Intervista ai Revo Fever


I Revo Fever sono Aligi Nocerino, Edoardo Bassi, Costantino Orlando e Mauro Forester, quattro giovanissimi ragazzi milanesi con all’attivo tre EP ed un LP, “Più forte”, che ha appena compiuto un anno. Il 23 gennaio hanno aperto i FASK al Circolone di Legnano, prima di rientrare in studio per il loro prossimo CD. Qualche giorno dopo li abbiamo incontrati per voi.


Ci raccontate l’origine del nome della band? È vero che vi siete ispirati al saluto scritto in una lettera da Che Guevara a Fidel Castro?

Costa: Ci dissociamo da tutto quello che é stato detto in passato… e poi, chi cavolo è Che Guevara? (ridono) Abbiamo fatto un esperimento dadaista mettendo le lettere dell’alfabeto in un cappello e pescandole a caso, ma il nome che era uscito era impronunciabile così ne abbiamo scelto un altro: Revo Fever, appunto.

Quando avete iniziato a suonare insieme?

Eddi: Avevamo dodici anni, ma l’idea e il sogno di fare qualcosa insieme c’erano già, nonostante fossimo piccolissimi.

Qual è il primo strumento a cui vi siete avvicinati?

Mauro: Io dai cinque ai quindici anni ho suonato il pianoforte, alla batteria ci sono arrivato dopo.

E: Io sono sempre stato legato alla chitarra. La prima era una classica e mi è servita per imparare, soprattutto a suon di Beatles. Successivamente sono passato all’acustica e in ultimo a quella elettrica.

C: E pensa che per un certo periodo diceva che manco gli piacevano i Beatles!

E: Ecco gli amici stronzi che ti ricordano gli errori del passato…

C: Che sono un po’ come i genitori che mostrano le tue foto da bimbo alla morosa… Per me il primo strumento sono delle chitarre appese alle pareti di camera mia e suonavo le corde vuote senza neanche staccarle dal muro.

Aligi: Io invece mi ricordo di un basso abbandonato a casa di amici di famiglia che una sera ho tirato fuori dalla sua custodia impolverata. Al compleanno successivo mi hanno regalato una chitarra.

E invece come hai iniziato a cantare?

A: È stata una cosa naturale: una volta fatto il gruppo, serviva qualcuno che cantasse e praticamente senza accorgermene, davanti al microfono mi sono trovato io.

Sempre parlando del passato, qual è il primo ricordo legato alla musica?

E: Mio padre che ascolta “Atom earth mother”.

M: Mio padre sostiene che mi suonava De Gregori per farmi addormentare. Precisamente “Rimmel”.

A: Per me si tratta di un ricordo legato ad un aspetto più “fisico”: quando è nato mio fratello, mio padre aveva acquistato uno stereo gigante e l’aveva inaugurato proprio il giorno in cui mia madre era tornata dall’ospedale con mio fratello neonato.

C: La prima musica che mi ha gasato tantissimo fu la prima sigla dei Pokemon: una zarrata inenarrabile.

Fino all’uscita di “Fegato!” il vostro sound era paragonato a quello di band come Ministri e Fratelli Calafuria. Voi vi autodefinite hardcore blues, ma quali sono le vostre influenze?

E: Agli inizi eravamo decisamente influenzati dai gruppi che hai citato tu; col tempo, anche a causa di vicissitudini personali, abbiamo introdotto la chitarra acustica e di conseguenza abbiamo letteralmente semplificato il sound e quando vai alla radice del rock, arrivi inevitabilmente al blues. Da qui l’idea di usare la chitarra acustica in modo non convenzionale, un po’ più hardcore per l’appunto, mischiando così il nostro passato “pestone” con l’esigenza di semplificazione.

C: Ovviamente il nostro non è un hardcore classico, riconducibile al punk, ma è più nell’attitudine. Siamo solo molto Do It Yourself. Difatti ci siamo organizzati da soli il tour e abbiamo confezionato i CD con le nostri mani.

(ndr: anche se hanno risposto parzialmente, vorrei porre l’accento sulla questione del DIY che a noi di Rock and More piace molto. Sono proprio i sacrifici e gli sforzi fatti in prima persona che ti portano ai risultati. I Revo Fever hanno organizzato da soli un tour da 62 date. Altro esempio lampante del DIY che funziona, è l’etichetta To Loose La Track, della quale vi parleremo a breve.)

Chi vorreste diventare tra dieci anni? Avete qualche modello?

E: Io non so cosa farò domani, chissà cosa farò tra dieci anni!

C: Non voglio dirlo, questa cosa potrebbe essere usata contro di me. (ridono)

Come va il disco nuovo?

E: Per ora siamo all’inizio, in un momento in cui stiamo buttando dentro di tutto. Abbiamo un po’ di pezzi nel cassetto, ma anche idee per la nuova direzione, però nulla è definitivo. 

A: Stiamo sia mettendo che togliendo tanto… e questo è un indizio! C’è da fare tanta scrematura.

Quindi la vostra idea é di lavorare in presa diretta come avete fatto per gli album precedenti?

E: Sulla produzione decideremo quando i brani saranno più definiti. Per quel che riguarda la scrittura, vorremo fare qualcosa di molto notturno. La musica ha bisogno di tempo e noi vogliamo darglielo.

A: Non vogliamo fare un disco con tutto quello che ci piace, ma tirar fuori da quello che ci piace il necessario per fare un disco riconoscibile, distinguibile.

Che processo creativo usate di solito?

A: Stiamo cercando di mettere tutto in discussione. Per il vecchio album, “Più forte”, le canzoni sono state scritte principalmente da Eddi che le portava in sala quando avevano già una forma ed un carattere loro e poi ci si lavorava tutti insieme, a volte anche stravolgendole completamente. Ora invece vorremmo “sporcarci le mani” tutti quanti in sala.

E: Inoltre grazie a tecnologie come DropBox si possono sperimentare nuovi modi di lavorare ed è un attimo condividere le idee con gli altri. In questo caso serve un approccio un po’ più da musica elettronica: sei a casa e ti esce un riff di chitarra buono, lo registri e uploadi per farlo ascoltare agli altri. Così possiamo contribuire tutti senza dover essere nello stesso posto. Il prossimo album lo dedicheremo a DropBox!

Avete condiviso il palco con tante band (Sake Seed, Lombroso, Management Del Dolore Post Operatorio, FASK…). Con chi vorreste suonare?

Jack White!!! Queens Of The Stonage, Verdena… anche se avremmo un po’ di timore reverenziale. Oltre il possibile: Rolling Stones.

Come ascoltatori, invece, fate il nome di un artista che non c’entra niente col mondo rock.

C: D’Angelo

E: I Caribou

A: Nicolas Jaar.

M: I Beastie boys! E tutta la scena new soul… John Legend.

C: Rino Gaetano, Paolo Conte, Battiato, ma anche il primo Jannacci. Tutti per il loro modo sapiente di mettere l’emozione delle parole sul suono e sul senso.

E: Sempre a proposito del “togliere” e del semplificare, per noi la sfida è essere una versione due punto zero dei cantautori di cui parlava Costa: vorremmo usare meno frasi, ma d’effetto. Se loro erano molto narrativi, noi vorremmo raccontare delle storie attraverso dei dialoghi.

C: Il sogno è scrivere un testo per cui a nessuno venga in mente di chiedere di cosa stai parlando.

Dite quello che vi pare

Caraffa!!!

Emanuela N. Porro