In senso lato la vita è un concerto di DUTCH NAZARI.
Potremmo riassumere tutto così.
È partito dall’Urban Live Music Club di Perugia “Guarda le date amore mio”, il tour di Dutch Nazari per portare in varie parti d’Italia il suo nuovo album uscito lo scorso ottobre.
Questo suo lavoro, il quarto del rapper e cantautore padovano, prende il titolo da un libro del premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux in cui la scrittrice aveva raccolto pensieri e riflessioni scaturire dai suoi giri nei supermercati. Dutch ha ripreso questa idea, inserendo le sue personali osservazioni come prodotti negli scaffali di un mondo che effettivamente è sempre più soggetto al commercio.
Ne risulta un’opera in cui giochi di parole, citazionismo sfrenato ma fine, rime e assonanze mai banali, concetti mai superficiali, sono il pane quotidiano di questo campione del cosiddetto “cantautorap”, caratterizzato da una vena espressiva poetica e romantica, da una sensibilità che emerge anche nei modi, da uno stile elegante nel modo di parlare e di usare la voce come strumento, anche quando fa affondi pesanti entrando a gamba tesa sugli aspetti controversi della politica e della società.
Così siamo stati ad assistere a questa prima data.
In una giornata piovosa e fredda che ha assalito la città, dopo una lunga attesa (decisamente troppo lunga), l’atmosfera è stata scaldata dalla performance dell’esilarante GATTOTORO, cantautore che ha la capacità di intrattenere il pubblico con simpatiche interazioni, abbinando le sue elevate doti vocali con testi originali che sanno tramettere emozioni e romanticismo, lanciate con una catapulta fatta di forte ironia.

Poi, con il brano di lancio, nonché la quasi title track dell’album “Guarda le luci”, il protagonista della serata è salito sul palco accompagnato da una band composta da Sicket (basso/chitarra nonché produttore storico), Marco Campanale (batteria) e Luigi Ferrara (chitarra/synth/tastiere), che ha presentato dicendo “Noi siamo i Dutch Nazari”.
Questo è il primo aspetto che salta all’occhio o, per meglio dire, all’orecchio: ci si potrebbe aspettare da un rapper un set costituito semplicemente da voce sulle basi registrate, magari avvalendosi di un dj o al limite di uno strumento e qualche turnista a supporto. Cambia molto la percezione dal vivo, che invece mostra l’evoluzione della sua carriera che ha intercettato anche la fase forte dell’indie nella musica italiana dell’ultimo decennio, rimanendone in parte contaminata.
Con questa formazione sul palco si possono apprezzare anche le collaborazioni presenti nell’ultimo album, di rapper così simili e al tempo stesso diversi, come Willie Peyote e Frah Quintale, ma anche di Levante (tra l’altro interpretando anche le loro rispettive parti).
Quindi nel complesso si può dire che, anche dal punto di vista della scaletta, è un live che può essere apprezzato quasi più da chi preferisce sentire musica suonata che dagli estimatori del rap, perché nonostante la presenza e l’intensità delle strofe rappate sul palco dell’Urban, la capacità di cantare e portare musicalità è l’arma in più che Dutch ha, e non ha paura di usarla.
Ed è con questa che esplode l’energia, che ha trainato il pubblico coinvolgendolo nel turbinio di emozioni che Dutch sa trasmettere e suscitare con la sua fine capacità di scrittura.
Tornando al racconto del live: come ormai da tradizione, tutto comincia con le prime parole “In senso lato la vita”, inizio di molte sue canzoni a partire dai primi pezzi storici, che Dutch continua a ripetere in tutti gli album rendendolo un segno di riconoscimento già dall’incipit.

