PLASTIC LIGHT FACTORY – Hype

ETICHETTA: Hype Records

GENERE: Indie Rock

ANNO: 2016

Plastic Light Factory vengono da Mantova, ma portano con se le melodie e ritmi inequivocabili dell’indie rock di stampo britannico che hanno segnato la generazione cresciuta negli anni 2000. Certo non sarà Glasgow o Manchester, ma l’aria musicale e culturale che si respira è buona. E fruttuosa.

Da qui nasce Hype, un punto di ritrovo per chi fatica a divertirsi nei locali fighetti o quelli fricchettoni,  per chi ha qualcosa da dire, qualcosa da esprimere al di la degli stereotipi. Hype cresce, si trasforma, diventa un’etichetta indipendente, addirittura un EP. Le influenze musicali sono quelle dei Franz Ferdinand, dei Kooks, i contenuti legati al quotidiano di un gruppo di ragazzi semplici, con tanta voglia di vivere e di divertirsi, senza rimanere ingabbiati nel quotidiano della vita di provincia, ma senza avere nemmeno la pretesa di rompere le sbarre con la forza, a tutti i costi.

Ad Alessandro (basso e tastiere) e Moritz (voce e chitarra) nel tempo si aggiunge Andrea alla batteria. Via, si prova, si scrive, si sperimenta. L’Hype da sala prove diventa palco, set per il video diJakiteko.. CASA, praticamente. E la casa viene vissuta, arredata, permeata al punto che la parola Hype viene usata in quasi tutte le canzoni, più di una volta. L’ EP contiene 5 tracce, e se lo si tiene di sottofondo mentre corri, cucini, lavori, arrivi alla fine in un lampo, senza nemmeno renderti conto dei passaggi tra una traccia e l’altra. Il suono è univoco, deciso, coerente. Mai noioso, mai ti vien voglia di skippare alla traccia successiva.

Si parte con Colour of the Morning, indie disinvolto e puro, starebbe alla grande cantata live dai The Fratellis. A dispetto del video in low frame rate, è impossibile tenere fermo il piede.  Con Oceanic Trench e Little Adventures si passa a qualcosa di più melodico, ma il ritmo rimane incalzante e mai uguale, mai scontato. Il giro di basso di Robyn è spettacolare, per me il pezzo più riuscito, ballabile, vendibile, sempre sia quello lo scopo.. Chiude Jakiteko, dove le influenze dei Franz Ferdinand si sentono tutte: gran ritmo, grande vocalità, la base elettrica della chitarra spicca rispetto al resto del disco. Quanto mi piacerebbe sentir picchiare la batteria live in questo brano, nella traccia non rende come dovrebbe!

Ricapitolando, un buon album, senza la pretesa di reinventare un genere, ma con la consapevolezza e la voglia di poter dire la sua.

Andrea Ascani