Intervista ai FASK: grazie Filagosto, qua siamo a casa

Abbiamo incontrato i Fast Animals and Slow Kids, per gli amici FASK, nella loro seconda casa ovvero il Filagosto Festival per una breve chiaccherata sul nuovo album Animali notturni e non solo.

L’ultimo album ha un suono un po’ diverso dai precedenti, è quello che cercavate o è un primo stadio di un’evoluzione non ancora completa?

In musica niente è un punto d’arrivo. È essenziale essere sempre al bordo di un burrone, sempre in difficoltà e protesi verso il superamento dell’ostacolo.
È un percorso d’evoluzione fortemente cercato da noi, questo suono qua è proprio quello che volevamo, lo stavamo cercando già dal disco precedente, anche se ci mancavano le competenze tecniche. Questo disco ci ha permesso di ampliare l’orizzonte sonoro, proprio perché ci siamo confrontati con un produttore, cosa che non ci succedeva dal primo disco.
Sono avvenuti una serie di incastri magici che ci hanno permesso di ottenere il risultato che volevamo e che ci slancia verso un passaggio successivo che era quello che ricercavamo profondamente.
È un suono diverso, ma che a noi suona come la storia della nostra vita che va avanti.

Sui social ci sono state parecchie polemiche di chi definisce Animali Notturni un album troppo “morbido”. Visto l’ottimo rapporto che avete con i fan, ve le aspettavate? Hanno cambiato qualcosa nel rapporto “dal vivo”?

No, anche perchè le polemiche di cui si parla sono “polemiche da bar”, chiacchiere che non hanno rilievo, 5 commenti a un post. Presuppore un tipo di risposta in base ai social è proprio l’errore del 2019, bisogna scappare da queste cose, la realtà è che la musica sta nella strada, sta nelle piazze, nelle case degli studenti fuori sede e di noi 30enni appassionati.
Sapevamo già che sarebbe successo, però come fai a spiegare quattro persone che lavorano e parlano di musica tutto il giorno e che di questo fanno la propria vita? È già difficile dire “Ti amo” alla persona che hai accanto, come fai a spiegare il percorso musicale e artistico di una band?
Per questo non ci siamo curati di niente, abbiamo fatto la solita cosa: suonare per noi stessi. Se c’è una roba che abbiamo scritto veramente valida nel corso degli anni è stato in Un pasto al giorno: “Uniti e forti per noi stessi”, era un manifesto del nostro modo di fare, noi vogliamo essere completi in maniera egocentrica e bastarda, tra noi quattro, vogliamo essere una band e andare avanti con dinamiche di comune accordo ma non democratiche, non necessitano il confronto con il mondo esterno.
Il mondo può decidere se piace o meno, può odiare o amare, ma la musica per noi è troppo importante. Poi fortunatamente quelle poche polemiche non si sono concretizzate, la musica è più potente, la gente ha capito quello che stiamo facendo, si fidano di noi e del nostro percorso, sanno che i FASKè impossibile cambiarli, noi abbiamo il nostro modo di comporre e lo portiamo avanti e non ci frega un c***o.

Vi abbiamo ascoltato al MIAMI e poi al Woodoo e nel secondo i brani nuovi sembravano molto più omogenei con il resto, avete cambiato qualcosa negli arrangiamenti o dovevate solo metabolizzarli meglio anche voi?

C’è stato un “rodaggio” essendo il MIAMI la data zero e c’è stato anche un riarrangiamento. Siamo in continuo miglioramento, siamo una band di matti, ci guardiamo i video dei live per vedere cosa sbagliamo e cerchiamo di migliorare.
Alcune canzoni le abbiamo proprio arrangiate, in Demoni abbiamo tolto una parte di piano che non ci piaceva. È un percorso in continuo miglioramento. Comunque, dalla data del MIAMI a quella del Woodoo abbiamo provato e siamo migliorati, alcune cose le abbiamo sistemate anche con il fonico.
Stiamo anche utilizzando una tecnica di ascolto nuova sul palco a cui dobbiamo abituarci. Dobbiamo essere sicuri che quello che sentiamo ci dia la carica e ci permetta di dare di più dal vivo. Adesso, dopo 2 mesi, iniziamo veramente ad avere il tiro della cosa, tanto che stiamo pensando ad iniziare gli arrangiamenti dei nuovi pezzi e ad andare avanti per portare dal vivo nuove canzoni del disco.

Quest’anno fate tanti festival, anche a ingresso gratuito. Quanto vi piace la dimensione dei festival e di Filagosto in particolare?

Una volta la vivevamo meglio, credo, perché aprivamo i concerti e quindi la responsabilità era degli haedliners, arrivavamo schifosi sul palco, ma sereni. Suonavamo alle nove quindi il festival era più libero e potevamo goderci chi c’era dopo.
Il Filagosto, chissà perché, ci ha sempre voluti, per noi è casa, quasi come se suonassimo a Perugia, ci abbiamo suonato tante volte, siamo amici, è un ambiente particolare. Filagosto è un festival che nel 2011, ci ha chiamati perché gli piacevamo! Abbiamo chiesto di aprire i Tre Allegri Ragazzi Morti perchè siamo grandi fan…e ce lo hanno permesso, così li abbiamo conosciuti e siamo diventati amici.
C’è rispetto assoluto per Filagosto. Hanno scelto nel 2011 una band di Perugia sconosciuta e ci hanno fatti suonare. Adesso siamo gli headliner, dobbiamo fare meglio, dobbiamo dare ancora di più, quindi c’è più ansia, ma anche la bellezza di vivere un percorso in crescita. Quest’anno stiamo facendo festival con una marea di gente e tutte le canzoni sono urlate, siamo molto soddisfatti. C’è più ansia ma al tempo stesso più soddisfazione.

Avete condiviso spesso il palco con band come i Ministri o the Zen Circus, non avete mai pensato ad una collaborazione con loro o con altri?

In realtà si, ma non in maniera concreta. Ad esempio, con i Ministri o gli Zen, è come stare con i compagni di banco.
Ormai sono tanti anni che ci incontriamo sui palchi, con gli Zen siamo fratelli, abbiamo fatto un tour con loro, ci hanno prodotto il primo disco, siamo amici, magari non pensiamo a fare dei pezzi perché quando stiamo insieme stiamo a chiacchierare della quotidianità, tra noi c’è stima continua e confronto.
Fino adesso non abbiamo pensato a fare un pezzo insieme, però ci piacerebbe, forse dovremmo pensarci sul serio e farlo!