LAGS – Pilot

ETICHETTA| To Lose La Track

GENERE| Punk Hardcore

ANNO| 2015

Il dizionario Treccani alla voce “recensione” recita: “Esame critico, in forma di articolo più o meno esteso, di un’opera di recente pubblicazione”. Quindi un’analisi razionale o, in altri termini, una valutazione obiettiva di un determinato prodotto. Ecco, la mia recensione di Pilot, esordio discografico dei romani Lags uscito per To Lose La Track il 19 ottobre, non sarà nulla di tutto ciò.

Lo scorso luglio ho avuto il piacere, in occasione dell’Italian Party di TLLT, di ascoltare per la prima volta i Lags dal vivo. Non sapevo chi fossero, né cosa suonassero e inizialmente pensavo fossero i Dags ai quali avevano sbagliato a scrivere il nome sull’evento. Invece mi sono trovato di fronte ad un live unico ed esplosivo, al quale è succeduta immediatamente un’intuizione: il disco che sarebbe uscito di lì a poco sarebbe stato una delle sorprese dell’anno. Ed è andata proprio così.

Partiamo da un semplice presupposto: questo disco è una bomba. Punto. Già si potrebbe chiudere qui senza fare tante menate su quanto è figo quel pezzo e quanto quell’altro ma giustamente, arrivati a questo punto, una domanda potrebbe, in maniera del tutto lecita, sorgere nelle vostre menti: perché questo disco merita così tanto? Beh, perché “Pilot” è la risposta di J.J. Abrams al punk hardcore. Cerco di spiegarmi meglio: il punk hardcore, genere al quale può essere ricondotto il lavoro dei Lags, è uno di quei generi che, a detta di molti, ha detto tutto quello che poteva dire. Qui la questione centrale non è tanto quella di innovare un genere che, appunto, “ha già dato”, ma di prendere gli elementi che hanno reso vincente quel particolare genere e mescolarli con maestria, creando un prodotto onesto che allo stesso tempo ha, però, il sapore di qualcosa di fresco. Il che è, in soldoni, quello che Abrams ha fatto con Star Wars Episodio VII (tranquilli, niente spoiler). Consapevole del fatto che non avrebbe potuto superare la trilogia originale, il buon J.J. ha preso gli elementi alla base del successo della saga e li ha uniti in un prodotto nuovo ma dal retrogusto old school che rappresenta “una nuova speranza” per l’universo di Star Wars.

Bastano i primi secondi di “A Push And A Rush” per ritrovarsi immediatamente atterrati da un muro sonoro prorompente che ci domina per 29 minuti, mentre, al passaggio delle ottime “Solid Gold” e “Family Man”, si sommano i lividi sul nostro corpo. Ho particolarmente apprezzato, inoltre, il fatto che Andrew Howe, batterista della band nonché noto atleta italiano, non sia stato strumentalizzato ai fini di un successo magari più veloce ma sicuramente evanescente nel tempo. Insomma, l’episodio pilota ci ha convinto a realizzare l’intera serie. Ora non ci resta che aspettare le prossime incursioni della band sulle nostre televis-ehm, volevo dire sui nostri stereo.

Francesco Canalicchio