“Paranoia Airlines” di Fedez: un talentuoso rapper soggiogato dalla sua fama

Abbiamo ascoltato Paranoia Airlines, l’atteso album di FEDEZ, uscito il 25 gennaio per Sony, accompagnato da un tour di Instore in tutta Italia, e abbiamo provato a trovarci qualcosa di buono.

Ci abbiamo provato.

Abbiamo provato con tutta l’imparzialità possibile e con tutta la buona volontà a non farci influenzare da chi ne ha già scritto e lo ha stroncato senza pietà.

Questo lo possiamo garantire perché nello specifico chi scrive questo articolo è un suo coetaneo che ha sempre ascoltato rap di vario genere senza pregiudizi e conosce benissimo la carriera di Federico Lucia, fin da quando non lo conosceva nessuno, riconoscendogli la bravura tecnica.

Ma proprio per questo non possiamo che accodarci alle recensioni negative concordando sulla necessaria associazione dell’analisi musicale al discorso sulla sua fama che ha influito negativamente anche sulla qualità della sua musica. Le due cose sono strettamente legate.

Grazie alla grande esposizione avuta con X-Factor tutti hanno potuto vedere chi è Federico Lucia: un “bravo ragazzo, nonostante i tatuaggi” come lo definirebbe lo spettatore medio, molto sensibile e capace di emozionarsi in diretta tv e di fare discorsi intelligenti e critica sociale; come rapper si è ritagliato un suo spazio grazie a uno stile caratteristico, basato su un parlato accattivante, ironia e giochi di parole.

Se poi da talentuoso rapper di strada dallo stile quasi hardcore è passato ad essere icona di tormentoni estivi reggaeton che pubblicizzano gelati, è ovvio che l’aspetto musicale, uno dei tanti di una figura come questa, ne abbia risentito.

Quando si è così esposti, vivendo praticamente la propria vita su Instagram, con tutti gli aspetti più personali e privati, dal matrimonio alla nascita di un figlio, e quando si è al centro di episodi controversi come quello della festa al supermercato o l’elogio della libertà di Feltri nel parlare nel suo giornale di “negri” e “froci”, si finisce per essere conosciuti più per questi aspetti che per la propria musica, che, allo stato attuale, è ridotta a un’ombra sbiadita di quella che lo ha portato al successo.

Infatti dall’inizio alla fine Paranoia Airlines, è caratterizzato dalla piattezza e dalla banalità e da canzoni d’amore che comunicano poco, a parte un vago senso di disillusione.

Questo album introspettivo che vorrebbe descrivere proprio le paranoie e la fragilità dell’uomo dietro il personaggio, ci lascia invece l’immagine di un ragazzetto schiavizzato dal suo successo che, seppure consapevole di questa schiavitù, continua imperterrito a piegare la sua sensibilità per accontentare i gusti delle masse e le logiche commerciali, contraddicendosi.

L’esempio più significativo dell’impossibilità di dare un giudizio separando il fenomeno della celebrità di Fedez dalla sua musica è rappresentato dalla canzone più conosciuta dell’album, il singolo Prima di ogni cosa.

A prescindere da quanto il tono strappalacrime forzato risulti irritante, sorprende la sua collocazione all’interno della tracklist, messa effettivamente Prima di ogni cosa, cioè come traccia iniziale, seguita da un brano, Holding out for you, che non c’entra niente come stile e che, se si sta ascoltando il passaggio dalla canzone precedente, all’inizio fa pensare che sia partita qualche pubblicità di Spotify. Un minimo di armonia e continuità in un album sarebbe gradito.

Ma soprattutto la profondità della canzone dedicata al piccolo Leone (che in futuro avrà probabilmente qualche crisi d’identità visto che si chiama Leone Lucia), è stata vanificata dalla sua diffusione, ben prima che uscisse l’album.

Ma come? Scrivi una canzone su qualcosa di estremamente personale e importante come la nascita di tuo figlio e l’essere diventato padre, che dovrebbe commuovere, la canti con voce struggente, dandole tutto il pathos necessario (o almeno credi di farlo), e poi nel periodo di Natale la consegni alla pubblicità di uno smartphone?!

Questo abbinamento è piuttosto triste e ha suscitato polemiche. Come ha commentato qualcuno: “Prima di ogni cosa i soldi.

Andando avanti c’è qualche pezzo interessante, proprio perché conferma il discorso fatto finora, per esempio Che cazzo ridi, insieme a Tedua e Trippie Redd, che tecnicamente è una buona canzone, molto triste, che si appoggia al campionamento di Adam’s Song dei Blink 182, in cui Fedez ammette di essere fuori posto, di sentirsi strano a stare al centro del ciclone:

“Sopra questa giostra mi viene da vomitare / sono uno squalo con il mal di mare / volevo cambiare il mondo con le mie idee / ma è stato più facile cambiare idea / sono un ingranaggio, non sistemo il sistema / non cerchi soluzione quando ami il problema”.

