I Lowinsky ci presentano i loro Oggetti Smarriti

È uscito lo scorso febbraio Oggetti smarriti, primo LP dei Lowinsky uscito per Artist First a un anno dall’omonimo EP d’esordio.

Abbiamo approfittato di questo periodo di “reclusione volontaria” per scambiare 4 chiacchiere, a dovuta distanza, con Carlo Pinchetti, frontman e penna della band che conta anche su Andrea Melesi alla batteria e Daniele Torri al basso.

Partiamo subito da Oggetti Smarriti, com’è nato questo album e come nasce in generale la vostra musica?
Allora Oggetti Smarriti è nato in diversi anni in realtà, perché alcune delle canzoni che ci sono state scritte nel 2015-2016. Noi abbiamo avuto un processo molto lungo, nel senso che abbiamo cambiato formazione tante volte, poi abbiamo fatto un Ep ma ci siamo dovuti fermare…Insomma una situazione molto travagliata!
Quindi alcune canzoni risalgono al 2015 altre sono state scritte invece a ridosso delle registrazioni: diciamo che questo disco copre un po’ tutto questo periodo, da quando è stata pensata la band a quando l’abbiamo realizzata.
Invece per quanto riguarda la seconda parte, a livello creativo funziona sempre che io scrivo le canzoni a casa, semplicemente su una vecchia acustica di seconda mano, solo chitarra e voce pensando alle melodie, ai testi e a un’idea di base della canzone. Poi la porto in sala prove, raccontando agli altri cosa ho in mente per la canzone e gliela faccio sentire… da lì ci lavoriamo assieme e a volte si realizza la canzone com’era in mente, altre magari la si stravolge completamente. Lì entra in gioco chiaramente anche la creatività degli altri componenti.

Accennavi già al cambio di formazione, cose è cambiato anche a livello pratico, rispetto al precedente EP da questo punto di vista?
Al di là dei rapporti umani e personali, quello che è cambiato di più rispetto al vecchio EP è che abbiamo un componente in meno e quindi una chitarra in meno. Questo all’inizio ci ha dato dato qualche problema perché le prime canzoni che avevamo scritto erano pensate per due chitarre quindi c’erano delle parti che si sovrapponevano che impossibile rendere con una chitarra sola.
Ci abbiamo lavorato un po’, ovviamente abbiamo dovuto semplificare e alleggerire, e abbiamo trasformato quelle prime canzoni per quattro elementi a canzoni per tre e vedendo che di fatto ci sembrava funzionassero, abbiamo iniziato a scrivere chiaramente canzoni per tre. E adesso devo dire che abbiamo raggiunto comunque un certo affiatamento tra di noi e la soluzione a tre ci piace molto, molto, molto di più: è molto più leggera, più semplice, sia dal vivo che in saletta…e poi ognuno ha un ruolo importantissimo nel senso che siamo proprio ridotti all’osso quindi ognuno deve fare la sua parte ben precisa.

Quindi anche sui brani vecchi meglio la nuova formazione vi piace di più? è più performante?
Sì, devo dire che all’inizio non è stato facile, però il risultato è molto soddisfacente e sicuramente adesso non vorremmo mai aggiungere un’altra chitarra.

Ho letto un po’ i vostri riferimenti musicali e sono tutte band straniere…non c’è davvero nessuno che vi piaccia tra quelle italiane?
Come riferimento direi di no, io personalmente ho sempre ascoltato pochissime cose in italiano. Di sicuro ci sono tantissime band italiane del nostro livello o leggermente sopra, ma molto molto underground diciamo, validissime e che apprezziamo tantissimo però ci consideriamo sulla stessa barca, non direi che rappresentano un riferimento.
I riferimenti miei personali sono inevitabilmente stranieri, l’unica band che ho ascoltato veramente tanto che canti in italiano sono i CSI, quelli li ho veramente consumati.

