Nei giorni dal 6 al 9 agosto abbiamo partecipato alla XXII^ edizione di Montelago Celtic Festival, di cui avevamo già parlato (qui). A distanza di diversi anni torniamo a raccontare un evento che è cresciuto molto e cambiato sotto diversi aspetti.
Sicuramente però il festival celtico di Montelago si conferma come già lo conoscevamo: un altro mondo, la “Città Nomade” come viene chiamata, perché esiste solo per quattro giorni all’anno. Infatti proprio sul tema del nomadismo e del viaggio è incentrata questa edizione del festival.
E così comincia il nostro viaggio: con la benedizione via Social del “magister” Barbero, varchiamo l’ingresso del festival mentre un variopinto parapendio a motore solca il cielo (una delle attività comprese nel programma del festival) e ci accoglie vibrante come se ci stesse salutando, ispirandoci serenità (avremo modo domani di maledirlo quando continuerà a rombare svegliandoci alle 8 di mattina).
Ci si trova subito rapiti in un pullulare di gente variamente vestita, mascherata e truccata, che si aggira fra stand di cibi tipici marchigiani e non solo; si respira un’aria frizzante, è un villaggio in festa.
L’apertura del programma musicale del Main Stage, è affidata agli Ogam, la band dei fondatori del festival di Montelago, insieme al grande maestro delle cornamuse d’Irlanda Davy Spillane, seguiti dai britannici Kan.
A seguire, un po’ come fu l’anno scorso con i celebri Blind Guardian, anche quest’anno già la prima serata vede la presenza di un primo grande nome, che è un fiore all’occhiello tutto italiano: la band pisana dei Wind Rose, con il suo power metal epico, incentrato sull’universo tolkieniano, in particolare identificandosi nei nani.
Una sonorità maestosa come quella dei Manowar, imponente, granitica, come le rocce delle montagne e delle miniere di cui parlano nelle loro canzoni, i Wind Rose hanno fatto pogare, ballare e scatenarsi sulla coinvolgente versione metal di “Diggy Diggy Hole” degli YouTuber di videogiochi The Yogscast, e altri brani anche dall’ultimo album “Trollslayer”, ispirato alle vicende de “Lo Hobbit”.
Al Mortimer Pub, il tendone con tavoli che contiene il palco secondario, con una ricca offerta di birre anche artigianali autoprodotte, oltre a vari cibi e bevande, la serata si chiude con il dj set di Lorenzo Forconi per spezzare un po’ con un ibrido electrofolk .
Il secondo giorno si svolge l’ultima edizione dell’European Celtic Contest (ECC), e si alternano altri gruppi nel pomeriggio, poi si entra nel vivo con la Corte di Lunas, una bandiera di Montelago, per la sua presenza costante e il suo folk melodico perfetto per rappresentare il contesto, tanto che ha accompagnato anche i giochi con i fuochi della serata successiva.
Emozionante la partecipazione di Giacomo Voli della band symphonic power metal triestina Rhapsody of Fire, dando prova della sua impressionante vocalità.
Calato il buio, spunta una gigante luna piena accesa a troneggiare sull’altopiano di Colfiorito. Ma spunta anche una grande escursione termica e uno spesso strato di umidità ricopre il terreno. E come funghi continuano a spuntare tende ovunque, sempre di più.
A questo punto l’ambientazione è perfetta per i Wardruna: centrale la presenza degli attesissimi musicisti norvegesi facenti parte della colonna sonora della serie TV Vikings e che, come indica il nome, basano la loro composizione musicale sulla spiritualità delle rune.
Sul palco completamente allestito e ricoperto da un’intelaiatura azzurra lucente, come fosse emerso dal ghiaccio, fanno risuonare strumenti antichi, canti gutturali e suoni ancestrali norreni, donando atmosfere mistiche e ipnotiche, perfette per accompagnare l’entrata nella fredda notte di Montelago.
A chiudere, al Mortimer Pub, un momento di ballo più moderno, con la contaminazione tra musica celtica e urban dei francesi Groove Factory.