Oltre alle paranoie generazionali dovute all’età e alle responsabilità, emerge il concetto dell’eroe che viene assorbito dal successo e tradisce la sua appartenenza salendo a un ceto sociale più alto, diventando quello che ha sempre odiato e combattuto, in una contraddizione esistenziale presente anche nel concetto di fondo dei Comunisti col Rolex, sulla quale Fedez ha sempre giocato molto. Ma si sa, il gioco è bello quando dura poco e bisogna saper giocare bene.

Questa constatazione sincera e triste, è ripetuta nell’intera canzone Buongiornissimo, che riutilizza la base di Where is my mind dei Pixies (non si è capito se in modo legale o meno).

Si potrebbe tornare alla valutazione puramente musicale dicendo che anche Fuck the noia con Annalisa non è male, se non fosse per i vocalizzi di Fedez che evidentemente si credeva di essere Drake.

Così come, parlando di una vita vissuta nella finzione dello spettacolo, in cui l’amore per la moglie sarebbe l’unica cosa vera, sembra che si creda Kanye West e sembra identificare se stesso e la sua donna nella coppia Kim & Kanye, titolo della canzone, aiutato dalla strofa tecnicamente molto incisiva di Emis Killa (notare che Kim è il nome messo per primo, dichiarando di fatto la propria subordinazione alla sua “Kim”, ovvero la figura mitologica Chiara Ferragni, la regina delle acque… ma non tutte, solo quelle da 8 euro).

Non regge la retorica e il fascino della star che esprime il suo malessere e la consapevolezza di essere parte del sistema senza poterne uscire, come non regge il paragone con una star mondiale come il rapper americano.

Inoltre qualcuno dovrebbe ricordargli che Kanye West ha perso la brocca, è stato ricoverato per un esaurimento psicotico e addirittura ha cancellato i suoi profili Social. E di certo questo Fedez non lo vorrebbe!

Il fatto di aver capito, come afferma in Sfregi e difetti, che “le cose importanti non sono cose” e in Così che “I soldi non riempiono il vuoto ma ne creano uno”, fa a botte con la realtà.

Fedez vorrebbe risultare un’anima inquieta, bella e dannata, invece ormai è solo ridicola la contraddittorietà di un rapper che dopo avere intitolato uno dei suoi primi album Il mio primo disco da venduto (quando ancora non lo era), ora riconosce di essere motore e fruitore di un sistema marcio ma infarcisce il suo disco di autotune perché va di moda e lascia la chiusura di un album così serio ed emotivo nientedimeno che alla Dark Polo Gang che blatera di “teletrasporno”, con linguaggi scurrili, classiche espressioni trap come “Eskère” e imitazioni di Young Signorino, presumibilmente per compiacere le folle di ragazzini.

Insomma, tutto ruota attorno a questo discorso. Non si capisce se stia prendendo in giro se stesso o noi.

Per il resto, tanti pezzi vuoti che hanno la curiosa pretesa paradossale di essere riempitivi, per cui in Paranoia Airlines quel “Para” si potrebbe anche togliere.

Un commento che viene spontaneo, tanto che anche Ghali ha ironizzato sul nome dell’album in un suo tweet.

Qual è il motivo di questa parabola discendente?

Non vogliamo insinuare niente ma sembra che tutto sia degenerato con la celebrità e in particolare con quella portata dall’unione (di like) con Chiara Ferragni, dopo la quale il rapper si è trovato di nuovo solista e solo, abbandonato sia da J-Ax che da Rovazzi, rispettivamente mentore e pupillo, i quali sembrano aver trovato un loro equilibrio forse migliore una volta affrancati dal personaggio.

Tra l’altro, come si è già detto, anche nei testi dell’album, la figura della Ferragni, quando non è raccontata come la classica ispiratrice di canzoni d’amore, è una figura che incombe sempre, come una presenza inquietante che sembra dominare la vita del povero Federico.

Non a caso ormai si parla della coppia come i “Ferragnez”.

Ecco cosa rimane del valore di Fedez: due lettere finali, messe in coda al cognome della moglie; la triste storia di un bravo ragazzo, un bravo rapper, che però ha perso anche la sua identità, essendosi fuso in un entità unica con un fenomeno da gossip e Social più grande di lui.

Ecco quindi che si può sintetizzare tutto con il nostro titolo: un talentuoso rapper soggiogato dalla sua dama.

Ehm… fama.

Ho scritto “dama”? Scusate, lapsus.