Albedo – Metropolis

Il 16 marzo scorso è uscito per V4V la nuova fatica discografica degli Albedo, il quarto concept in cinque anni di attività: “Metropolis”, ispirato dal geniale film di Fritz Lang, è un viaggio in prima persona attraverso il quale il protagonista prova a cambiare la sua condizione umana, economica e sociale scontrandosi però con tutti i contro di una grande città nella quale i rapporti sono difficili tanto quanto il mantenimento della propria identità.

“Partenze” è l’inizio del viaggio dal ritmo incalzante della batteria e dall’ipnotica melodia della chitarra e subito il nostro protagonista si dichiara cinico e distaccato, forse proprio per il suo lavoro di fatica e non solo per gli insegnamenti all’odio tramandati dal padre e dal nonno. Fin dall’inizio si fa sentire l’ansia del vivere moderno che contrasta con il piano malinconico e la voce avvolgente di Raniero, perfetta interpretazione di un oracolo in “La Profezia”: il monito al protagonista è che il suo viaggio alla ricerca di altro sarà semplicemente un cerchio che si chiude. “Astronauti” con il suo mood a metà strada tra pop e new wave ci trascina fuori dall’atmosfera creata fino ad ora grazie ai suoni siderei della chitarra ed all’incedere della batteria che rendono perfettamente l’idea del movimento. Finalmente si giunge a “Metropolis”, un aiku musicale che con il suo arpeggio di chitarra è il cuore pulsante di tutto questo disco: chiudo gli occhi e riesco a vedere la città nuova, nel suo profilo rigido e geometrico illuminato da un chiaro e morbido sole di primavera; è come se tutto il mondo fosse un posto nuovo, quasi non l’avessi mai abitato prima. Ma è solo un attimo per riprendere fiato e subito “Tutte le strade” con il suo rock classico e sostenuto ci rimette in moto, testa e corpo: non sono i posti a fare la differenza, siamo noi (“Tutte le strade portano altrove, ma altrove è casa e casa è altrove per me”), la nostra apertura al mondo, il nostro credere ai sogni. “Higgs” prosegue il racconto dipingendo allo stesso tempo lo spaesamento e l’esaltazione dell’uomo moderno in un dialogo con Dio. Così si arriva a “Replicante” che è il perfetto affresco della morsa della routine quotidiana nella quale molti di noi vivono: svegliarsi al mattino, andare al lavoro, tornare a casa con la testa troppo piena per pensare o reagire e l’alienazione che ne consegue interrotta solo dall’incontro con l’amore. “I miei nemici” è invece il canto disperato di un uomo che nella sua vita ha lottato per la sua affermazione e che si ritrova solo senza nemmeno la sua donna che lo aspetta sveglia (“Questa è l’ora”), un uomo che ha vissuto troppo e che sente la necessità di ripartire per tornare a casa dopo “Sei inverni” passati a cercare se stesso. Finalmente il protagonista può riconoscersi nell’immagine riflessa dallo specchio: il nuovo sé, il risultato dell’esperienza del viaggio.

Gli Albedo riescono perfettamente a dare ritmo e senso a questo monologo grazie alla forza della sezione ritmica, alle chitarre che trasmettono con i loro riff in loop la sensazione della monotonia, alla parte elettronica che dà invece il senso di spaesamento, ma soprattutto grazie ai testi: in molte canzoni il verso finale viene ripetuto più volte, come una preghiera o un mantra, come se in quella frase ci fosse la chiave che schiude le porte del significato dell’intero brano. La coerenza musicale è forte e salda, i testi sono sempre più asciutti e d’impatto, agevolando così l’immedesimazione dell’ascoltatore: gli Albedo hanno aggiunto un importante tassello al mosaico e con questo lavoro si confermano una delle realtà più qualitativamente interessanti della scena indipendente nazionale.

Emanuela N. Porro

Tracklist
1) Partenze
2) La Profezia
3) Astronauti
4) Metropolis
5) Tutte le strade
6) Higgs
7) Replicante
8) I miei nemici
9) Questa è l’ora
10) Sei inverni