?Alos: intervista a Stefania Pedretti

?Alos è una creatura primordiale, sfuggente e poliedrica. Nasce dalla mente e dalla voce di Stefania Pedretti, già socia con Bruno Dorella degli oVo, che in questa veste affronta il ruolo di performer e musicista in solitaria. I suoi incredibili dreadlocks, la figura minuta che ruggisce inferocita molestando la chitarra. Dal vivo le viscere sono in primo piano, mentre nei suoi dischi le trame sonore si arricchiscono inglobando elementi di elettronica, come nel suo ultimo disco “Matrice“. Abbiamo contattato Stefania per conoscere meglio la sua idea di musica attraverso la forma di ?Alos.

Da dove nasce l’esigenza di esprimerti con il nome ?Alos ? Attraverso gli oVo non ti senti completamente appagata?
“Ho iniziato il progetto ?Alos nel 2003, inizialmente era un progetto principalmente performativo, legato a gallerie d’arte e situazioni meno “rock”. Nacque non di certo perché mi sentissi non appagata da Ovo, anzi resta sempre il gruppo che amo di più in assoluto, ma per dar voce ad un’altra parte di me più desiderosa di esprimersi attraverso la performance, anche Bruno esprime un altra parte si se attraverso i Ronin, entrambi abbiamo più universi dentro di noi a cui dar voce”.

In “Matrice” ti avvali anche della collaborazione di MaiMaiMai. Il suo tipo di elettronica è molto esoterico. Cosa ne pensi dell’elettronica in generale e in che misura te ne avvali?
“Collaborare con MaiMaiMai è stato super, come condividere alcune date durante la prima parte del tour promozionale di Matrice. Ci conosciamo e stimiamo da anni. In questo album mi avvalgo anche di un’altra collaborazione per l’elettronica,  con il gruppo culto inglese Necro Deathmort, i samplers che mi mandarono per il singolo “Matrice” erano perfetti per quello che mi immaginavo, ne è nato una una delle mie “canzoni” preferite, diciamo che è stato un piccolo sogno avverato. Con  ?Alos mi sono avvalsa dell’elettronica fin dal primo album Ricordi Indelebili,  trovo si fondi benissimo con la  mia visione distorta del metal e del chaos. È una sfumatura in più, nei pezzi che compongo e che miscela il tutto perfettamente. Penso che continuerò ad utilizzarla anche in futuro, forse anche maggiormente”.

Se dovessi scegliere un solo strumento per eseguire uno dei tuoi brani a quale non sapresti rinunciare?
“Direi la voce, anche se nell’ultimo album cerco di lasciare più spazio a parti strumentali, non riesco proprio a non esprimermi tramite essa; è una parte fondamentale di me”.

La tua musica è molto viscerale. Quali sono gli elementi che danno origine ad un tuo brano?
“Solitamente creo ogni pezzo pensando a quello che voglio trasmettere con  tutto l’album, ogni pezzo fa parte di un percorso che mi sono immaginata di far vivere ad ogni ascoltatore. Matrice è un viaggio nel chaos primordiale, nei sentimenti che ci hanno insegnato a reprimere, ma che ribollono dentro ognuno di noi. Attraverso l’uso della chitarra e della voce cerco di ricreare immagini arcaiche e smuovere visceralmente l’ascoltatore, rendendolo protagonista attivo di ciò che ascolta e  passivo ad esso, come spessissimo accade”.

Ho visto diverse tue performance live e devo dire che sono sempre molto intense. Cosa si prova a calcare il palco? La scelta di essere sola sul palco ti fa sentire più sicura o più indifesa?
“Non mi vergogno ad ammettere che amo salire su un palco, suonare  o ad andare in scena, amo condividere me stessa con le persone del pubblico. Non è semplice questa scelta di donarsi completamente senza troppi filtri. Essere poi sola accresce queste dinamiche, mi fa sentire  sia molto sicura e padrona della situazione, che, a volte, più facilmente feribile o vulnerabile dalla situazione che mi circonda, ma questo capita molto di rado, fortunatamente. Diciamo che principalmente mi diverto tantissimo a suonare da sola, perché sono più libera nel cambiare piccole parti nei vari brani e libera di poter suonare o performare in situazioni veramente differenti fra loro, dal mega club rock al piccolo bar, dal festival di teatro d’avanguardia al festival queer. In più con ?Alos cerco di portare nel mondo musicale anche concetti di critica sociale e politica. Diciamo che qualche anno fa ho deciso di espormi completamente attraverso questo mio progetto e abbattere la barriera fra privato e pubblico o fra arte e politica. Io sono ciò che vedete ed esprimo liberamente le mie idee e critiche verso la società che ci circonda”.

La tua immagine, per chi non ti conosce, può essere spaventevole. È una reazione al maschilismo musicale? O è ribellione in generale ad una società che ci vuole vittime?
“Direi entrambi! Inizialmente ?Alos impersonificava una figura critica verso certe idee di bellezza, quindi ero vestita “carina” ma con cicatrici, bendage ecc. negli anni ho maturato il desiderio di mostrare un altra parte dell’anima femminile ed umana, discendere nelle viscere di ciò che temiamo, mostrare quella donna che non si vuole conoscere o amare. È vero, molti si spaventano durante i miei concerti e poi sono intimoriti nel parlarmi, ma questo avviene finché non incrociano il mio sguardo o non scambiano due parole con me e scoprono di avere di fronte una persona super solare e aperta. È questo mi diverte tantissimo, penso che bisogni abbracciare anche l’oscuro che si ha dentro, non esiste il bene o il male ma solo un tutto fluido ed informe. Grazie per queste belle domande e soprattutto per quest’ultima”.

Il ringraziamento va rivolto principalmente ad un’artista che non ha timore di esporsi, di usare il proprio corpo come tramite della musica, di pensare fuori da ogni schema.

Amanda