TWIN ATLANTIC – GLA

ETICHETTA: Red Bull Records

GENERE: Alternative rock

ANNO: 2016

Dopo due anni, i Twin Atlantic tornano con un nuovo album, GLA, composto da 12 brani e di una carica sorprendente. La band scozzese ha saputo donarci un lavoro ricco di vitalità e molto intenso, che vuole farci conoscere le loro origini e anima. GLA è, infatti, la sigla dell’aeroporto di Glasgow, la loro città natale. Prodotto a fianco a Jacknife Lee, con cui collaborarono anche per il precedente album “Great Divide”, e sotto l’etichetta della Red Bull Records, questo GLA riesce finalmente a far uscire la band dall’ombra di una band come i Biffy Clyro. Un rock alternativo che li ha sempre fatti sembrare un’estensione non ben riuscita della stessa band scozzese, che pian piano ha iniziato a farsi conoscere sempre di più.

I Twin Atlantic hanno finalmente dato un taglio allo stile troppo pop presente nei loro lavori precedenti e hanno saputo farsi conoscere per quello che sono davvero: Gold Elephant: Cherry Alligator fa iniziare bene l’ascolto con un rock intenso e vitale, vero rock, con l’influenza del blues rock e dell’emo-pop nella modulazione della voce e nel ritmo incalzante. No Sleep segue e si presenta come un anthem di blues rock e screamo-tronica. You Are The Devil ci ricorda un pochino i Muse, un pro per certi versi, un contro per altri. Un pezzo che ti prende però. Overthinking ha una patina più indie rock dei brani precedenti, che ti fa venire voglia di saltare e cantare. Un pezzo leggero tutto sommato. Ex El riprende qualcosa degli Arcade Fire, accostandoci una musicalità più da Fall Out Boy che ad una band indie di quel calibro. Valhalla finalmente dà un po’ di movimento alla situazione, cambiando i toni e buttandosi su un grunge-blues-rock. Un mix ben riuscito in questo pezzo, che comunque continua anche con quello successivo, I Am Alive. Un pezzo vivo, questo è certo. Whispers purtroppo ci ricorda un brano troppo alla “Mountains” dei Biffy Clyro, per riuscire a passare la critica senza questa influenza imponente su di loro. Sicuramente hanno messo del loro all’interno del pezzo, ed è molto bello; tenendo conto che il testo non parla di amore, non riusciamo a vedere l’ispirazione molto marcata. A Scar To Hide riesce finalmente a farci capire che c’è una band con un’anima, e che anima stupenda. Missing Link ci ridà la carica iniziale e ci fa tornare la voglia di saltare e urlare a squarcia gola un testo da imparare a memoria. The Chaser è un po’ deludente per la qualità degli altri brani: qui ci sembra davvero di ascoltare dei Fall Out Boy soft e scozzesi. Questa proprio non la possiamo far passare. Si rifanno con l’ultima, Mothertongue, che torna ad essere il prodotto dell’anima della band, invece di essere un fac-simile.

Nell’insieme, non posso dire che non siano bravi o che la loro musica sia brutta. Personalmente, mi sono sempre piaciuti, ma vorrei che tirassero fuori di più la loro anima e la loro vera essenza.

Carmen Mc Intosh