Oga Magoga: Apollineo e Dionisiaco si incontrano nel nuovo album

Vengono da Siena, si vestono di nero e vogliono rappresentare il Buio dentro il quale ci si può specchiare e amare: stiamo parlando degli Oga Magoga.

Si ispirano agli anni 60, al Beat, al Britpop inglese, all’Indie italiano ed internazionale, ascoltando e traendo ispirazione in modo maniacale da tutto ciò che gli capita tra le mani: BeatlesBeach BoysTelevision e Lucio Battisti ma anche FoxygenLemon TwigsTemples e Mac De Marco
Da tutto questo nasce ciò che loro chiamano BEATpastiche!, un miscuglio, appunto, di molte influenze.

Oggi vi parliamo di loro in occasione dell’uscita del loro nuovo album Apollineo/Dionisiaco, un disco che è allo stesso tempo eclettico e un ambizioso, il sogno ad occhi aperti che tutti vorrebbero vivere. Terzo di un concept di 4 album, racconta di Glauco -il protagonista della quadrilogia- e della sua fase di “uscita” da se stesso. 
Un album simmetrico, diviso in due parti, il lato Apollineo e il lato Dionisiaco, che specchiandosi, colloquiano tra di loro. 

L’album è racchiuso tra due parentesi, l’Intro e l’Outro, un crescendo e il corrispettivo reverse di tutti gli strumenti registrati e aggiunti ai brani durante un’avventura singolare, la vera particolarità di questo progetto e Album.

“L’odore della notte” è la terza traccia dell’album ma effettivamente la prima con testo; tra la malinconia del “non dormo quasi mai” e la spensieratezza dell'”odore della notte” sembra parlare ed essere collegata a “Il colore del mattino”, l’ottava del disco. In questa traccia Glauco è perso e come un vagabondo vaga senza meta per la città, fuori da se stesso, alla ricerca si se stesso.

“Euridice” segue i toni de “L’odore della notte”: il tema è questa volta quello della donna e dell’amore, ma i bassi e le chitarre sono sempre le protagoniste della base. Ricorrente è anche il tema della partenza e del ritorno, tema che in realtà funge da denominatore comune in tutto il disco.

L’altra faccia della medaglia di “Euridice” è “Penelope“, una canzone anche questa volta rivolta a una donna insicura, come tutti i personaggi del disco, che cammina anche se non sa dove andare. Una donna che è invitata a seguire il cantante, anch’esso senza una meta, a correre, a seguirlo e a nuotare.

In “Samsara Bar“, così come in “Synecdoche Pub” notte e giorno, sogno e realtà sembrano mescolarsi in una specie di isteria dell’autore. Il susseguirsi dei giorni, il tempo che passa, il tempo perso e la nostalgia sono i temi dominanti. Anche per l’accostamento di “Bar” e “Pub” i due brani sembrano rincorrersi e chiamarsi, come due amanti che si cercano senza trovarsi.

A metà disco ascoltiamo “Un giorno splendido“, una canzone apparentemente allegra e piena di speranza, ma che simboleggia in realtà la morte come stato mentale. L’abitudine, il funerale, l’uccisione di party e velleità, il non provare niente…suoni lugubri costeggiano il brano come campane e creano un’atmosfera inquietante e cupa.

Da suo contraltare c’è “Gayatri Mantra“, che simboleggia la rinascita. Una canzone lenta, quasi una ninna nanna, che accompagna l’autore e l’ascoltatore verso la fine di un viaggio, quasi come un dolce lamento. Una canzone molto diversa dalle altre ma che in un certo senso chiude il cerchio ed equilibra i due spiriti del disco: l’Apollineo e il Dionisiaco.