APPINO – Grande Raccordo Animale

ETICHETTA | Picicca Dischi

GENERE |Indie/Pop/Cantautorato

ANNO | 2015

Sono sempre stato molto diffidente nei confronti dei progetti solisti di artisti che, presi all’interno della band di provenienza, apprezzo molto. Ne avevo già parlato qualche tempo fa nella recensione del disco di Capra, quindi non mi dilungherò oltre su questo punto. Fatto sta che in questo 2015 Appino, non pago del precedente “Il Testamento“, ha deciso che era giunto il momento di rilasciare qualcosa di nuovo mentre gli Zen Circus ricaricavano le batterie. Grande Raccordo Animale è il titolo di questa nuova avventura del quasi quarantenne pisano, un disco formalmente diverso dal precedente, sia per l’approccio ai testi che per quello alle musiche.

Devo fare una doverosa premessa: aspettavo questo nuovo album di Appino con la stessa gioia con la quale si aspetta il momento della propria morte, si sa che prima o poi dovrà arrivare ma si spera sempre che sia più poi che prima. Il precedente disco non mi era piaciuto per niente, pezzi piatti, di cui alcuni orrendi (ce la ricordiamo “1983“, vero? Che io a un certo punto credevo di aver scaricato il nuovo di Jovanotti) e quelli che si salvavano, oltre a contarsi sulle dita di una mano (non una mano qualsiasi eh, direi più la mano della moglie dell’ometto dall’accento straniero protagonista del racconto “La Scommessa” di Roald Dahl), non erano niente di che e finirono presto nel dimenticatoio, insieme all’ultimo disco del Teatro Degli Orrori e a Dragostea Din Tei.

Arriva il 26 maggio e, con la stessa sensazione che provavi da ragazzo quando era il tuo compleanno e ti ritrovavi a scartare il regalo del parente di sesto grado che si rivelava essere una t-shirt dei Teletubbies perché “ti ricordavo più piccolo”, decido, con aspettative più basse di Peter Dinklage (non me ne voglia per questo paragone), di ascoltarmi questa versione 2.0 di Appino. Nonostante avessi la certezza quasi matematica che sarei andato a stroncare questo disco, è successo che, dopo poche tracce, mi sono dovuto ricredere. “Grande Raccordo Animale” è un disco sostanzialmente migliore del precedente, solare e al contempo pieno di ansia e insicurezze, con un approccio più intimo ai testi; un lavoro che vive di influenze sonore variegate, distinte ma mai separate. In una sola parola: pop, ma nel senso più genuino del termine.

La produzione è affidata a Paolo Baldini, produttore tra i più influenti della scena reggae europea, che ha lavorato, tra le altre cose, con gruppi del calibro di Africa Unite e Tre Allegri Ragazzi Morti. La sua presenza è chiara in pezzi come “Ulisse” o “L’Isola Di Utopia”, che risentono dell’influenza di sonorità mediterranee, in un mood che si lega spesso ai beat africani (non va scordato che il disco è stato scritto tra New York e il Nord Africa). Un tributo alla città che non dorme mai era doveroso, Appino questo lo sa bene, e la sua “ New York” inaugura la parte più rock del disco, testimoniata da pezzi come “Linea Guida E Generale”.

Dopo due pezzi evitabili come “Buon Anno (Il Guastafeste)” e “Galassia”, si arriva alla chiusura di questo “viaggio” con quello che probabilmente è il pezzo più divertente (e al contempo divertito) del disco. “Tropico Del Cancro” sembra quasi volersi riallacciare, con il suo assetto minimal (chitarra-voce-armonica), al sound degli Zen Circus, come se Appino cercasse di dirci: “qua finisce il mio disco ed è da qua che si ricomincerà con gli Zen”. In quest’ultimo brano c’è spazio per tutto, da una citazione di Ufo al solito mandarci tutti affanculo, per poi ricordarci che “l’ho già fatto e menomale, che forse mi ci pago il mutuo”.

Insomma Grande Raccordo Animale è un bel disco, probabilmente non diventerà un capolavoro e non lascerà il segno da qui a vent’anni, ma, ora come ora, è squisitamente piacevole, e a noi in fondo va bene così.

Francesco Canalicchio