Anche il gruppo indie con il maggior seguito può ancora permettersi di gestire i propri account sulle piattaforme di condivisione e di fermarsi a parlare dopo il concerto con tutti. Chi non lo fa è perché non lo vuole: non è il nostro caso, però, quindi per ora non ci pensiamo.

Ci raccontate l’esperienza di registrazione del disco? Come l’avete vissuta sulla vostra pelle, con tranquillità o con l’ansia da prestazione tipica della prima volta?
Senza dubbio registrare per la prima volta in uno studio così grande è stata un’emozione e ci ha causato anche parecchio stress. Ci siamo appoggiati per quattro giorni a Correggio, nel Dude Music, uno studio che ha costruito Luciano Ligabue nel ’95, e sono stati quattro giorni pesantissimi. Nonostante fossimo arrivati lì con le idee ben chiare soprattutto sulla parte elettronica, e avendo curato moltissimo la parte di pre produzione proprio in vista del poco tempo a disposizione, registrare tutte le chitarre, i cori, le tracce vocali è stato un lavoro duro e stancante con veri e propri “turni da miniera”. Sicuramente noi ci trovavamo spiazzati dalla portata del lavoro da affrontare, visto che l’EP era stato inciso in un’ambiente molto più rilassato, di semi-autorecording. Tuttavia siamo stati affiancati da professionisti con esperienza che hanno guidato il lavoro, e in effetti abbiamo finito anche in anticipo sulla tabella di marcia!

Parliamo dei testi dei brani, che vengono scritti sia da Jacopo che da Francesco: quello che fate è un raccontarsi o un raccontare una storia totalmente altra? Perchè a volte il confine è molto ambiguo, quindi quanto c’è di vissuto nei pezzi del Geometra?
Jacopo: Io ho un approccio tendenzialmente molto emotivo alla scrittura di un pezzo, quando scrivo c’è sempre del mio ma non è detto che non possa trattarsi di semplici suggestioni. Spesso queste impressioni, vissute in prima persona, si inseriscono poi nel quadro di tematiche, condizioni, momenti anche storici totalmente diversi da quelli in cui sono inquadrato io stesso: è il caso di ʻBanco Ambrosianoʼ e ʻPreghiera Rossaʼ, ad esempio. Direi che per me si tratta di un racconto filtrato dal mio modo di sentire.
Francesco: Il mio approccio è più autobiografico, sono sincero, ma ovviamente c’è sempre, insita nel fatto stesso di scrivere un brano, una certa ambivalenza del significato, ci sono più letture possibili. È questo in fin dei conti che permette a chi ascolta di sentirsi parte di una storia cantata da qualcuno che sta raccontando anche un pezzo di lui. Alla fine parlo spesso di me ma non parlo mai solo a me stesso.

Il disco si intitola Ultimi, e direi che il mood generale dei brani rispecchia perfettamente questo titolo. Ma voi vi sentite più gli ultimi dei dulcis in fundo o gli ultimi della classifica?
Effettivamente molti pezzi sono tarati su sentimenti un po’ di sconfitta, dipingono a volte scenari di goffa malinconia ma non di rassegnazione. Sdrammatizzare è fondamentale quando racconti storie di gente che ce l’ha fatta poco o niente. Per farti capire un po’ la situazione in cui ci sentivamo quando abbiamo scelto di chiamare l’album Ultimi, ti racconto questa storiella: immaginati di suonare in un piccolo festival provinciale con il tuo gruppo, ambiente tranquillo e molto rilassato. Caso vuole che, essendo la band un po’ più in vista tra quelle presenti, avete la fortuna di suonare nell’orario migliore. Siete tutti contenti, soddisfatti di voi… finché non arriva la cover band di Francesco De Gregori, tutti signori piuttosto attempati, che pretende di suonare prima di voi, nell’orario migliore e senza nemmeno offrirvi un caffè per esservi presi il disturbo. Come ti sentiresti? Noi l’abbiamo presa sul ridere, è stata una situazione quasi tragicomica e lì abbiamo capito che Ultimi era esattamente quel che faceva al caso nostro.

Mi sembra evidente, e le tracce parlano da sole in questo caso, che avete dedicato una cura molto maggiore ai dettagli grazie a un lavoro in studio meticoloso, e questo ha permesso di far emergere una forte vena electropop. Allora vi chiedo, quanto è importante per voi l’elettronica? E’ diventata –  o è sempre stata – centrale nel vostro modo di fare musica?
La musica elettronica è senza ombra di dubbio la nostra colonna portante, ciò che ci contraddistingue da qualsiasi altro progetto cantautorale. A dire il vero, però, non siamo molto esperti in questo campo, non è il genere che prediligiamo. I nostri punti di riferimento musicali sono ben altri, questa è semplicemente una veste funzionale che ci permette, come dicevamo prima, di sdrammatizzare e sopratutto ci caratterizza come band. Non a caso i nostri ascolti di elettronica rimangono al livello del nazional popolare, direi quasi trash a volte, però ci tornano utili, e Francesco che si occupa della parte elettronica riesce anche a renderli meno “imbarazzanti” – quasi sempre!

Ultima domanda a cui tengo molto prima di salutarci. Voi siete di Foligno, ed essendo anche io umbra so bene quanto quella zona non dia molte occasioni ai gruppi di farsi notare, salvando alcune fortunate e coraggiose realtà che gravitano intorno al perugino. L’ambiente è perlopiù soffocante e monotono. È stato difficile per voi partire da un terreno così ostico e sconnesso per cercare di inserirvi nella scena musicale?
Hai ragione, a volte l’ambiente non è dei migliori, ma bisogna precisare che negli ultimi tempi c’è più fermento: a parte Perugia, che ormai vanta una scena piuttosto fiorente, soprattutto grazie a chi ha faticato per costruirsela precorrendo i tempi, anche Foligno sta diventando un ambiente capace di ospitare grandi band in locali come il Supersonic e anche altri. Persino nel ternano le cose si stanno pian piano smuovendo. Il problema è che in Umbria talvolta il pubblico sembra poco reattivo a stimoli musicali che altrove generano un feedback mostruoso, c’è bisogno di molto più tempo perché si riesca a far breccia e cominciare a raccogliere i consensi e il calore che magari in altre zone d’Italia sono scontati. Noi personalmente siamo partiti da Foligno e dalle nostre zone ma ci è stato subito chiaro che dovevamo tentare di crearci un pubblico altrove, altrimenti rischi di cadere in quel meccanismo malato che ti costringe a suonare per dieci anni nei soliti bar della provincia. A tutti gli effetti siamo stati anche molto fortunati, è poco più di un anno che abbiamo pubblicato ‘La Vita è un Tutto Sommato’, e già possiamo dirci abbastanza soddisfatti del risultato. Vedremo dove riusciremo a portare ‘Ultimi’.

Chiara Cappelli