Nel venerdì pomeriggio spicca il movimentato live folk rock-ska-punk della band trentina The Rumpled, scatenati, folli, a detta di molti, sprecati per il Mortimer Pub e per quell’orario; la sera Fragment Celtic Music e The Fire Circle, l’esibizione di giocolieri con il fuoco, sulle note dei Corte di Lunas.
E ancora, il sottofondo della musica delle Highland scozzesi con gli Elephant Sessions e dell’isola di Skye con l’esilarante e trascinante funk misto dalle mille sfumature sonore dei Peatbog Faeries con i quali si è ballato fino alle 2 di notte (i più temerari hanno proseguito al Mortimer Pub con la band O’ Tridal).
Il sabato, sotto un sole cocente, parte con la colonna sonora di Rudemà e Grumpy Sheep e della musica da pub di Jimmy & Scots Folk Band. Con questo caldo è dura riprendersi dalle nottate in tenda dormendo poche ore, perciò alle 17.30 si va a prendere una buona birra fresca al Mortimer Pub, almeno subito prima che l’ambiente torni a scaldarsi con i Lennon Kelly che su quel palco (un po’ sacrificati rispetto al Main Stage), accendono il loro folk punk con fisarmonica, violino e altri strumenti scatenati, parlando della loro appartenenza romagnola e di vari altri temi.
Un giro ai mercatini e un passaggio alle 19.30 a vedere la seconda esibizione dei Triddana, con il loro heavy metal arricchito da cornamuse e tin whistle; poi ritorno all’accampamento e grigliata finale, finché una grande e suggestiva nebbia calata sull’altopiano, arriva a suggellare il rapporto tra natura del luogo e ambientazione celtica.
A questo punto ci si riversa in massa ad assistere al rito dell’accensione dei Fuochi Sacri, mentre i norvegesi Kalandra suonano il loro funereo e introspettivo progressive folk pagano, dopo che sul palco c’è stato un tripudio di strumenti tra cui arpa, hang drum e didgeridoo, in quello che è il sound della band precedente, il cui nome è, appunto, Musical Box.
Operazione antropologica invece quella di Kathryn Tickell & The Darkening nel cantare con voce estatica del mitologico regno di Northumbria, divertente per chi come il sottoscritto lo intende come area settentrionale della propria regione, interessante per tutti gli altri: uno spettacolo che non è solo musica ma anche recupero e approfondimento di radici storiche e culturali.
Una piacevole sorpresa dal sapore internazionale quella degli Harmonica Creams, musicisti giapponesi per la prima volta in Italia, i quali, aggiungendo alla batteria il trio chitarra, armonica e violino, fanno divertire il pubblico fondendo il folk con blues ed elettronica.
Perfettamente centrato in quest’ultima serata il gruppo O’Reillys and The Paddyhats, a far scatenare la folla con banjo, mandolino, fisarmoniche, batteria, chitarre e basso, nel loro trascinante irish folk punk.
In chiusura, i vincitori della scorsa edizione dell’ECC (cui abbiamo accennato sopra), la band folk metal piemontese Valkanorr, che con le loro cornamuse abbinate a una sonorità e un’attitudine veramente vichinghe, tra pogo selvaggio, moshpit e circlepit, sanno portare al culmine le energie rimaste alle 4 di mattina dopo 4 intensi giorni di festival.
Ma non è tutto qui, perché una zona a parte, il Balfolk Stage, è dedicata allo studio e approfondimento della musica celtica e folk in generale.
E non c’è solo la musica ma persino il cinema! La rassegna cinematografica MOViEMENT, con film anch’essi sul tema del viaggio, ha riscosso un discreto successo.
Si confermano poi saldi punti di riferimento:
-la Tenda Tolkien dove, sotto la guida della storica madrina Loredana Lipperini, si svolgono sempre incontri e conferenze interessanti, con nomi di rilievo come le scrittrici Viola Di Grado e Laura Imai Messina e l’inventore del codex seraphinianum Luigi Serafini;
-il Riddle Pit, tendone che accoglie svariate sessioni di giochi di ruolo, tornei e workshop narrativi e dove si possono trovare appassionati di D&D che continuano a giocare imperterriti e impassibili fino a tarda notte!