Dal vivo rendono bene anche “Sabato sera”, brano trainante dell’ultimo disco, e “Gasati un mondo”, forte critica sociale al consumismo con la strofa di Willie Peyote che cita e rivisita una strofa iconica del primo Fabri Fibra, quello di “Per averti qui” in “Turbe giovanili”.
Oppure “Tutti i pesci”, che spiega in cosa consiste il lavoro di un creativo, con il suo ritornello strano e un po’ robotico (e anche qui c’è una citazione all’hip hop old school con una frase di “Aspettando il sole” di Neffa). O ancora, “L’eroe”, con quel “dai e ridai e ridai” ripetuto nel ritornello, esaltando l’importanza di “interrompere la catena” (arrivando a parafrasare Lucio Dalla) e che ricorda un po’ Stromae per il testo dal significato profondo confezionato in un ritmo ballabile.
Insomma, la scaletta non delude, nonostante qualche grande assente.
Dopo una prima parte di alternanza di ritmi diversi e di brani del nuovo album, vecchi successi recenti (come “Mirò” e “Sui divanetti”) e più datati (come “Amore povero”), è sapientemente messo al centro un inno di resistenza e immedesimazione nella popolazione della Palestina, “Aqaba“, con il suo ritornello struggente e davvero commovente.
Nella seconda parte lo show prende una piega più introspettiva e romantica, con canzoni d’amore e pezzi riflessivi, (“Contrappunto“, “Fatto male”, “Anche la luna”, “Girasoli”), una serie interrotta da un solo pezzo più movimentato ma non tanto scanzonato “Guarda mamma senza money” e dal testo variegato de “L’Islanda” (in cui ci ricorda che come sappiamo è vicina a Padova), fino alla chiusura sentimentale con “L’Europa” e l’uscita di scena, passando in mezzo al pubblico, con “Calma le onde“.
Concludendo, Dutch Nazari sa fondere profondità e leggerezza, ironia e sentimenti, cultura e attualità in una forma raffinata. Il suo sguardo lucido sulla realtà lo rende un artista impegnato e sempre centrato, che meriterebbe sicuramente maggiore considerazione.
Vederlo dal vivo conferma queste peculiarità di una grande penna della musica italiana, ma dà ancora di più l’idea di un artista competente, consapevole e valido anche nell’attenzione alla musica, sapendo anche uscire dal proprio stile introspettivo di rapper “conscious”, un genere di musica “da cameretta”, adatto a una fruizione concentrata e attenta, per abbracciare invece una dimensione di concerto (termine non casuale), più condivisa e coinvolgente.
Dopo questa prima data il tour è proseguito il giorno immediatamente successivo riportando Dutch a casa, nella sua Padova, queste sono le prossime date, che vedono già il tutto esaurito a Milano e Torino.
25 novembre 2025 – Milano (Santeria Toscana 31) (sold out)
27 novembre 2025 – Torino (Spazio 211) (sold out)
6 dicembre 2025 – Livorno (The Cage)
17 dicembre 2025 – Roma (Monk)
18 dicembre 2025 – Bologna (Locomotiv)
19 dicembre 2025 – Bari (Officina degli Esordi)
20 dicembre 2025 – Lecce (Officine Cantelmo)

Detto “Piccia”, laureato in Filosofia, vive a Perugia, nel binomio tra natura e cultura.
Infatti alterna passeggiate meditative nei boschi al consumo compulsivo di musica, libri, fumetti, film e serie tv, frequentando soprattutto concerti, librerie, musei, graffiti sui muri e Irish Pub.
Cresciuto con il rap italiano, è diventato adulto (solo anagraficamente) con cantautori, rock, metal, folk, elettronica e vari altri tipi di suoni, andando spesso alla ricerca di quelli più strani.
Fan sfegatato ed esperto conoscitore di Caparezza, che gli ha aperto le porte della percezione più di Aldous Huxley, ne ha fondato il Fan Club umbro (di Caparezza, non di Aldous Huxley; almeno per ora).
Scrive di tutto, per dare sfogo ai suoi pensieri e uscire dal ricco e immaginifico mondo che ha in testa… O per entrarci ancora di più.






