Altre di B: intervista tra musica e sport

Abbiamo raggiunto gli Altre di B, band bolognese con all’attivo due LP, che il 27 maggio si esibisce al Circolo Magnolia per il grand re-opening in veste estiva della serata Linoleum, attenta osservatrice della realtà musicale cittadina e italiana. Il gruppo si muove agile tra i vari generi musicali, ma scopriamoli attraverso le loro risposte.

– Di solito i musicisti non sono esattamente dei prodi sportivi, invece voi avete chiamato “sport” il vostro secondo disco. Come mai questa scelta? Che rapporto avete con lo sport?
“La scelta del titolo Sport è prima di tutto una scelta sonora, diciamo che è una parola che suona bene, è globale, invariabile in tutte le lingue. Volevamo parlare di sport perché è una cosa che conosciamo da vicino, una cosa che pratichiamo a livello amatoriale e che, romanticamente parlando, rappresenta la grande metafora della vita: gli alti e i bassi, la perenne dicotomia tra vittoria e sconfitta. Abbiamo utilizzato lo sport per raccontare qualcosa di noi”.

– I protagonisti delle vostre nove storie/canzoni sono sia famosi sia anonimi, come le guide nepalesi di Sherpa, come siete arrivati a decidere di chi parlare?
“Il concept del disco nasce curiosando tra le scansie di una libreria. Ci ritroviamo in mano il libro di Justin Racz Cinquanta lavori più schifosi del tuo. Al peggio non c’è mai fine. Al primo posto di questa graduatoria compariva lo sherpa. La folgorazione. Scrivere un disco che parlasse di personaggi maestosi e al contempo privi di fama, uomini grandiosi e sconosciuti. Al di là di qualsiasi autocommiserazione, ci sembrava di parlare di noi e abbiamo deciso di intraprendere questa strada fino in fondo”.

– Musicalmente vi spingete su più direzioni, come definireste il vostro genere musicale? Come siete riusciti ad abbinarlo alle diverse discipline?
“Bellissima domanda. Più che la musica, abbiamo adattato i testi alle discipline: in base al personaggio o allo sport in questione, abbiamo scelto un certo tipo di registro. Nel nostro modo di comporre la musica viene prima di tutto il resto. Abbiamo messo sul tavolo i gusti di ognuno di noi, miscelando ad esempio l’elettronica dei Tv On The Radio alle batterie minimali dei Tokyo Police Club, includendo il tiro dei Cloud Nothings e la dolcezza dei Team Me. Ci piace andare ai concerti e prendere un frammento da ognuno dei gruppi che vediamo, le cose che ci piacciono di più proviamo a imitarle. Per questo, molto genericamente, ci definiamo indie rock. Che vuol dire tutto e niente”.

– Secondo voi la pratica di quale strumento potrebbe diventare una vera e propria disciplina sportiva?
“Non c’è dubbio: la batteria. Credo che il Comitato Olimpico ci stia lavorando per il 2016. Qualcuno ha anche avanzato la proposta di uno sport per i backliner: sollevamento mixer, corsa con gli amplificatori, tiro dei cavi, lancio delle aste microfoniche”.

– Siete di Bologna, una città che ha un notevole fermento di band, etichette, webzine, ecc. come la vedete voi dall’interno? C’è più vitalità rispetto ad una città come Milano?
“Ci consideriamo molto fortunati a vivere a Bologna, questo perché la cultura musicale non ruota attorno a un unico polo, ma è disseminata in una città relativamente piccola (non è strano infatti che si esca per vedere più di un concerto a sera): ogni angolo di Bologna ha il suo locale, il suo genere, il suo pubblico, tendenzialmente i calendari coprono sette giorni su sette. Fantastico. Diciamo che c’è varietà e grande apertura verso l’estero, la scena internazionale. E credo sia uno dei motivi per cui a Bologna ci sono centinaia di band, come Forty Winks e My Awesome Mixtape che hanno aperto nuove vie, e molte opportunità per esibirsi. È una città-spugna che assorbe un grande patrimonio di conoscenze musicali. Sotto questo punto di vista non conosciamo Milano, ma conosciamo i suoi gruppi e gira voce che se vai bene a Milano hai trovato la quadra nell’arena musicale”.

– Vi vedremo sul palco della serata Linoleum, che ha portato nell’ultima stagione sul palco del Rock And Roll e ora del Circolo Magnolia, molte band del milanese e dintorni, spesso giovani e sconosciute. Quanto è importante supportare la scena locale? Cosa si può fare per far emergere all’attenzione la proposta musicale al di fuori dei soliti schemi?
“A Bologna c’è grande sostegno tra i gruppi, i gruppi vanno ai concerti degli altri, c’è una scena in questo senso. Supportare la scena locale è importante per alimentare, per invogliare, per stimolare: supportare significa dare un’opportunità a tutti. Per emergere c’è solo una soluzione, fare delle belle canzoni, non crediamo ci sia altro. Va bene, mettiamoci un po’ di fortuna, un po’ di sfacciataggine, un po’ di moda, un po’ di carattere: ma quello che conta è la musica. Musica che raccolga trasversalmente il consenso di tanti”.

Il miglior consiglio che possiamo darvi è quello di non perdervi questa band, promette di fare faville.