Noel Gallagher’s High Flying Birds – Chasing Yesterday

Da quando il fratello Liam ha sciolto i suoi Beady Eye nello scorso ottobre, ai fan degli Oasis non resta che gettarsi tra le braccia e le note di Noel Gallagher e dei suoi High Flying Birds.

Ecco quindi arrivare “Chasing yesterday”, il nuovo lavoro del “collettivo”, come lui ama definirlo, capitanato dal 47enne di Manchester, in uscita il 2 marzo per la Sour Mash. Il titolo dell’album è ripreso dal testo di “While the song remains the same”, uno dei pezzi del disco, dove Noel, nella prima strofa, canta: “we let love get lost in anger, chasing yesterday”.

Il disco si apre con “Riverman”, traccia che lo stesso Noel afferma essere la sua preferita dell’album, e che, con il suo giro di basso semplice ma efficace ed il suo ritornello accattivante, ci porta per mano attraverso i suoi cinque minuti e quaranta di durata, passando per un assolo di chitarra dal chiaro profumo Pinkfloydiano, per poi lasciarci in balia di un sax che, secondo lo stesso Noel, come dichiarato in un’intervista con il magazine NME, “sembra uscire da una stanza piena di fumo del 1963”. La traccia successiva “In the heat of the moment” è stata scelta sapientemente come primo singolo grazie al suo ritmo trascinante e mostra il suo punto di forza, o di debolezza in base ai punti di vista, negli ipnotizzanti coretti.
Dopo un ottimo inizio, ecco che Noel si mette a strizzare l’occhio al fan medio degli Oasis con pezzi come “The girl with x-ray eyes” e “Lock all the doors”, che richiamano sotto più aspetti, a tratti forse anche in maniera eccessiva, il sound della compianta band.
Il disco prosegue con “The dying of the light”, ballatona classica arricchita da un pianoforte toccante che sembra quasi sfidarci a resistere fino alla fine senza versare una lacrima.
Uno degli esperimenti più riusciti è sicuramente quello del rock nudo e crudo di “The Mexican”, che unisce un sound old-school con lo stile che da sempre ha contraddistinto il musicista inglese, ma anche “You know we can’t go back” risulta essere una sfida pienamente vinta, con il suo indie-rock dalle tendenze pop che ricorda da vicino i primi Maccabees.
Chiude il disco la bellissima “Ballad of the mighty I”, collegata alla precedente canzone dalla traccia di piano, pezzo che mostra vari richiami alla disco music, con il suo ritmo sostenuto e il suo giro di basso molto “groovy” e che vede, tra le altre cose, la partecipazione di Johnny Marr degli Smiths alla chitarra.

The Chief non delude neanche questa volta, nonostante alla fine del disco rimanga la sensazione che, molto probabilmente, si poteva e si doveva osare di più: forse è giunto il momento di abbandonare i territori molto Oasis-friendly di alcuni pezzi e sperimentare maggiormente. Questo disco, ancor più dell’esordio, rappresenta un inizio, un primo passo verso un’evoluzione del
sound che speriamo che il maggiore dei fratelli Gallagher decida di intraprendere senza sentire la necessità di tornare sui suoi passi, perché come lui stesso ci dice nella penultima traccia del disco: “And it’s alright, but you know we can’t go back”.

Francesco Canalicchio

Tracklist:
1) Riverman
2) In The Heat Of The Moment
3) The Girl With X-Ray Eyes
4) Lock All The Doors
5) The Dying Of The Light
6) The Right Stuff
7) While The Song Remains The Same
8) The Mexican
9) You Know We Can’t Go Back
10) Ballad Of The Mighty I