-l’accampamento storico dove si celebrano le cerimonie come nozze e battesimi con rituali celtici;
-l’Arena Avalon, con i giochi celtici, il rugby, le prove di forza e altre competizioni sportive;
-il Family Village e la Tenda Kids pensate appositamente per famiglie;
-il Market Square dove è possibile fare spesa e ospita il Davo’s Stage, un altro palco dove è possibile fare liberamente jam session di vario genere;
-infine la Tenda Theoden, un’area chill con materassi che diviene luogo di incontro e bivacco.
Il tutto è arricchito dalla presenza in programma di trekking e cammini, rievocazioni storiche, mercatini di abbigliamento e oggettistica a tema, tantissimi workshop e laboratori che vanno dalla musica con strumenti medievali alle danze del folklore, alle pratiche erboristiche, all’osservazione delle stelle, passando per i tarocchi e la lavorazione del cuoio per creare maschere artigianali, scarselle e oggetti vari.
Tanti gli stand di cibi di vario genere; quest’anno in particolare sono stati molto apprezzati dal pubblico lo stand di cucina vegana e quello ormai noto che elargisce abbondanti porzioni di gustosa carbonara.
Senza contare l’inventiva del “popolo di Montelago” che crea sempre nuove idee spontanee per divertirsi, contribuendo a mettere colore in questo grande micromondo.
Inevitabilmente la maggiore affluenza porta a situazioni difficili da gestire. Raccogliendo alcuni pareri tra i veterani emerge qualche disagio: da un lato l’aumento dei prezzi (da quest’anno si pagano i workshop che erano gratuiti, un bel punto di forza del festival); dall’altro il sovraffollamento (già dal Day 0) con qualche fila più lunga, anche agli stand; così come il numero di bagni chimici ancora insufficiente nonostante siano aumentati.
Insomma, qualcosina da aggiustare c’è, ma tutto questo è sintomatico di una grande crescita in termini numerici (10.000 paganti al giorno) e di qualità degli artisti proposti, di livello internazionale.
Inoltre, sempre stando alle testimonianze di chi partecipa, l’entusiasmo che Montelago sa creare è unico, perché permette di immedesimarsi in un contesto in cui è normale girare vestiti da vichinghi bevendo da un corno di bue, è normale fare cose che non si farebbero altrove.
Anche il sottoscritto ha avuto modo di osservare e percepire il clima di tristezza alla fine del festival quando, sotto la luce tenue dell’alba, si sentono saluti commossi: “ci vediamo l’anno prossimo”; oppure di incontrare persone che ti fermano mentre passi per offrirti degli ottimi arrosticini abruzzesi, o per dirti solo che si vede dalla faccia che sei una persona buona.
Quindi, nonostante gli evidenti cambiamenti, si può ancora dire che Montelago è un’esperienza da fare, soprattutto se vissuta in gruppo, un’esperienza fuori dal comune; perché rappresenta un mondo a sé stante, fuori dalla realtà, un mondo magico di fate, folletti e richiami sonori ancestrali, che trasportano in un’altra dimensione.

Detto “Piccia”, laureato in Filosofia, vive a Perugia, nel binomio tra natura e cultura.
Infatti alterna passeggiate meditative nei boschi al consumo compulsivo di musica, libri, fumetti, film e serie tv, frequentando soprattutto concerti, librerie, musei, graffiti sui muri e Irish Pub.
Cresciuto con il rap italiano, è diventato adulto (solo anagraficamente) con cantautori, rock, metal, folk, elettronica e vari altri tipi di suoni, andando spesso alla ricerca di quelli più strani.
Fan sfegatato ed esperto conoscitore di Caparezza, che gli ha aperto le porte della percezione più di Aldous Huxley, ne ha fondato il Fan Club umbro (di Caparezza, non di Aldous Huxley; almeno per ora).
Scrive di tutto, per dare sfogo ai suoi pensieri e uscire dal ricco e immaginifico mondo che ha in testa… O per entrarci ancora di più.


