DISCO NOIR – Aware

ETICHETTA | Autoproduzione

GENERE | Pop dolceacre

ANNO | 2015

I Disco Noir sono quattro ragazzi di Milano, rispettivamente Teo Agostino – voce, chitarre, synth, Alessandro Marini – basso, armonizzazione, Giovanni Torresàn – batteria e Alessandro Giudici – pianoforte, synth, chitarre.

Si definiscono una band pop dolceacre, un termine curioso che sposa bene il loro debut album: Aware. Il disco è percorso dall’inizio alla fine da una malinconia ben condita da note positive ma lasciano trasparire sentimenti amari e rimpianti verso il passato.

L’album, composto da undici tracce, si apre con Intro, un pezzo che con timidezza ci introduce in una nostalgica atmosfera anni Sessanta che molti di voi, compresa io, possono solamente definire con la fantasia. Le prime melodie prendono vita ed emergono con vigore nel secondo brano, Nel Suo Miele. Synth e distorsioni si rincorrono e si completano, dando origine a sonorità retrò ma al tempo stesso molto new wave. Si prosegue con il terzo pezzo, Lexotan, un brano dalla doppia personalità: un ritornello melodico ed una ritmica danzereccia rivelano, infatti, il gusto amaro nel testo. Nel canto scanzonato emerge la decadenza che attanaglia l’animo del protagonista, una condizione che forse è intesa più come una necessità, un motivo per restare paradossalmente a galla.

Amore Demodè abbraccia la linea dei pezzi precedenti, regalandoci melodie diluite e romantiche. Una ballata ebbra e annebbiata che parla di un amore ormai scaduto, avariato, demodè, per l’appunto. Un crescendo nella parte finale del brano ci conduce dolcemente all’opera successiva Pinkman in cui suoni elettrici e distorsioni accompagnano un pensieri alcolici, sinceri ed intimi.

Viola è la protagonista del sento brano, a cui si rivolge il cantante. L’illusione dell’eterna felicità è spezzata da parole mai più che condivisibili: “Infelici per necessità – niente amore per l’umanità”, una visione per alcuni tragica, per altri più che realista.

La domenica attacca con un’intro al pianoforte, seguita poi dalla ritmica della batteria. Un’atmosfera rarefatta e quasi onirica percorre tutto il brano dai tratti quasi oscuri. La domenica è il giorno dell’ozio e dell’inettitudine per eccellenza. A volte metafora, se vogliamo, della vita o di un periodo della nostra esistente particolarmente arido.

Il nostro viaggio continua con 1959  l’ottava traccia fa eco alla precedente, ben lontana dalla successiva: Modellhut. Entra in scena una voce femminile e la conquista per tutta la durata del brano.

Il penultimo brano si intitola Madonna Narcotica e  si apre con  un riff della chitarra caldo e dai rimandi blues. La donna a cui si rivolge il cantante, musa meccanica del XXI secolo, è imprigionata tra pose e posizioni impostate, sguardi sintetici e desideri materiali. La seconda parte del brano si incentra sulla strumentalità e prende vita una melodia elettronica che rimanda alla musica tecno anni Novanta, tra le note dei synth e la linea del basso ben presente.

Chiude l’album Happy New Year. Un pezzo in cui risalta la melodia suonata al pianoforte che sviscera tutta la malinconia che ha contaminato l’album. La decadenza dei tempi moderni, la nostalgia del passato, l’evanescente bellezza delle cose la consapevolezza dell’infelicità, la nausea del vivere abitudinario, sono stati trattati con il giusto distacco e leggerezza. Come se ci si fosse arresi di fronte alla realtà che ci circonda ma  continuando a viverla con la lucida consapevolezza che siamo costantemente appesi ad un filo.

Aware è un disco estremamente interessante dal punto di vista strumentale, rafforzato dai testi per nulla banali. Un tentativo ben riuscito di dare luce a sonorità retrò mescolandole ad altre più attuali e che definisce stilisticamente il gruppo, quattro ragazzi a cui auguro col cuore di fare strada.

Federica Vismara