“Salve a tutti, noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia”. Il ritorno a casa dei FASK

Lo scorso 17 settembre, mentre un vento gelido si abbatteva su Perugia abbassando la temperatura di più di dieci gradi, travolgendo e trascinando via gli ultimi residui di estate, si percepiva elettricità nell’aria e non per i presunti temporali che le previsioni meteo paventavano; infatti in una delle parti più belle del centro storico perugino andava in scena quello che era non un semplice concerto, ma una sorta di celebrazione di una band che proprio qui ha le sue origini e il suo forte senso di appartenenza: i FAST ANIMALS AND SLOW KIDS.

Proprio a Perugia infatti, e non a caso, si è svolto l’ultimo concerto del tour È già domani ora, che ha riscosso grande successo in varie parti d’Italia e che dura da aprile tra club e location estive.

I FASK sono finalmente tornati a casa! E il tutto ha assunto un sapore celebrativo per questa band che è partita dal basso, nel panorama desolante e deprimente che Aimone e compagni hanno sempre saputo descrivere, in una città in cui non vedevano prospettive e piano piano sono riusciti a crearle, realizzando, tramite l’associazione dei Roghers (che hanno organizzato anche quest’ultima tappa perugina), un micro ambiente culturale teso a lanciare altre band e promuovere la scena musicale umbra.

E allo stesso tempo sono riusciti ad acquisire sempre più rilevanza e stima nell’ambiente rock nostrano, fino ad arrivare ad esempio all’idea, forse un tempo impensabile, di un featuring con Ligabue, ovvero “Il tempo è una bugia”, uscito proprio nelle ore immediatamente precedenti all’evento di cui stiamo parlando.

E non è un caso che quest’ultima tappa dei Fast Animals and Slow Kids si sia svolta ai Giardini del Frontone di Perugia, il parco vicino all’orto botanico della facoltà di Agraria dell’Università, punta estrema di confine del centro storico, dove negli ultimi anni si è tenuto il festival Umbria Che Spacca cioè la rassegna di artisti e band umbri che da anni si svolge grazie proprio ai Roghers e di cui abbiamo parlato qui.

E proprio nell’edizione che abbiamo raccontato è salita sul palco, lanciata forse per la prima volta a quel livello, una band allora emergente proveniente da Foligno, i MELANCHOLIA, un altro progetto musicale sui generis, e si potrebbe dire fuori dai generi, che ha raggiunto la fama a livello nazionale dopo aver conquistato tutti nell’edizione 2020 di X Factor, e che in questa data ha entusiasmato gli animi accendendo la serata in apertura ai FASK.

Quando sono apparsi sul palco e la cantante Benedetta con il volto coperto dal suo passamontagna a forma animale ha dato il via tendendo il microfono verso il pubblico, l’atmosfera rigida ha avuto il necessario riscaldamento.

L’energia esplosiva dei Melancholia è data proprio dal loro essere multigenere, mantenendo come costante solo l’elettronica straniante simil industrialdance con momenti che rasentano l’hardcore e sapendo poi spaziare con una elasticità e una fluidità veramente godibili tra rap, reggae, rock sia melodico che duro, in un crossover pazzesco sovrastato dal cantato di Benedetta che porta sempre a chiedersi come faccia a tirare fuori da quei pochi centimetri di volume occupato tutta quella voce e con quel volume!

La cantante si sente a casa, si vede, marca forse più del solito il suo accento, scende dal palco spesso, anche per buttarsi a cantare in mezzo al pubblico, o per prendere una sfogliatella e mangiarsela davanti a tutti, come farà poi anche Aimone Romizi dei FASK.

Fino a questo momento la bella cornice dei Giardini del Frontone al tramonto ha offerto un’atmosfera accogliente e ha reso il freddo accettabile. In un contesto probabilmente diverso dagli altri, non essendo parte di Festival o altri eventi, con il Frontone tutto per loro, si può notare come i FASK siano non gli ospiti ma i padroni di casa, i protagonisti celebrati da tutti, come in una festa di compleanno, con un ambiente personalizzato ad hoc per l’occasione.

E a questo punto, calata la sera, infiammato il pubblico, arriva il grande momento: le luci si spengono e rimangono illuminate solo le parole che spiccano tra le tante parole dei testi della band perugina scritte sullo sfondo del palco: “È già domani ora“.