Siete arrivati a questo primo album da over 35, un’età piuttosto matura per gli standard attuali. Rimpianti o contenti di arrivarci magari con una consapevolezza diversa?
Intanto per noi è il primo album come Lowinsky ma in realtà negli anni abbiamo fatto un sacco di altre cose con altre band. Noi tre nello specifico suonavamo già assieme nei Daisy Chains di cui il primo album è del 2008 credo.
Essere arrivati come Lowinsky a fare il primo album a questa età è una cosa che mi piace molto, siamo riusciti a maturare parecchio nell’affrontare proprio i rapporti interpersonali nella band che non è cosa da poco.
Abbiamo trovato un equilibrio tra di noi, ognuno ha il proprio ruolo ben preciso ed è un ruolo che assume serenamente e siamo tutti ben felici di avere. Questo ci permette di rendere al meglio anche a livello artistico.
Questo primo disco è un po’ il prodotto di un momento di maturità, non tanto artistica, quanto di rapporti che porta come conseguenza ad una maturità artistica: non abbiamo più velleità di inseguire questo o quel suono, questa o quella band come magari poteva succedere qualche anno fa, semplicemente suoniamo delle canzoni che ci piacciono ed il risultato è questo disco.

Qual è stata la cosa più difficile e quella di cui siete più fieri nella realizzazione di questo disco?
Difficile devo dire che nel disco in sé non c’è stato niente, è stato veramente un percorso molto bello e soddisfacente. La parte difficile è stata quella prima quando diciamo che dopo il primo EP abbiamo avuto una serie di problemi personali e ci siamo praticamente dovuti bloccare per un anno.
E questo ha creato diversi problemi visto che era l’EP che doveva un po’ “lanciarci”, sempre inteso relativamente alla nostra dimensione, e farci arrivare al disco mentre in realtà abbiamo fatto una data e poi freno a mano, ci siamo bloccati per un anno…quella è stata un po’ una mazzata.
Però da lì da quando abbiamo poi ripreso e ci siamo rimessi a lavorare è stato tutto veramente molto naturale e facile anche perché abbiamo avuto la fortuna di fare il disco con un nostro amico, Giacomo Corpino di Whale Audio. Lui in pratica ci ha seguiti dalla sala, quindi dalle ultime fasi della composizione, fino alle registrazioni che ha seguito personalmente in tre studi diversi e poi al mastering…e a tutto!
Per noi averlo è stata veramente importante perché è stato come registrare il disco in caso tra di noi visto alla fine è un amico e di fatto uno della band in tutto e per tutto.
Poi abbiamo avuto la fortuna di incontrare anche Emanuela che dal suo punto di vista e su altri aspetti ha fatto la stessa cosa che ha fatto Giacomo, quindi di fatto siamo riusciti a creare un piccolo gruppo di lavoro che si è dato da fare al 100%, si è preso a cuore il nostro disco e ha reso tutto davvero molto bello e molto facile.

Come vive una band un periodo di isolamento forzato come questo?
Malissimo purtroppo, nel senso che siamo coscienti che debba essere così e lo facciamo di buon grado ed esortiamo tutti a farlo. Però nel contempo noi avevamo le prime date della tournée fissate proprio in questo periodo e quindi ce ne sono saltate di colpo 5 o 6, tra l’altro anche alcune delle più belle e a cui tenevamo di più.
Siamo riusciti di fatto a fare unicamente la prima data di release e già mentre mangiavamo dopo il soundcheck si discuteva e si andava a leggere le prime notizie, con Beppe Sala (sindaco di Milano, nda) che diceva di evitare la socialità e cose cose del genere e si scherzava sul fatto di dover suonare a breve… sembrava una cosa piuttosto passeggera, anche se qualche dubbio c’era già, e invece sappiamo come è andata…

Immagino che al di là delle date perse ci sia anche un impatto proprio sulla routine di una band: le prove, il trovarsi…
Eh si, salta tutto. L’unica cosa che possiamo fare è chattare… poi abbiamo un gruppo privato su Facebook con i nostri “fan” o comunque i nostri amici più interessati a noi, in cui ci scriviamo cose, ci mandiamo un po’ di video: adesso registreremo un paio di video acustici e li metteremo in quel gruppo lì… e cose del genere.
Poi a livello di scrittura avendo non dico parecchio tempo, perché essendo a casa con due bimbi di cose da fare ce ne sono, però riesco a ritagliarmi sempre almeno una mezz’ora al giorno in cui mi obbligo ad avere la chitarra in mano e suonare e scrivere quanto più possibile così da arrivare, quando finalmente si potrà tornare ad approfittare ognuno della della vicinanza dell’altro, ad avere una serie di canzoni pronte e poi da lì vedremo cosa fare.
Però non voglio sprecare tempo, quindi scrivo scrivo scrivo e poi vediamo.