“From Riff To Rap”: una serata all’insegna della musica black a Siena

Lo scorso 27 marzo nell’ottima ambientazione del Teatro dei Rinnovati presso il Palazzo del Capitano del Popolo in Piazza del Campo a Siena, all’interno della rassegna “Rinnòvati Rinnovati”, si è svolto un evento di quelli che rendono onore alla musica, intesa come parte integrante e sostanziosa della cultura.

Infatti, proprio all’insegna della cultura musicale, in una sorta di jam session/esibizione, si è tenuta una lezione, improntata tutta sulla pratica tramite numerosi esempi, sulla fusione tra jazz e rap.

Essendo nati da una matrice comune, l’ambito della musica afroamericana, dalla quale si sono poi evoluti e mescolati con altri elementi, ed essendo il rap, a sua volta, un’evoluzione del jazz, in quanto sviluppatosi dall’improvvisazione dei primi MC e dal riutilizzo di vecchi dischi da parte dei primi DJ hip hop americani, i due generi possono essere considerati fratelli, o padre e figlio, o comunque parenti molto stretti.

Seppure il rap, oggi tanto in voga tra i più giovani, abbia preso direzioni diverse e sia attualmente difficile da ricollegare alle sue origini, i due generi, fioriti entrambi nei bassifondi americani con uno spirito di reazione e di rivalsa delle minoranze afroamericane sulla musica mondiale, hanno delle somiglianze non solo nell’essere musica di rottura (finita poi per diventare musica settoriale a sé stante, con rispettivi canoni e rispettive sezioni del mercato musicale), ma anche dal punto di vista sonoro e delle contaminazioni reciproche, che è impossibile mettere da parte.

E questo perché il rap, nato improvvisando con i freestyle, quindi replicando la formula dell’improvvisazione che è proprio alle radici del jazz, e assumendo in seguito la forma delle strofe “parlate” nelle canzoni, ha una certa linea di continuità con lo scat dei jazzisti.

Ma soprattutto l’hip hop è caratterizzato proprio dalla mescolanza e rielaborazione di campionamenti di vecchi dischi da parte dei primi DJ e producer.

E ovviamente, appartenendo alla cultura black, quei dischi erano per lo più dischi jazz, funk e soul.

A evidenziare e celebrare questo passaggio e questa comunanza con la serata a tema “From Riff To Rap” è stato ALESSIO BERTALLOT, conduttore radiofonico, cantante e DJ, che in virtù della sua vasta cultura musicale ha selezionato dei riff estrapolati da classici della storia del jazz (e non solo) e li ha affidati alla rielaborazione da parte della band guidata da GIUSEPPE VITALE, pianista di 19 anni, considerato uno dei più grandi talenti della sua generazione in ambito jazzistico, LUCA ROMEO al basso e ELVIN BETTI alla batteria.

I beat così ottenuti sono stati poi rivisitati con i freestyle e le strofe di grandi successi di due rapper particolari: RAIGE e WILLIE PEYOTE.

Il primo, membro del gruppo rap One Mic, insieme a Rayden e al fratello Ensi, tutti esperti freestyler, che ha partecipato a Sanremo nel 2017 e che si caratterizza per i testi intensi; l’altro, Willie Peyote, è una delle migliori penne italiane in circolazione attualmente, consapevole, in virtù di un passato da musicista, del valore degli strumenti e che quindi inserisce la musica suonata nei suoi pezzi, che risultano così impreziositi e originali rispetto alla scena rap canonica.

Ecco allora che i grandi classici del jazz come Charles Mingus e Art Blakey, vengono reinterpretati aggiungendo ad esempio le strofe di Peyote 451 di Willie Peyote.

Ma anche composizioni italiane trovano spazio al Teatro dei Rinnovati, come le influenze nell’ambito del cinema con Ennio Morricone e la colonna sonora degli ‘Spaghetti Western’ di Sergio Leone, e la rielaborazione di Pino Daniele con il rap partenopeo, come Int’o Rione dei Co’ Sang, interpretata paradossalmente da un torinese doc come Willie Peyote.

E così, tra una reinterpretazione e l’altra, con strofe e ritornelli alternati tra le canzoni dei due rapper sul palco, con le strofe di Tutto Ok di Raige o Avanvera, Turismi o I Cani di Willie, si arriva alla chiusura in bellezza con Kind of blue di Miles Davis, il tutto sotto gli applausi scroscianti di tutto il teatro.  

L’unica pecca: è stato troppo breve, considerando soprattutto le infinite possibilità alle quali si prestava il tema della serata.

In ogni caso eventi come questo dovrebbero essere più frequenti, perché sono iniziative valide dal punto di vista formativo soprattutto per i giovani, e che restituiscono alla musica la giusta considerazione e il suo valore come cultura.