Buone notizie dal fronte del rap italiano: a opporsi alla trap c’è il rap metal degli Skill Gear

In Italia non c’è mai stata una tradizione né un precedente nell’unione di due generi diversi e caratteristici come il rap e il metal.

Se non consideriamo il nu metal dei Linea 77, le incursioni metal in alcuni pezzi di Caparezza, e qualche altro esperimento qua e là che rientra comunque nell’ambito del crossover rock, quindi non un vero e proprio “rap metal”, non esiste una strada già tracciata che possa definirsi propriamente tale.

Per questo è da ammirare l’album d’esordio Rage Kills degli SKILL GEAR, progetto romano, ideato dal rapper Ronin, autore anche del sito e delle grafiche, e dal produttore e musicista polistrumentista Milo Silvestri, responsabile di tutta la parte musicale e anche di missaggio e registrazione.

Il gruppo è formato poi da Valerio “Taz” Mondelli alla batteria e Valerio Bassman al basso. Nell’album è presente anche la voce di Monia Steri nei ritornelli di Ronin, MXM e Tigre Bianca.

Rage Kills è un album di dieci tracce, autoprodotto, appena uscito sulle piattaforme digitali, anticipato dai singoli Anathema, Medusa e Iceberg.

Come avranno notato i più attenti alle parole, il titolo, oltre a indicare la “rabbia che uccide”, è un anagramma del nome Skill Gear.

Fin dalla prima traccia Anathema e dalla seconda Ronin – il nome d’arte del rapper e autore dei testi, che indica “l’uomo alla deriva” nelle filosofie e nelle discipline giapponesi, in particolare quella dei Samurai – troviamo una dichiarazione di appartenenza a quel tipo di integrità morale e spirituale.

Infatti, proprio ricalcando le virtù del Samurai, contenute nel codice d’onore chiamato Bushido, in un video su YouTube Ronin enuncia Le 16 regole del rapper degno, che andrebbero veramente diffuse e studiate da chiunque si approcci al rap.

D’altronde, l’accostamento a elementi della cultura nipponica è presente anche nei titoli delle canzoni e in diverse altre scritte sul sito, accompagnati dalla traduzione in ideogrammi giapponesi.

Ma torniamo all’album: nei testi intelligenti, tra riferimenti all’Odissea e a Pirandello, i giochi di parole non mancano, come ad esempio in MXM:

“Non voglio RemoRe, come Romolo“.

Fin dalla scelta di una fusione di generi rara in Italia, troviamo una presa di distanza dalla trap e dalle mode del momento.

Lo sentiamo ad esempio in Medusa:

“Fuori moda, fuori dal coro, flow da fuoriclasse/ vado fuori per le note e vado fuori dalla classe”

oppure

“Quando compari tu mi compari ai compari“…

E soprattutto Lobotomia è un’invettiva contro i rapper e i trapper in voga al giorno d’oggi.

In essa affermano “andare a tempo non vi piace/vestirvi da donna quello sì che vi piace” e inseriscono un derisorio scimmiottamento dei tormentoni della trap (“eskere”).

Il ritornello, con un nu metal che fa pensare agli Slipknot, recita:

“Non conta il contenuto/non conta quanto talento hai tu/ conta quanto hai venduto/ ti contano soltanto le views!/non cantano i cantanti/ se tanto qui canta l’autotune/ qui nessuno è nato imparato/ tantomeno tu!”

Gli Skill Gear ci insegnano che bisogna essere Tigre bianca e in Fiore di loto prendono di mira la dipendenza dalla realtà virtuale.

Tyler Durden, riferimento a Fight Club, descrive bene la sensazione di chi si sente “solo nella folla” ed esprime una sorta di manifesto:

“We are not our jobs, we are art”.

L’ultima traccia Petrolio, rimanda all’omonima opera di Pasolini, collegandosi ad altre canzoni con riferimenti allo scrittore corsaro.

E come conclusione di tutto l’album viene ribadito il concetto chiave che lo attraversa in vari brani: l’arte come unica via di fuga.

A parte l’uso frequente dell’accento spostato che può suonare fastidioso, si può notare la bravura di Ronin nelle metriche e il flow veloce in extrabeat.

Gli incastri complessi si sposano perfettamente con i groove sincopati e la graffiante e potente chitarra a 7 corde di Milo.

Inoltre alcuni brani sono impreziositi dall’introduzione di bridge cantati e ritornelli come in Iceberg, che ricorda le canzoni dei Linkin Park o degli Hollywood Undead.

Quindi gli Skill Gear rappresentano un’ottima alternativa e un elemento di novità raro nell’ambito delle fusioni tra generi diversi, in cui si può e si deve puntare.


Andrea Picciafoco

Detto "Piccia", laureato in Filosofia, vive a Perugia, nel binomio tra natura e cultura. Infatti alterna passeggiate meditative nei boschi al consumo compulsivo di musica, libri, fumetti, film e serie tv, frequentando soprattutto concerti, librerie, musei, graffiti sui muri e Irish Pub. Cresciuto con il rap italiano, è diventato adulto (solo anagraficamente) con cantautori, rock, metal, folk, elettronica e vari altri tipi di suoni, andando spesso alla ricerca di quelli più strani. Fan sfegatato ed esperto conoscitore di Caparezza, che gli ha aperto le porte della percezione più di Aldous Huxley, ne ha fondato il Fan Club umbro (di Caparezza, non di Aldous Huxley; almeno per ora). Scrive di tutto, per dare sfogo ai suoi pensieri e uscire dal ricco e immaginifico mondo che ha in testa... O per entrarci ancora di più.

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