Intervista ai Bytecore: una band in continua evoluzione

Esce oggi, venerdì 27 novembre, Born to Love il nuovo album dei Bytecore, band originaria della provincia di Matera ma difficilmente collocabile dal punto di vista musicale.

Proprio questo ci ha forse incuriosito e abbiamo quindi deciso di approfondire la loro conoscenza con questa intervista.

Rispetto all’EP We aren’t humans si nota una certa differenza, sia ovviamente a livello vocale, sia a livello di sonorità. Da cosa dipende questo cambiamento? Possiamo considerarla un’evoluzione o semplicemente una scelta di fare qualcosa di diverso?
L’intero progetto è in continua evoluzione; musica, costumi, scenografie, materiale audiofotografico, web.
Cerchiamo di migliorare ogni giorno sempre più.
Per capire da cosa dipende il cambiamento dobbiamo partire dalla genesi del progetto stesso. Tutto ha inizio con Andrea (batteria) e Umberto (synth) nel 2015; volendo creare qualcosa di diverso dalla solita band, iniziarono a sperimentare e a comporre qualcosa che non rispettava alcuno schema convenzionale.
Successivamente Francesco (chitarra) entrò nella line-up e alle sonorità elettroniche si aggiunse un ulteriore elemento “analogico” che in un modo o nell’altro tracciò un primo passo verso la direzione che al momento stiamo seguendo.
Siamo nel 2017, iniziano a moltiplicarsi i live e dopo poco tempo ci ritrovammo a condividere il palco con gente di un certo spessore. Alla fine di ogni live il pubblico, come anche gli addetti ai lavori, erano molto entusiasti, ma molti lamentavano la mancanza della voce.
Decidemmo quindi di trovare un cantante, ma il compito si rivelò arduo; non dovevamo trovare solo un cantante, ma qualcuno che fosse compatibile con il nostro “mondo” e che sapesse mantenere alta la concentrazione
su di se durante i live. Un anno e mezzo fa Francesco (voce) entrò nella line-up e tutto cambiò; i live presero una piega diversa e ne approfittammo per trasmettere le idee e i contenuti che da sempre cerchiamo di portare avanti.
Quindi si, è un’evoluzione mirata e lo sarà fino a quando non metteremo un punto a questo progetto.

Mischiate molti generi diversi, quali sono i vostri artisti di riferimento?
Confermiamo che le influenze sono molteplici; in particolare le band che ci hanno ispirato maggiormente sono: Rammstein, Bring Me The Horizon e Prodigy.

Avete un suono che si presta molto di più al mercato internazionale che a quello italiano. Qual è la sfida principale che vi siete posti, convincere l’Italia o riuscire a superare i confini nazionali?
Siamo sinceri. Ci piacerebbe molto convincere l’Italia, ma suoniamo da molto tempo prima che questo progetto prendesse vita e sappiamo benissimo che non è sicuramente un obiettivo facile da raggiungere. Quando questa emergenza sanitaria sarà superata, credo che ci rivolgeremo maggiormente al mercato estero, ma ovviamente siamo sempre felici di suonare in Italia quando si può.
Purtroppo questo Paese è stato “devastato” a livello musicale (e non) da meccanismi che tutti conosciamo fin troppo bene.

Il vostro immaginario è quello di un mondo post-apocalittico, vi siete ispirati a qualche universo di fantascienza già esistente? Quanto vi ritrovate “attuali” nella situazione mondiale presente?
No, non ci siamo ispirati a qualcosa di esistente. Sicuramente anche in questo senso le influenze sono state molteplici, ma il nostro immaginario si è auto-costruito con il tempo.
Ci ritroviamo molto in questo momento storico e come abbiamo già riportato durante un’altra intervista, molti ci hanno fatto notare questa casualità scherzando sul fatto di aver “anticipato” i tempi.
La verità è che i nostri contenuti si basano sulla lettura tra le righe. Noi leggiamo tra le righe la storia dell’umanità, un tema che ci ha portato a conclusioni come quelle di 1950DA; lo stesso vale per la “lettura” del nostro mondo, dei nostri testi, dei nostri video, del nostro immaginario in generale. E’ una lettura che va fatta leggendo tra le righe.
Non si tratta di essere veggenti, si tratta di interpretare quello che succede.

