Giovanni Truppi @ Deposito Pontecorvo

Quello di Giovanni Truppi è il tipo di concerto da cui esci un po’ stordito, vagamente felice, con la stessa domanda in testa ogni volta: “Chissà come fa?”. Immancabile ed inesorabile come la puntualità di un orologio svizzero, anche dopo lo spettacolo del 28 ottobre al Deposito Pontecorvo di Pisa, lo stesso quesito mi ha pervaso la mente.

Giovanni Truppi sembra avere sul pubblico pisano un potere ammaliante non comune: è uno degli artisti che riscuote nella zona maggior successo dal vivo, ed i suoi concerti sono quasi un appuntamento fisso, rituale nel calendario degli eventi della città toscana. L’avrò visto almeno quattro volte esibirsi qui nell’ultimo anno e mezzo – tenendo a mente che si tratta di una città di provincia, non di un centro nevralgico, si tratta di una frequenza piuttosto alta! –, ogni volta accompagnato dal consueto pubblico febbricitante, e dalla solita magica atmosfera.

Anche il concerto al Deposito Pontecorvo non ha deluso le attese: la scaletta è stata varia e piuttosto dinamica, con un’alternanza di velocità e sonorità che non ha mai annoiato.  Dopo un ingresso al piano, con ‘Scomparire’, brano dalla melodia vellutata che si fregia una delicatezza impalpabile, l’atmosfera si è scaldata con brani tra i più noti ed amati come “Nessuno”, “Il mondo è come te lo metti in testa”, “Sabino”. Salta all’occhio come Truppi appaia, a guardarlo bene, un musicista tutto sommato vecchio stampo – in senso tuttaltro che negativo: il tipo di espressività, di tensione emotiva che porta in scena appartiene a un mondo lontano dal rumore e dagli ammiccamenti sfacciati del pop odierno. Alcuni pezzi mettono in luce intuizioni melodiche semplici quanto fenomenali, e sono eseguiti molto bene da una formazione a tre che funziona fluidamente e senza vistosi intoppi.

La scaletta, peraltro piuttosto lunga, prosegue lasciando emergere tanti aspetti diversi della sua personalità musicale e compositiva: si passa da un pezzo velocissimo ed apparentemente demenziale, o se non altro ironico, come “Ti ammazzo”, ad “Eva” , ballata romantica e commovente – inutile che vi nascondiate, so che una lacrimuccia è scesa anche a voi!

Il concerto si conclude con uno dei brani più conosciuti, acclamatissimo dal pubblico (“Superman”), seguito da “Giovinastro”, una cover di Gianfranco Marziano contenuta del disco del 2013 “Il mondo è come te lo metti in testa” e l’amara e disarmante – ma in fondo anche divertente – ironia di “Hai messo incinta una scema“. Ultimissimo pezzo, anch’esso emozionante ed intimo, è “Amici nello Spazio”. Ce ne andiamo dal locale come al solito: inizialmente sconsolati, forse un po’ confusi, ma in fondo appagati.

Chiara Cappelli