L’OFFICINA DELLA CAMOMILLA – Palazzina Liberty

ETICHETTA | Garrincha Dischi

GENERE | Indie

ANNO | 2016

UN  VIAGGIO NEI LUOGHI E (NON)LUOGHI PIENI DI MISTERO CHE ABITANO L’IMMAGINARIO DELL’OFFICINA DELLA CAMOMILLA

Sempre in direzione ostinata e contraria” – così veniva considerato un suo famoso conterraneo. Lo so è un paragone impensabile ma rende bene l’idea riguardo al nuovo disco di Francesco De Leo aka L’Officina della Camomilla, “Palazzina Liberty“.

All’interno di questo luogo realmente esistente vengono costruite le nuove storie della band milanese, storie che non hanno più niente a che fare con la trilogia di “Senontipiacefalostesso“. Un cambiamento che aspettavamo, che porta la band ad essere sempre più al servizio di Francesco e porta Francesco a raggiungere quella maturità che – forse – soprattutto lui voleva raggiungere da tempo, per uscire dal mondo e dalle canzoni che ha portato in giro fino a poco tempo fa, scritte ancora in età adolescenziale.

Una crescita che ritroviamo nei testi e nelle musiche, nella scelta di voler realizzare questo lavoro praticamente da solo e dalla consapevolezza di voler andare fuori mercato e fare una cosa che non salga sopra al carrozzone dell’ultimo pop italiano. “Yeah, that rock’n’roll, it seems like it’s faded away sometimes, but it will never die.” Come disse Alex Turner ricevendo il premio come miglior album inglese. Certo pure questo è un paragone esagerato ma non posso negare che ho pensato anche questo alla fine dell’ascolto di questo disco, che mi ha fatto credere che un certo rock italiano (con tutte le sue sfumature – presenti in questo disco) e le chitarre non riusciranno mai a toglierceli dalla testa, per fortuna.

Palazzina Liberty è un concept frammentato, non lineare. Un album in cui ci si perde e ci si incontra, un ritrovo per allucinazioni e rituali: un disco misterioso (le ballate “Mio Fior Pericoloso” e “Soutine Twist” sono ricche di mistero), nel quale colpiscono molto i quattro brani strumentali (altra piacevole novità), ponti di passaggio – allucinato e sconnesso –  tra una canzone e l’altra. A colpire su tutti è “Triangolo industriale”, tecnata che ci presenta quello che prova nel viaggio in treno tra Milano – Genova – Torino (le sue tre vite)  il giovane cantautore.

Si tratta di un disco scuro, in bianco e nero come la copertina, ci sono meno colori rispetto ai tanti che si ritrovavano prima. Un tema che ricorre è quello della morte. La troviamo in canzoni come “Penelope” e “La signora del mare” , vere perle in questo disco, in cui i violini cavalcano atmosfere che nascondono metafore e significati molto forti, che sorprendono per la grandezza dei contenuti raccontati con versi davvero semplici e d’impatto.

Una Palazzina Liberty, luogo storico a Milano, che per la durata dell’intero disco diventa un posto sospeso, diventa un Museo che contiene le scene un libro o le immagini di un film. È quel luogo dove finalmente i deliri di De Leo hanno trovato una collocazione.

Sebastiano Solerte