Intervista a Poket P*rno: la mia musica nè rap nè punk figlia dei primi 2000

È uscito all’inizio del mese Tutti Vogliono il nuovo singolo del progetto Poket P*rno, ultimo pseudonimo di Marco Pizzo, giovanissimo ma già molto produttivo artista milanese.

Colpiti da questo brano abbiamo deciso di fargli qualche domanda ed ecco cosa ci ha risposto in questa lunga intervista per il quale lo ringraziamo.

Intanto complimenti perché ho trovato il tuo progetto molto interessante. La prima cosa che mi ha colpito è il fatto che il tuo stile musicale solitamente appartiene molto più alle band che ai solisti, da dove nasce questa scelta? Pensi in futuro di ampliare questo progetto ad altri musicisti?

Hai ragione! Questo perché gli arrangiamenti sono stati pensati quasi allo stesso modo, ma resta un progetto solista perché sono stati realizzati e suonati interamente da me.
Dire che è stata una scelta sarebbe decisamente vanaglorioso da parte mia! È stato un processo guidato dal principio della libera sperimentazione, in assenza di altre menti che cercano a tutti i costi di condizionarti, cosa che ho vissuto invece nel progetto (rap) Marco Male.
L’obiettivo iniziale era unicamente quello di imparare a produrre ed arrangiare musica (acustica o elettronica) su di una daw. La produzione elettronica viaggiava a rilento e così ho deciso di registrare ogni rif di chitarra che mi fossi segnato durante lo studio, sia dello strumento, che della teoria musicale. Questo ha innescato un processo creativo intensissimo che mi ha “costretto” a dare vita al progetto Poket P*rno.
In due mesi ho scritto la musica di un disco e mezzo e mi sono subito messo a pensare a come sviluppare ogni altro aspetto del progetto, mentre parallelamente sviluppavo e pubblicavo anche l’altro.
Concludo dicendo che il progetto è già aperto ad una band di bravi musicisti a cui mi sento molto legato e che mi accompagneranno in ogni live che programmeremo d’ora i avanti, il primo dei quali sarà il release party del disco che sto per pubblicare!

Definirei le tue sonorità un po’ “distopiche”, nel senso che convergono molti generi ma non si sviluppano in nessuna delle direzioni “prevedibili”. Tu come ti definiresti? o in quale di questi generi ti senti più a tuo agio?

Riferendoti al distopico hai decisamente fatto centro. Pur non essendo per me un immaginario talmente rigido da non permettermi di averne altri, da non troppo tempo sono riuscito a razionalizzare una spiccata influenza, subita da bambino nei confronti di tutto quello che apparteneva a un mondo, che stava uscendo dal ventesimo secolo per affacciarsi su di uno nuovo ed essere drasticamente stravolto.
Ciò che, pensandoci adesso, mi affascina molto di quel periodo (parlo del primo decennio del 2000), è la verosimilissima lentezza con cui si stavano facendo progressi tecnologici strabilianti e come questo si riflettesse poi anche in ambito artistico su contenuti che compensavano ancora le carenze tecniche con il contenuto concettuale. E il cinema distopico (DIFFUSISSIMO in quegli anni) ne è un esempio lampante (V per vendetta, Fight Club, Truman Show, Matrix, Equilibrium, L’esercito delle 12 scimmie).
Io mi definirei una spugna di stimoli depositati nel subconscio che, ad intervalli più o meno regolari, riesco a razionalizzare sorprendentemente bene (rispetto alle mie aspettative s’intende). Credo di aver assorbito talmente tanti elementi dal mondo esterno, soprattutto inconsciamente, osservando le cose anche per noia, che quando realizzo qualcosa queste informazioni inconsce si manifestano per permettermi di realizzarla meglio, non è quasi mai frutto di un calcolo.
Quando queste informazioni emergono poi, non perdo tempo e le razionalizzo, così da poterle utilizzare anche consciamente e con più controllo, approfondendo generi e anche tecniche se riesco.
Dovendo trovare una quadra tra i generi che sento più caratterizzanti per me in questo momento, mi trovo a metà tra il grunge dei Nirvana e il garage punk dei The Hives, ma è un riassunto davvero simbolico!

Anche per gusto personale l’ultimo singolo Tutti Vogliono è quello che ho trovato più interessante: è effettivamente un’evoluzione frutto di una tua crescita e di una tua ricerca musicale o semplicemente è l’ultimo in ordine di tempo e ci saranno altri brani che andranno in direzioni diverse?