Proprio con il sottofondo della title track dell’ultimo album, arrivano loro, i Fast Animals Slow Kids che iniziano a suonare e intonano invece Vita sperduta e poi Come un animale. E lì parte l’ondata di carica che travolge il pubblico e ritorna indietro, in un rimpallarsi continuo tra band e pubblico.

Già dopo i primi brani il pogo ha spostato gran parte della folla sotto il palco e Aimone si commuove platealmente. Nonostante la preponderanza di brani dell’ultimo album, ogni cosa che viene cantata all’unisono da Aimone e pubblico appare come la rievocazione di un ricordo, di una nostalgia.

Tutto procede spedito fino a Dritto al cuore e arrivando a quello che è il centro quasi “geografico” del tutto: Lago ad alta quota. Lì la partecipazione è massima, viene raggiunto il climax, come se avessimo tutti fatto quella scalata e fossimo arrivati in cima a quel monte dove Aimone e il tastierista Daniele Ghiandoni detto “Ghianda”, hanno avuto l’ispirazione per fissare il concetto di una bellezza fuggevole.

Quello che succede dopo ha dell’epicità ed è difficile da descrivere.

Aimone si tuffa sul pubblico e, come è abituato a fare sempre, si fa portare in giro in lungo e in largo fino ad arrivare in fondo all’arena dei giardini; non pago di questo, si arrampica e si va a godere il concerto da in cima a un lampione altissimo.

Tra i vari pezzi ormai di culto si avvicendano “Combattere per l’incertezza” e “Come reagire al presente” che sono coinvolgenti perché per molti facilmente associabili al periodo attuale. Poi “Forse non è la felicità“, portata avanti a lungo perché chiude la prima parte del concerto prima del bis, suonata con vari intermezzi e varie pause in cui Aimone parla di un sacco di cose evocative e di ricordi, sottolineando più volte con autoironia quanto questo concerto sia gestito dalla band in modo poco serio in quanto molto emotivo e dominato dall’idea di fare casino.

Poi ne succedono altre, tipo un ragazzo in mezzo al pubblico che timidamente si fa portare in crowd surfing e poi viene subito messo giù. Aimone lo vede e incita a fare le cose per bene “tirate su quel ragazzo… deve volare…deve arrivare qua!”. Il pubblico non se lo fa ripetere due volte, il ragazzo arriva sul palco e abbraccia tutti i membri della band, Aimone gli chiede “vuoi dire qualcosa?”. Lui ci pensa un attimo, si avvicina al microfono e cita il famoso brano dei FASK: “vorrei dire che questa stasera per me forse non è la felicità… Ma ci sono molto molto vicino”. La folla esplode in un boato.

Il concerto si chiude in bellezza con “Animali notturni“, “Cosa ci direbbe“, “Non potrei mai” e infine il momento più emozionante e atteso, il rito, il mantra, la formula identitaria ripetuta dai FASK in tutti i live e qui, ora, particolarmente significativa:

“Salve a tutte, salve a tutti… Noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia, seguita dall’esplosione del caos nel pubblico e del volume nel brano di chiusura “A cosa ci serve“.

Aimone torna a lanciarsi in mezzo al pubblico. Ringraziamenti. Fine del concerto con saluti commossi mettendo in sottofondo una ironica “Can’t help falling in love” di Elvis Presley rivolta al pubblico, con un siparietto e un finale a sorpresa anche per la band. Insomma, è tutta una grande festa in cui si respira grande emozione tra i fan perugini e non solo; infatti si sentono anche accenti molto diversi, di fan giunti da tutta Italia, il che significa che si è creata una community intorno a questo gruppo.

Un gruppo che, a prescindere dai gusti e dalle solite polemiche su quanto sia “commerciale” o si sia “venduto”, è sì sicuramente molto diverso da quello che era all’inizio, come può testimoniare il sottoscritto che lo ha visto nascere e crescere ma – e questo glie lo riconoscono in molti – ha qualcosa di vero, di schietto, di radicato come la passione per la musica e l’attitudine, lo spirito punk di quelli che se ne fregano della serietà e delle sovrastrutture e, partendo dal niente, hanno portato una ventata di freschezza genuina nel rock italiano.

Ben tornati fregis!