The Kooks: un live tutto da ballare


C’era molta attesa da parte del pubblico milanese per questa data dei Kooks, non tanto perché questa era l’unica tappa italiana del loro tour europeo, quanto più perché i quattro ragazzi di Brighton non calcavano i palchi italiani dal lontano 2011.


Arriviamo al Fabrique poco dopo l’orario di apertura dei cancelli ed ecco che intorno alle 20:30 entrano in scena i Bleachers, gruppo al quale è affidato l’arduo compito di scaldare il pubblico prima del live dei Kooks. Il loro indie-pop riesce ad incantare gli intervenuti alla serata che reagiscono più che positivamente alla quasi mezz’ora di set della band. Probabilmente l’aspetto più suggestivo del concerto, al di là della musica, è stata la presenza, di forte impatto scenico, di due batteristi che suonavano in contemporanea sul palco.

Mentre il palco viene preparato per i Kooks ci guardiamo intorno e notiamo che molte ragazze sono in vestito da sera e tacchi, cosa abbastanza anomala per un concerto, quasi come se stessero per affrontare una serata in discoteca più che un live vero e proprio. 

Alle 21:15 il palco è pronto ad accogliere i quattro inglesi, ma ci tocca attendere un ulteriore quarto d’ora e alle 21:30 in punto i Kooks fanno il loro ingresso in scena come da programma.
L’apertura è affidata ad “Around Town”, pezzo estratto dall’ultimo album “Listen”, e subito notiamo che il gruppo, e in maniera particolare il suo frontman, è in gran forma: Pritchard salta, balla e dimostra di sapere come ci si muove su un palco. Spesso preferisce lasciar suonare le sue parti di chitarra al turnista della situazione, così da poter saltare da un lato all’altro del palco e fare delle mosse che ci ricordano a tratti il Turner dell’era AM. Anche gli altri membri del gruppo sono in ottima forma, soprattutto Hugh Harris, chitarrista, che spesso sorride e apprezza la partecipazione del pubblico ricordandoci che “you’re great”.
Il live scorre velocemente, la scaletta è ottima e ben dosata, non ci sono quasi mai punti morti e nonostante i pezzi dell’ultimo lavoro occupino la maggior parte del tempo all’interno dell’esibizione, c’è spazio per ripercorre l’intera discografia dei Kooks, con pezzi che vanno da “Junk Of The Heart (Happy)” a “She Moves In Her Own Way”, passando per “Always Where I Need To Be” e tanti altri successi.
Una piacevole sorpresa è stata la presenza in scaletta di “The Saboteur”, bonus track del terzo album “Junk Of The Heart”, pezzo riuscitissimo dal vivo nonostante il pubblico milanese non abbia risposto con grande entusiasmo.
Forse, se proprio si vuole trovare il pelo nell’uovo, si potrebbe dire che “Dreams”, presentata qui in veste acustica, ha perso un po’ in quanto la parte di synth della versione studio è stata invece cantata da Pritchard, lasciato solo sul palco, ma si tratta di una piccolezza che non ha intaccato la riuscita generale del concerto.
Molto interessanti sono stati anche i visual che passavano attraverso i diversi schermi presenti sul palco insieme alla band, cosa che ha contribuito a creare un clima decisamente affascinante.
Con “Forgive & Forget” i quattro escono dal palco del Fabrique, per poi rientrare qualche minuto più tardi e regalarci altri tre pezzi, tra cui una toccante “See Me Now”, con Pritchard al piano, e una scatenata “Do You Wanna”. La chiusura del concerto è affidata all’immancabile “Naive”, cantata a squarciagola da tutto il popolo del Fabrique insieme a Luke che infine saluta e ringrazia tutti.
Un’ora e trenta tiratissima e ventuno pezzi, questo è stato il concerto dei Kooks, un grande live per una band che è riuscita a dimostrare di non essere l’ennesimo fenomeno indie usa e getta ma, bensì, di sapersi rinnovare con saggezza, senza perdere l’autenticità che li ha da sempre contraddistinti.

Alcuni dicono che Pritchard abbia accennato a una data estiva in Italia prima di lasciare il palco, noi non l’abbiamo sentito, ma non ci resta che attendere una conferma ufficiale. Per ora possiamo dire che il concerto, tra le altre cose andato sold-out, è stato un successo, questo è poco ma sicuro.

Francesco Canalicchio

 

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Photo by Francesco Canalicchio