SANTIGOLD – 99¢

ETICHETTA | Atlantic Records

GENERE | Indie pop/Elettropop/Alternative rap/Reggae pop

ANNO | 2016

Con il suo terzo studio album, Santigold torna alla carica con 99¢ e la sua musica electro-pop. Il suo successo è nato otto fa quando uscì Santigold e da allora appena parte una sua traccia, di qualsiasi album esso sia, la si riconosce subito. Associata spesso a M.I.A., della quale aprì i concerti, Santi White è arrivata al suo terzo lavoro, momento rischioso per ogni artista. Il primo album ti lancia in alto, il secondo può farti cadere o tenerti in alto; mentre il terzo album comporta sempre una scelta. Quale sia la scelta con 99¢ è abbastanza palese: una Santigold che ti prende e ti travolge, che non esce dalla testa e ti ritrovi a canticchiarla in doccia o a ballarla in macchina quando nessuno ti vede.

L’album parte con Can’t Get Enough of Myself con B.C. ed è subito il momento di sculettare compulsivamente. Big Boss Big Time Business parte subito con un ritmo che ricorda Bad Girls di M.I.A., però con un tono etnico smorzato. Banshee mette subito la carica e ci si ritrova in spiaggia, sotto il sole cocente a ballare. Una canzone che fa subito estate e che potrebbe essere un prossimo tormentone. Chasing Shadows ha un ritmo molto più lento delle tracce precedenti, ma la voglia di ballare non smette mai. Questa è una traccia che ti ritroverai a ballare con le amiche ad un pigiama party, bottiglia alla mano.

A sorprenderci è Walking in a Circle, che è molto meno nello stile di Santigold ed ha una carica elettronica maggiore. Un brano sensuale e affascinante che si allontana dal filo conduttore degli altri brani dell’album. Nemmeno la traccia successiva è Santigold al 100%. Who Be Lovin Me con ILoveMakonnen è un brano rap e hip hop, con elementi electro e pop, che mi ricordano molto Hotline Bling di Drake. Rendezvous Girl parte subito con questo ritmo electro pop ispirato dal pop francese degli anni ’80, che non dà tregua al ballo e che dà un tocco in più alla musica dell’album.

In questo lavoro, Santigold si mette alla prova e sperimenta con il suo stile musicale, donandoci brani come Before the Fire, che si discosta dallo stile dei brani iniziali dell’album e prende una strada che non le si addice, creando una tensione senza fine. Nemmeno con All I Got, Santi riesce a trasmettere molto, nonostante un ritmo che vorrebbe far ballare chi ascolta. Manca quel qualcosa per farmi ballare davvero. Per non farci annoiare, alterna brani allegri e che rievocano i suoi primi lavori, a brani nuovi con una musicalità più cupa ed elettronica. Outside the War e Run the Races ci perforano i timpani con le loro tematiche infelici, il ritmo lento e martellante, e la voce quasi lirica e alienante. L’ultima traccia dell’album, Who I Thought You Were, ci rimette un po’ di allegria e ma la presenza di canzone tese e angoscianti, ci lascia una sensazione di sbagliato addosso, nonostante continuiamo a muovere il piede a ritmo.

Come sempre, Santigold ci delizia le orecchie con qualcosa fuori dagli schemi e che, nonostante i vari cambi di musicalità e tono, e le tematiche non esattamente leggere, riesce a far ascoltare tutte e dodici le tracce senza mai annoiare. In questo mondo plastificato e finto, Santigold ci fa dimenare senza ritegno, ma in realtà sappiamo dentro di noi che prima o poi scapperemo in cerca di qualcosa di naturale.

Carmen Mc Intosh