L’album si intitola Born to love ma in realtà si parla dell’esatto opposto ovvero di un’incapacità di amare e di una società che cerca invece dei nemici o quanto meno dei modi per far prevalere l’individuo sulla collettività. Come dobbiamo interpretare quindi questo titolo?
Va interpretato esattamente come l’hai interpretato tu.
Abbiamo scelto questo titolo per mettere in risalto il paradosso umano. Come pensava Heidegger, nasciamo in un mondo già “predisposto”, in cui l’uomo ha una libertà di azione limitata. Dovremmo nascere per amare,
ma quello che succede durante il cammino della nostra esistenza, nella maggior parte dei casi, ci porta ad odiare.
Non è una generalizzazione, non vogliamo insinuare che l’uomo odi e basta, ma che è e sempre sarà condizionato dalla società in cui vive, una società che nella maggior parte dei casi (soprattutto in Occidente) lo porta a scegliere l’individualità, il potere e le illusioni che ne derivano.
Illusioni che di conseguenza lo portano ad una “lotta” sociale contro l’altro, la quale però, purtroppo, si risolve in una deprimente e penosa lotta contro se stesso.

Altro tema portante del disco è la lotta dell’uomo con il tempo per raggiungere determinati standard. Voi come la vivete? siete soddisfatti di quanto avete fatto finora o sentite che vi manchi qualcosa?
Cerchiamo di vivere il presente e siamo felici dei risultati che raggiungiamo ogni giorno. Oggi è veramente difficile “uscire” fuori dalla matassa. Ovviamente però, facendo parte di questo meccanismo malato, anche noi pretendiamo tanto da noi stessi. Mancherà sempre qualcosa e speriamo che sia sempre così.
Se sentissimo di essere già “arrivati” non avremmo più nulla da comunicare. Siamo qui pronti a riempire quelle mancanze e le monotonie con qualcosa di nuovo e di stimolante che possa anche per un attimo far sorprendere e riflettere le persone che ci ascoltano.

C’è un brano dell’album a cui siete particolarmente legati? se si, per quale motivo?
Siamo legati a tutto il disco. Non possiamo dire di preferire una o l’altra canzone perché equivarrebbe a chiedere ad un genitore quale figlio ama di più. Tutte le canzoni sono legate in un certo senso tra loro e grazie a questo filo di Arianna è possibile capire il disco e il nostro immaginario; quindi ascoltatelo tutto, più di una volta.
Enemy è stato sicuramente il brano di esordio, ma non perché fosse migliore rispetto agli altri; avevamo bisogno di un singolo che sia musicalmente che semanticamente racchiudesse in se stesso il concetto che stavamo per rivelare. Enemy aveva queste caratteristiche, essendo in tutti i suoi aspetti un po’ il riassunto dell’intero album.



Visto che il vostro è un progetto molto organico, dove l’estetica e la musica si supportano a vicenda, pensate in futuro possa trovare collocazione in un immaginario diverso?
Certo, come già detto siamo sempre in evoluzione, quindi anche il nostro immaginario si evolverà con il passare del tempo.
L’obiettivo che vogliamo raggiungere è quello di comunicarlo in modo sempre più realistico, soprattutto durante i live, utilizzando installazioni
e tutto quello che serve per permettere a chi ci segue di “entrare” nel nostro mondo. Ma come ben sapete, per fare questo servono persone e soldi.
La nostra famiglia fortunatamente si sta allargando sempre più, quello che adesso manca è l’apporto economico, ma siamo fiduciosi, come sempre. Vi ricordiamo che ci siamo presentati alla finale dell’Arezzo Wave con una sedia da pescatore con due ruote di bici montate al lato e le rotelle di una sedia girevole sotto i piedi per imitare una sedia a rotelle militare… quindi non abbiamo paura di niente!

Vista la situazione attuale non vi chiedo i vostri progetti per il futuro, ma se poteste vedere realizzata una cosa dal punto di vista professionale da qui a un anno, cosa vorreste?
Vorremmo sicuramente poter lavorare al prossimo disco con uno dei produttori internazionali che si sono messi a disposizione per noi.
Il problema come al solito è economico, quindi speriamo che le cose vadano al meglio e che, con la ripresa dei live e l’interesse di qualcuno che creda in noi, riusciremo a raggiungere anche questo traguardo.