In realtà le canzoni del disco (Tutti Vogliono LP) che sta per uscire sono state tutte concepite quasi contemporaneamente: in due mesi e mezzo ho scritto la musica (anche di canzoni che non faranno parte di questo disco) e in altri tre mesi ho scritto e registrato i testi. Ho scelto le strumentali da mettere nel disco basandomi sull’affinità e sull comune potenziale riflessivo che dimostravano.
L’ordine con cui sto pubblicando i singoli del disco deriva dalla scelta di una comunicazione che vada ad incupirsi progressivamente, come la visione della vita che ho sviluppato nel tempo, ma soprattutto come la “storia” che racconto e che si riflette ulteriormente nel passaggio da una stagione luminosa come l’estate ad una decadente come l’autunno.
Come ho anticipato ho già scritto della musica che non ritenevo inserirsi bene concettualmente all’interno di questo disco e che ho destinato a un altro contenitore. Per questo motivo vi direi assolutamente di aspettarvi delle evoluzioni future nel contenuto, che non siano comunque da interpretare come un cambio drastico e irreversibile, quanto piuttosto come un ampliamento degli orizzonti.

Dal punto di vista del testo c’è una forte critica alla società attuale e alla volontà/necessità di apparire a tutti i costi. D’altra parte, però, anche i messaggi più scomodi e di protesta hanno bisogno di visibilità, come si conciliano secondo te questi due aspetti?

Ti faccio i complimenti perchè la domanda che mi stai ponendo ho dovuto pormela più volte per capire quanto effettivamente mi dovessi sentire a mio agio nel trattare le tematiche che tratto e quanto invece avrei dovuto ritenermi un ipocrita. La soluzione che ho trovato al paradosso retorico, è stata quella di additarmi come parte del problema, perché non sono né più né meno delle persone che commento.
In questo modo almeno trovo un perno attorno al quale girare: la consapevolezza di far parte delle persone che riconoscono il problema e che ne parlano ad alta voce, pur facendo esse stesse parte del problema.
C’è da dire poi che un conto è la visibilità fine a sé stessa. Un conto è la visibilità fine a far fruttare il sangue sputato su qualcosa a cui si tiene più di sé stessi, trascurando ogni altro aspetto della propria vita.

Sei piuttosto giovane, quindi sia il punk-rock che l’emo hanno vissuto il loro periodo migliore (almeno in Italia) quando eri appena nato più o meno…da dove viene il tuo interesse per questi generi?

Credo che il mio interesse si sia sviluppato a livello inconscio proprio a causa dell’assorbimento in età infantile di parecchi input legati a quel mondo, come dicevo prima a proposito degli anni 2000 e del cinema distopico.
Ho un fratello grande, che saluto, e che quando avevo cinque anni guardava Mtv e il FestivalBar e questo ha sicuramente giocato un ruolo decisivo sul mio imprinting caratteriale e artistico. Senza contare che gli stessi film di quegli anni avevano ancora molte sincronizzazioni del genere (Evanescence, Linkin Park, White Stripes).
Sempre mio fratello poi mi ha iniziato al punk rock (Blink 182 e Green Day) quando avevo 12 anni e stavo fondando la mia prima band.

Molto più contemporaneo è invece il successo del rap in tutte le sue varie declinazioni, hai scelto di usarlo per dare appunto più “modernità” al tuo stile o solo per quello che ti dà a livello di testo, sia dal punto di vista dell’uso che dei contenuti?

In realtà il motivo per cui suono così marcatamente rap è proprio che ho un progetto parallelo rap (Marco Male) che sviluppo ormai da anni (praticamente da quando a 16 la mia band si è sciolta) e io stavo cercando una chiave espressiva che mi permettesse di sbloccare un nuovo processo creativo, più originale e lungimirante.
Poket P*rno si è aggiunto da relativamente poco tempo (un anno e mezzo), ma non lo avevo in programma e non è stata una decisione frutto di calcoli e studi del trend, quanto pura necessità espressiva.
Per questo prima dicevo che citare Nirvana e The Hives è molto riduttivo, le mie reference provengono da almeno quattro macro generi diversi.
Credo che le differenze di Poket P*rno rispetto al suono canonico delle band si percepiscano per questo anche se velatamente.

Cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro? Altra musica e magari un album o punti a suonare live appena possibile?
Direi entrambe le cose! Il primo album firmato Poket P*rno uscirà il mese prossimo (la data devo ancora annunciarla) e in corrispondenza di quel giorno organizzerò un release party, a cui siete assolutamente invitati, e nel quale proietteremo una serie di videoclip che abbiamo realizzato per il disco suonando live il disco subito dopo!