Amuri Luci: la tradizione si fa attuale nel nuovo disco di Carmen Consoli

Si intitola Amuri Luci il nuovo album di Carmen Consoli in uscita a mezzanotte per Narciso Records e Warner Music in formato digitale e che abbiamo avuto l’occasione di ascoltare in anteprima oggi durante la presentazione alla stampa.

Il disco è il primo di una trilogia che esplora le tre anime della Cantantessa: quella della musica tradizionale e “mediterranea”, quella rock con cui si è presentata al grande pubblico e quella cantautorale con cui abbiamo imparato a conoscerla negli anni.

Filo conduttore della trilogia il mito di Galatea e la ricerca linguistica che proprio in Amuri Luci si spinge in direzioni decisamente inconsuete: dal dialetto siciliano che attraversa tutto l’album, al “volgare” dello Stilnovo di Qual sete voi? al greco antico di Galàteia.

Una scelta decisamente poco commerciale quella della cantautrice catanese che però ci scherza su sottolineando come “tanto in radio non passo comunque” e come la sua vera dimensione sia il live e la vera sfida appunto portare il pubblico a cantare canzoni in lingue non consuete continuando così la ricerca linguistica.

Ma la scelta linguistica non deve spaventare. L’album è godibilissimo con sonorità, registrate quasi interamente in presa diretta, che accompagnano sempre la scelta linguistica: a tratti arabeggianti, a tratti medievali o vicini alle musiche popolari greche grazie anche a strumenti insoliti ma tipici della tradizione siciliana e mediterranea come il bouzouki, il mandolino, il marranzano o la darabouka.

Una ricerca che però non è un mero esercizio di stile, ma un vestito ricercato per il contenuto dei testi, in parte scritti dalla stessa Consoli e in parte recuperati proprio dalla tradizione come le parole delle poesie di Ignazio Buttitta e Graziosa Casella o quelle della corrispondenza tra Nina da Messina e Dante da Maiano, fino a quelle più inconsuete di Ovidio e Teocrito, su cui la stessa Carmen scherza nel definirlo coautore: “chi l’avrebbe detto?!”.

 

Testi che denotano un impegno politico e sociale, mai assente dagli album della Cantantessa, mai così spiccato. Dal brano per Peppino Impastato che diventa in realtà per il fratello Giovanni, a quello per l’esule Hamdis che racconta una storia purtroppo ancora attuale, alla commovente Mamma Tedesca che dipinge gli orrori della prima grande guerra, non diversi da quelli dei conflitti attuali.

“Il dialetto mi rende polemica” ha scherzato ancora la cantautrice, mettendo in luce ancora l’ironia che permea anche i testi del disco e facendo intendere come però l’uso della sua lingua “natìa” ha forse tirato fuori la parte anche più profonda del suo spirito, come se entrambe fossero state accantonate in virtù di qualcosa di più “comprensibile”.

Allo stesso modo la voce della Consoli è piena, senza sussurri o sottovoce. La scelta la spiega lei stessa e segue un po’ quanto detto per i contenuti: il dialetto è una lingua associata ai paesi, alla terra, a contesti “rumorosi” e come tale si presenta, al contrario dell’italiano, per cui va portato un rispetto diverso e va dosato tanto nelle parole quanto nel tono.

Un’opera senza dubbio originale questo Amuri Luci, frutto di una ricerca e di un impegno affinchè tutto risulti organico, coerente e nulla sia lasciato al caso. Come la scelta dei duetti, con Mahmood per il brano dal contenuto più mediorientale, alle barre di Jovanotti in Parru cu tia al tenore Leonardo Sgroi come controparte nel racconto dell’amore duecentesco di Qual sete voi?

Così come non è lasciata al caso la scelta del formato fisico, di prossima uscita in formato cd-book, con un libro che comprende tutti i testi, in lingua originale e in traduzione, e una spiegazione dei brani. Per Natale è invece prevista l’uscita di un’edizione speciale in vinile.

Non è ancora chiaro invece quando l’album vedrà una trasposizione live, anche se come la stessa cantautrice ha anticipato avverrà sicuramente in una sorta di spettacolo in due atti, dove il primo vedrà protagonista proprio Amuri Luci e la seconda parte darà spazio ai brani storici, in un’ideale congiunzione con il secondo capitolo della trilogia dove le sonorità rock incontreranno lingue internazionali.

Ma ci sarà modo di parlarne a tempo debito, per il momento vi consigliamo di concentrarvi sull’ascolto di questa nuova piccola gemma firmata Carmen Consoli.


Gianluca Taverniti

Nato a Sesto San Giovanni ma con sangue 100% "made in sud" nella settimana in cui primeggiava in classifica "Carletto" di Corrado. Suonava benino il pianoforte, ora malissimo la chitarra Cresciuto a Battisti, Battiato e Renato Zero, sviluppa una passione per i cantautori che ancora lo accompagna. Al liceo scopre il punk e lo ska e abbandona un'adolescenza tamarra, il passaggio al rock è una normale evoluzione. Spotify gli spalanca le porte dell'Indie, parola che in ogni caso odia.

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