“Pacifico”: l’energico album di debutto dei Bar Ponderoso

La band emergente dei Bar Ponderoso, un power duo formato da basso e batteria, decide di farsi conoscere per quello che è, pubblicando l’album di debutto Pacifico, in uscita il 16 Novembre con etichetta INRI. Ironicamente la parola Pacifico suggerisce un’idea di calma (se inteso come aggettivo generico) o di piattezza (se riferito all’Oceano), che al suo interno non troverete assolutamente.

Se già nell’EP Uno del 2016, del quale sono stati ripresi due brani, si notava un suono molto carico e forte, in questo primo full album, all’inizio della prima delle dieci tracce, Gisella, il ritmo è subito incalzante, sale seguendo il volume della voce, quindi arriva a esplodere con il ritornello, poi si riabbassa e diventa sempre più movimentato.

Il testo della seconda traccia, la title track Pacifico, delinea il concetto di un oceano come quello omonimo, dichiarando “La vita su di un’isola è un’eterna siesta, no, non fa per me”, mentre il suono crea a sua volta un mare musicale fatto di onde rock vibranti e aggiunge al forte ritmo, caratteristico della band, quello vertiginoso del basso che qui si fa sentire in modo preponderante.

La terza canzone, della quale è uscito il video, C’è qualcuno, è un’invocazione di qualcuno in grado di “sentire”, di essere reattivo alla pietra che i Bar Ponderoso vogliono scagliare come uno sfogo tra il rock e il punk, in cui il ritornello e i riff hanno una carica veramente coinvolgente, amplificata da voci e suoni registrati inseriti nei punti giusti. Il testo appare studiato per risultare puramente provocatorio.

La quarta canzone Festa pt. 1 è concepita come un documentario che descrive in modo molto lucido la scarsa lucidità delle feste di paese, nello specifico quelle del santo patrono, attraverso un testo geniale: “spariamo i botti […] non piace ai cani ma a noi piace sprecare i soldi” e “festeggiamo una persona nel compleanno della sua morte”.

Dall’atmosfera ruvida di Una Diana e più niente, si passa a Andres (per un autogol), la triste storia di Andres Escobar, un calciatore colombiano ucciso per via di un autogol, che sembra l’unica pausa nella frenesia e durezza complessiva dell’album, salvo poi tornare a impennarsi a un alto livello di hard rock nel finale.

Interessante poi il conflitto tra il senso di appartenenza alla meridionalità e la vita a Milano, esasperato, anche nel titolo, di Mi vs. Me, così come la svolta psichedelica nell’ultima traccia, la strumentale Festa pt. 2.

In generale si nota la presenza delle chitarre di Gianluca Bartolo de Il Pan del Diavolo, così come quelle di Cappadonia e Johann Sebastian Punk, a rafforzare il basso in diverse tracce. Le atmosfere sono spesso cupe ma anche aperte a momenti di ballabilità scatenata, più raramente calme, sempre dure, mai banali. Il ritmo al tempo stesso trascinante e aggressivo, che cattura come l’artiglio di un predatore.